METTIAMO UNA TASSA SULLE BALLE ELETTORALI: ECCO IL TARIFFARIO
Depositata da un notaio e alla Camera di Commercio, ecco la “Tabella retributivo-risarcitoria del cittadino in campagna elettorale”. In sostanza, un tariffario che dovrebbe rimborsarci in moneta sonante per tutte le cazzate che sentiremo da qui alla data del voto. Si tratta di una comprensibile autodifesa del cittadino e di una sacrosanta redistribuzione delle risorse economiche tra chi dice molte enormi stupidaggini per avere qualche voto in più e chi è costretto ad ascoltarle. Ecco il tariffario. Bufala semplice, 1 euro – Per la fruizione stupefatta delle scemenze più grosse (esempio: Boschi al funerale di Riina, Kyenge contro i mercatini di Natale, le spose bambine vendute in Veneto, i migranti con il virus ebola, aggiornare a piacere), il cittadino avrà diritto a un euro di rimborso per ogni scemenza letta o sentita. Polemica sulla bufala, 2 euro
– Lo spazio riservato alla denuncia di una scemenza grossa è solitamente il doppio o il triplo di quello occupato dalla bufala stessa. A volte se ne parla per giorni, con il deprimente risultato di diffondere ancora di più la notizia falsa. Il cittadino ha diritto a due euro di rimborso.
Algoritmo, 3 euro – La parola algoritmo, che vuol dire né più né meno calcolo, ma fa più figo, viene usata a vanvera per ogni questione umana e sovrumana, dai turni dei lavori più sfigati ( mi spiace, ha deciso l’algoritmo) all’accertamento delle notizie (è vero, lo dice l’algoritmo). Il cittadino che presenti le dovute pezze d’appoggio avrà diritto a 3 euro per ogni volta che ha sentito pronunciare o letto la parola “Algoritmo”. Riduzione delle tasse, calcolo percentuale – Il cittadino avrà diritto a una somma in contanti pari a un terzo della riduzione delle tasse promessa in campagna elettorale. Esempio: avete l’Irpef al 43 per cento e ve la promettono al 20, quindi potrete incassare una cifra pari a un terzo del 23 per cento in meno di tasse che vi promettono. Il meccanismo è complesso, ma dovrebbe indurre, se correttamente applicato, a scoraggiare o ridimensionare tutte le promesse farlocche sulla riduzione della pressione fiscale. Il rimborso verrebbe erogato di tasca propria da chi ha fatto la promessa. Bonus, 8 euro (massimo 80) – Il cittadino riceverà otto euro, in contanti o accredito in conto corrente, per ogni volta che sentirà promettere un bonus. Un bonus per chi ha figli, per chi vuole farli, per i malati che non occupano posti in ospedale. Bonus per gli idraulici biondi, per le partite Iva che sanno sciare o per ventiseienni che vanno a lavorare in bicicletta. La promessa di bonus, detrazioni, mance e una tantum è così massiccia che costringe a mettere un tetto a questa importante voce del tariffario: non oltre dieci richieste di rimborso, per un massimo di 80 euro. Ponte sullo Stretto, 100 eu- ro – Chiunque, in campagna elettorale, tiri fuori ancora una volta l’annosa questione del Ponte sullo Stretto di Messina dovrà versare al cittadino, entro ventiquattrore, cento euro in banconote non segnate di piccolo taglio. Si tratta di un risarcimento minimo rispetto all’immenso sfrangimento di zebedei che la promessa sul Ponte rappresenta da almeno venticinque anni, ma si spera abbia un effetto deterrente. Rivoluzione liberale, 120 euro– Il cittadino ha diritto a un rimborso di 120 euro in contanti (no buoni pasto, no voucher) per ogni volta che sentirà pronunciare la frase “rivoluzione liberale”. Un milione di posti di lavoro,
200 euro – Siccome secondo l’Istat siete occupati anche se lavorate un’ora alla settimana per quattro euro, la formula “un milione di posti di lavoro” (promessi, sbandierati o ipoteticamente raggiunti) è destituita di ogni fondamento e suona anche come una discreta presa per il culo. 200 euro in contanti o in carta prepagata a ogni cittadino che la senta pronunciare più di due volte in un mese.
A NOSTRA DIFESA Dalle fake news alla parola “algoritmo”, dal Ponte sullo Stretto ai posti di lavoro: il tariffario è già stato depositato da un notaio