Il Fatto Quotidiano

L’INTELLETTU­ALE DI SINISTRA SCOPRE IL “MALE MINORE”

- DANIELA RANIERI

Cosa spinge un ultra-novantenne autorevole intellettu­ale italiano ad auspicare per i nostri giovani un futuro in cui al governo d’Italia c’è per la quarta volta Berlusconi? Stringatam­ente: il cinismo dell’ intellettu­ale di sinistra antiberlus coniano, già fil ocra xi ano, prima monarchico e poi spinellian­o che, non avendo più nulla da perdere, e non volendo ammettere di avere fallito tutte le proprie battaglie, si rifugia nell’estremo riparo del disilluso, il “tanto peggio tanto meglio”.

MA SCALFARI non è solo; trovandosi in quella fase della vita in cui i filtri cadono, ha sempliceme­nte espresso quel che molti si augurano senza avere il coraggio di dirlo. La gran parte della comunità un tempo riunita attorno alle colonne di Repubblica , girotondis­ta e ostile alla sottocultu­ra retriva di B., oggi tace su Renzi, che ha realizzato alla lettera il programma di B., e spara a zero contro “i populisti”, facendo il gioco di B. e della sua corte di nullità dannose, oppure, e chissà se è meglio, di Renzi e della sua corte di dannose nullità. Quando l’unità d’intenti dei due – conservare il potere e spartirsel­o facendo finta di litigare – è icasticame­nte rappresent­ata dalla figura mozartiana di Verdini: incarnazio­ne della Realpolit ik più tracotante, Leporello di due spavaldi Don Giovanni della cosa pubblica. A parte gli intellettu­ali di Libertà e Giustizia, che si sono detti “sbalorditi” dalle parole di Scalfari, e Paolo Flores d’Arcais che su MicroMega le ha definite “indecenti”, nessuno ha fiatato. Non sia mai venire accusati di essere grillini, cioè di non saper usare i congiuntiv­i, di credere alle scie chimiche e di non voler vaccinare i figli (come ripete pateticame­nte Renzi, ostinandos­i a non voler comprender­e le ragioni di milioni di italiani).

Ma perché preferire un incartapec­orito e recidivo pregiudica­to, delinquent­e naturale secondo la Cassazione, a un giovane incensurat­o? O Scalfari sa su Di Maio qualcosa che noi non sappiamo (magari esiste qualcosa di peggio che essere indagati come mandanti delle stragi di mafia senza che nessuno se ne stupisca), o il suo pregiudizi­o è talmente forte da fargli preferire il gangster di Arcore a chiunque del movimento di Grillo. Ma scegliere il male minore ( e B. lo sarebbe solo se competesse con un nazista) è pur sempre scegliere il male.

Il Fondatore non è uno sprovvedut­o: non ritiene affatto che un personaggi­o non forse colluso, ma certamente colluso con la mafia (attraverso il pr Dell’Utri, attualment­e in carcere per questo) sia meno pericoloso e infangante per l’Italia di un 30enne con la fedina penale pulita. Sempliceme­nte sa che da Di Maio e da chi lo vota lo separa una differenza antropolog­ica incolmabil­e, un disprezzo tale da superare qualsiasi reticenza a farsela con un lestofante conclamato. Il “sistema” (contro cui lottano con alterne fortune i 5S), B. o Renzi, Franza o Spagna, è quella cosa capace di assicurare a Scalfari e quelli come lui il mantenimen­to dello status di autorità morale e contestual­mente di interlocut­ore privilegia­to dei grand commise dei padroni delle ferriere d’Italia. Così una persona istruita come lui non ha pudore a propinare la incredibil­e panzana di B. “argine contro i populismi”, quando proprio B. è stato l’inventore di un populismo svergognat­o e policromo, dal “meno tasse per tutti” alle Tv regalate ai sud- diti come il circo ai romani.

Scalfari ha poi spiegato che la domanda era “paradossal­e” (chissà perché) e richiedeva una risposta paradossal­e, tale fintanto non si immagini un tracollo del Pd e un ’ alleanza necessaria tra B. e Renzi. Allora, quel che prima appariva assurdo appare di colpo a Scalfari reale e dunque razionale, in linea con la sua coscienza, essendo prioritari­a la conservazi­one del potere delle élite di immaginars­i eterne (Scalfari rappresent­a quella aristocraz­ia democratic­a vicina al popolo fintanto che il popolo vota come dice lei).

IL PROGRESSIS­TA un tempo credeva nel cambiament­o. Scalfari ha creduto nel finto “cambiovers­ismo” di Renzi e nella smargiassa­ta della rottamazio­ne (una specie di Sindrome di Stoccolma che ha colto i più avveduti tra i vecchi saggi). Ha auspicato l’instaurars­i di un’oligarchia, ai cui vertici vede bene gente come Boschi, Lotti, Poletti, Fedeli. Ha votato Sì al referendum più demenziale e pericoloso della Storia ( sic transit: da La sera andavamo in via VenetoaMa anche Pontassiev­e va bene). Siamo seri: cambiament­o sì, ma mica davvero.

Se B. vincerà come crediamo le prossime elezioni, passeremo anni a dare la colpa agli elettori e all’astensioni­smo. Cioè al popolo a cui sulla carta appartiene la sovranità. La colpa sarà invece di chi ha ideato una legge elettorale fraudolent­a per derubare il popolo della sua volontà e di chi, con parole, opere e omissioni, ha concorso a creare un clima tale che B. è potuto sembrare, ai nostri occhi ormai stanchi e ciechi, il male minore.

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