Wladimiro Settimelli: addio uomo di grande cultura prestato alla cronaca
Èmorto Wladimiro Settimelli e tu devi scrivere della sua vita. Ma come si fa a raccontare una vita che è un romanzo? Toscano, figlio di antifascisti e partigiani, cresciuto in un clima dove la militanza politica era innanzitutto rigore e cultura. E poi giovanissimo cronista di un giornale che si chiamava L’Unità. Ed era un giornale di popolo, figlio di un partito, il Partito comunista italiano, che era e fu un grande partito di popolo. Lo spazio è poco per tratteggiare una vita straordinaria, e allora mi affido a un ricordo.
UN GIORNO ero a Firenze per lavoro e conobbi un anziano collega de La Nazione.“Tu lavori a l’Unità , il giornale di Settimelli. Un grande cronista, del tempo in cui gli uomini di cultura venivano prestati alla cronaca”. Parole che non dimenticherò mai, perché Wladimiro, Wladi per gli amici e le tantissime amiche, era proprio questo: un uomo di cultura che faceva il cronista. Raccontò l’alluvione di Firenze, e poi tutte le tragedie e i misteri (P2 in testa) che sconvolsero l’Italia. Sergio Sergi, anche lui per una vita giornalista de l’Unità, va con la mente a un servizio fatto a due mani, il terremoto in Irpinia e Basilicata del 1980, e ricorda un Wladimiro muto, che non prendeva appunti, ma che scrisse un reportage da lacrime agli occhi. Cronista con la pistola in tasca durante gli anni di piombo, con Sergio Criscuoli. Inviato di razza come Mauro Montali, Ugo Baduel, Vincenzo Vasile, Nuccio Ciconte, per anni corrispondente da Cuba e primo ad arrivare a Managua con i sandinisti, e altri che quella straordinaria scuola tirò fuori. Ma Wladi, una inquietante somiglianza con Sean Connery che non dispiaceva alle donne, fu anche uno straordinario storico della fotografia. “Ho lavorato con Wladimiro Settimelli”, questa è la risposta che darei ai miei figli se mai un giorno dovessero chiedermi cosa ho fatto nella vita.