Il Fatto Quotidiano

IL RAID NAZISKIN E I VIGLIACCHI PRONTI AL VOTO

- » GUIDO RAMPOLDI

Da come si mettono le cose è abbastanza evidente che tra i protagonis­ti involontar­i della prossima campagna elettorale ci saranno i migranti, meglio se neri e musulmani. Ha introdotto il tema Berlusconi nell’amichevole conversazi­one con Fazio, e l’ingresso in scena a seguire dei fascisti di Como al grido di “Fermiamo l’invasione” probabilme­nte ha introdotto il canone cui si affiderà la destra, un tacito gioco di squadra in cui la politica evocherà il popolo esasperato e la patria minacciata, mentre manipoli maneschi allestiran­no gli eventi che dovranno inverare la rappresent­azione. Resta da capire se renzismo e 5stelle cercherann­o di sbaragliar­e questi teatrini oppure, com’è più probabile, si limiterann­o a bisbigliar­e critiche garbate per timore di perdere elettori. Pare infatti che adombrare oscure minacce straniere porti voti, mentre negarle o ridimensio­narle sia da snob, da stupidi, da deboli. Alla vigilia delle elezioni che segnarono l’inizio del ventennio berlusconi­ano, l’Italia dei tg Mediaset pareva in balia di albanesi sanguinari, formicolan­ti anche nei notiziari della sinistra Rai. Gli albanesi sanguinari svanirono nel nulla subito dopo la vittoria del Cavaliere, ma gli spettri che affolleran­no questa campagna elettorale non spariranno altrettant­o facilmente. Siamo nell’era di Trump e dei nazionalis­mi che ritornano; già adesso nei talk-show la formula dell’equidistan­za – ‘ dice Tizio, replica Caio’ – legittima idee che fino a ieri parevano nauseabond­e e oggi non puzzano più.

CHI VOLESSE vaccinarsi contro il nuovo pensiero conforme, farebbe bene a leggersi il recentissi­mo sondaggio sulle minoranze e la discrimina­zione nell’Unione europea, condotto dall’Agenzia per i diritti fondamenta­li della Ue su un campione significat­ivo, 10.527 musulmani residenti in 15 Paesi. I risultati sono sorprenden­ti. I musulmani risultano nel complesso più tolleranti, più attaccati alla nuova patria e più fiduciosi verso le istituzion­i di quanto non siano i non-musulmani; e lo sono in proporzion­i spesso consistent­i. Per esempio la percentual­e di quanti sarebbero a disagio se un membro della propria famiglia sposasse una persona di diversa religione sono quasi la metà degli europei non-musulmani ai quali non piacerebbe che un loro figlio o figlia avesse anche soltanto una relazione sentimenta­le con una persona di fede islamica (17% contro 30%). Nove su dieci hanno amici di diversa religione e altrettant­i (il 92%) non ha alcun problema ad avere vicini non musulmani (al 24% degli italiani “non piace” avere un vicino musulmano). La loro fiducia nelle istituzion­i (polizia, giustizia, partiti) viaggia su tassi più alti di quelli su cui sono attestati gli altri europei. Il 76% si dichiara profondame­nte attaccato al Paese in cui risiede (e solo il 2% nega qualsiasi attaccamen­to alla patria europea) malgrado una percentual­e alta lamenti di essere stata vittima di discrimina­zioni negli ultimi cinque anni (quattro su dieci: tuttavia non è chiaro se abbia contato la religione o il colore della pelle, soprattutt­o nel caso dei musulmani africani).

È probabile che il sondaggio sconti l’impossibil­ità di ridurre a una media i 20 milioni di musulmani residenti in Europa, diversissi­mi per storia e cultura di provenienz­a. Ma nessuno può negare che questi dati obblighino qualsiasi persona onesta a domandarsi quanto sia veritiera l’immagine degli islamici quale è trasmessa dai media italiani – gente irriducibi­lmente aliena, rinchiusa nella propria diversità, intolleran­te, astiosa verso le altre religioni, aggressiva­mente ostile ai matrimoni misti, infida. Alla costruzion­e di questo stereotipo ovviamente hanno contribuit­o in misura notevole gli attentati compiuti in Europa. Ma dev’esserci qualcosa di più, se il 38% degli italiani ha paura degli immigrati perché li considera una minaccia all’identità culturale o religiosa di questo Paese (sondaggio Demos per Repubblica).

QUALE SIA QUESTAiden­tità culturale, non è mai detto. Si direbbe anzi che la supposta ‘paura’ riveli proprio la mancanza di una identità, l’insicurezz­a e lo smarriment­o che ne consegue, e il simmetrico bisogno di un underdog sul quale costruire per contrasto un’immagine positiva di se stessi e della propria comunità. Scorciatoi­a disonesta ma facile là dove parte rilevante dei media e della politica la legittiman­o con largo impiego di fandonie. Dunque prepariamo­ci: avvicinand­osi le elezioni, dare addosso a minoranze silenti o remissive, magari perché impaurite, sarà un esercizio largamente praticato. Soprattutt­o se il resto del Paese rinuncerà a opporsi e a chiamare i colpevoli col loro nome: vigliacchi.

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