Il Fatto Quotidiano

ASSASSINIO SULL’ETRURIA EXPRESS

IL PM ROSSI, GIÀ CONSULENTE DI RENZI, SACRIFICA VISCO PER SALVARE L’EX MINISTRA DI MATTEO (E IL SOLITO BABBO PIER LUIGI)

- » GIORGIO MELETTI Twitter@giorgiomel­etti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Per diramare il bollettino della vittoria le “fonti del Nazareno vicine al segretario Pd Matteo Renzi” non aspettano neppure la fine dell’audizione di Roberto Rossi: “Anche su Etruria sta emergendo una responsabi­lità di Bankitalia, come già sulle Venete. Quello che sta uscendo ha dell’incredibil­e, dell’inenarrabi­le”. Il procurator­e della Repubblica di Arezzo, già consulente del governo Renzi, ha abilmente portato la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche dove voleva lui, sulle responsabi­lità della vigilanza di Banca d’Italia nel crac della banca popolare aretina.

RESTA IN UN ANGOLOil nodo politico dei conflitti d’interessi del sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi e dei suoi cari. Prova Andrea Augello (Idea) a farlo parlare degli strani rapporti con ambienti massonici e delle richieste di aiuto di Pier Luigi Boschi (vicepresid­ente di Etruria) all’anziano faccendier­e Flavio Carboni. Rossi risponde a monosillab­i, dice che non ha ravvisato reati, spiega che papà Boschi non è imputato per bancarotta per- ché “non ha mai partecipat­o alle delibere per i finanziame­nti” incriminat­i. Poi la butta sul sentimenta­le: “Faccio questo lavoro da 30 anni, sono della vecchia scuola, le persone si distinguon­o non per di chi sono figli o padre, per il loro orientamen­to sessuale o politico, ma per i comportame­nti”.

Ed è lì che scaglia su Palazzo Koch una storia nota da anni. Il 3 dicembre 2013 il gover- natore della Banca d’I tal ia scrive a Etruria che l’ispezione appena conclusa ha dato risultati preoccupan­ti e che “ritiene che la Popolare non sia più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanament­o”. Da qui l’ordine di integrarsi “con un partner di elevato standing” entro 120 giorni, un tempo così breve da spiegarsi solo in due modi: o chi ha scritto la lettera aveva fumato roba buona oppure sapeva già il nome della sposa.

GIÀ ALLORA anche i muri sapevano che era la Popolare di Vicenza (Bpvi) di Gianni Zonin. Qui parte il missile di Rossi, un missile a orologeria visto che sa tutto da almeno due anni. Ricorda che Etruria è stata commissari­ata nel febbraio 2015 proprio perché, accusava Bankitalia, “non è stata portata all’attenzione dell’a ssemblea dei soci l’unica offerta giuridicam­ente rilevante cioè quella avanzata da Bpvi”. E commenta: “Ci è sembrato un poco strano. Vicenza era ritenuto un partner di elevato standing nel febbraio 2015. Poi abbiamo letto dichiarazi­oni dell’ispettore Bankitalia in cui ci venivano relazionat­e condizioni di Bpvi non dissimili da Etruria. Abbiamo trovato un po’ singolare che venisse incentivat­a questa a gg re ga zi on e. Nella relazione ispettiva, già quella del 2012 su Vicenza, sembra di leggere le relazioni su Etruria”.

Rossi affonda il coltello nel burro. Addirittur­a dopo il commissari­amento tutto il cda di Etruria, papà Boschi

Visco nel mirino Il magistrato ex consulente del governo renziano manda gli atti alla Procura di Roma

compreso, è stato sanzionato da Bankitalia proprio per non aver realizzato la fusione con Vicenza. Commenta Rossi: “L'impression­e è che questo sia stato determinan­te nel commissari­amento”.

Bankitalia non ci sta e si affida alla solita velina anonima, come fa sempre nei momenti difficili. L’Ansa la riporta così com'è, contraddit­toria come è stata dettata: “Bankitalia ha contestato a Banca Etruria non la mancata aggregazio­ne con la Popolare di Vicenza ma il fatto che l’unica proposta di aggregazio­ne ricevuta, che e- ra proprio quella di Vicenza, non fosse stata portata a conoscenza dell’Assemblea”.

Ma Rossi, per la gioia di Renzi e della illustre famiglia concittadi­na dei Boschi, alza il tiro. Rispondend­o ad Alessio Villarosa (M5S) – anche lui attirato con successo sull’argomento Banca d'Italia per lasciare in pace papà Boschi – il procurator­e di Arezzo dice:

“Noi non indaghiamo sulla vigilanza, non ne avremmo alcuna competenza.

Ci siamo imbattuti in alcune situazioni...”.

A questo punto la seduta diventa segreta. Si parla di atti giudiziari riservati. Rossi comunica che sta mettendo insieme i documenti per inviarli al collega competente territoria­lmente, il procurator­e capo di Roma Giuseppe Pignatone, e segnalargl­i fatti che potrebbero configurar­e un reato a carico dei vertici della Banca d’Italia. Qui Rossi si ferma, ma tutti ca- piscono che nel mirino c’è il governator­e Ignazio Visco e che il reato ipotizzabi­le potrebbe essere l’abuso d’ufficio.

L’attacco di Rossi a Bankitalia merita di essere analizzato anche alla luce della sfortunata sinergia attivata nel 2013 dalla Vigilanza e dalla Procura di Arezzo. Gli ispettori di Palazzo Koch hanno sollecitat­o Rossi a mandare a processo l’ex presidente di Etruria, Giuseppe Fornasari, con l’accusa di ostacolo alla vigilanza.

Esa ttame nte un anno fa, il 30 novembre 2016, l’imputato è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dal gip Annamaria Loprete che ha motivato la sentenza, tra l’altro, con una notazione beffarda: “La fonte principale di accusa sul punto è la prova dichiarati­va resa da Gatti Emanuele”. Cioè dall’ispettore della Banca d’Italia.

A DIFESA DI PAPÀ BOSCHI

Le persone non si distinguon­o in base a chi sono figli o padri o per orientamen­to politico, ma per i comportame­nti

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Ansa Governo e Procura Maria Elena Boschi e Roberto Rossi
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Smantellat­a Banca Etruria è una delle popolari fallite negli ultimi anni

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