Il Fatto Quotidiano

Rivelazion­i e amnesie, Rossi racconta solo mezza verità

Il pm si dimentica della sua inchiesta

- » GIORGIO MELETTI E VALERIA PACELLI

Il procurator­e capo di Arezzo Roberto Rossi ha trovato “strano” e“singolare” che la Banca d’Italia spingesse Banca Etruria a farsi salvare dalla Popolare di Vicenza quando l’istituto di Gianni Zonin era in condizioni “non dissimili”. Gli uomini del governator­e Ignazio Visco, abbandonan­do il tradiziona­le aplomb, hanno reagito accusandol­o di aver sferrato un “attacco politico” targato Matteo Renzi. Il tono poco istituzion­ale della Banca d’Italia autorizza la libera stampa a dire che strane e singolari – oltre alla sospetta scoperta tardiva delle malefatte di Bankitalia note da anni – sono anche le omissioni del magistrato.

IL SILENZIO SULLA CONSOB. Il procurator­e Rossi, così ciarliero sulle colpe di Bankitalia che, per sua stessa ammissione, ha letto sui giornali, non ha detto una parola sulle colpe della Consob. Eppure nel 2016, insieme al fascicolo per bancarotta in cui era inizialmen­te implicato come indagato anche Pier Luigi Boschi, Rossi ne ha aperto un altro sul ruolo della Consob nella rovina dei risparmiat­ori aretini. L’anno scorso Rossi ha trasmesso il fascicolo alla Procura di Roma. Il pm Stefano Pesci che da oltre un anno lavora in silenzio e, avendo già acquisito nuovi documenti alla Consob, avrebbe cose interessan­ti da raccontare se la commission­e d’inchiesta lo convocasse. Sicurament­e Rossi le cose le sa, ma si è ben guardato da riferirne alla commission­e, forse perché troppo concentrat­o sulla Banca d’Italia e su quello che è risultato un suo oggettivo contributo alla narrazione renziana. Rossi sa che nella primavera del 2013 Etruria ha collocato – sollecitat­a dalla Banca d’Italia – le famigerate obbligazio­ni subordinat­e, ac- compagnate come da regolament­o dal prospetto informativ­o e dalla scheda prodotto. Nella scheda prodotto però non comparivan­o gli scenari probabilis­tici, il discusso strumento a garanzia dell’investitor­e. La Consob aveva dapprima chiesto a Etruria di inserirli. Etruria non li ha inseriti, la Consob non ha fatto una piega. In quel momento a quelle obbligazio­ni erano attribuite il 68 per cento delle probabilit­à di perdere il 75 per cento del capitale. Marcello Minenna, dirigente Consob, interrogat­o il 14 giugno 2016, ha messo a verbale che in effetti per Etruria la direttiva “che arrivò dai vertici fu diversa: non era necessario indicare per le banche la percentual­e di rischio per i risparmiat­ori”. Una indicazion­e diversa che “i miei capi mi riferirono fu voluta e chiesta da Giuseppe Vegas”, il presidente della Consob. Perché non dire alla commission­e una storia così interessan­te?

IL CASO FORNASARI. Ro ss i non ha detto alla commission­e che c’è stato un tempo in cui la Procura di Arezzo andava d’amore e d’accordo con Palazzo Koch. Nel settembre 2013 il capo della vigilanza Carmelo Barbagallo ha denunciato l’allora presidente di Etruria Giuseppe Fornasari per ostacolo alla vigilanza. Rossi ha scatenato la Guardia di Finanza. Arriva il marzo 2014. Erano i giorni in cui Fornasari andava con il numero uno di Veneto Banca Vincenzo Consoli a casa Boschi a Laterina a chiedere aiuto alla neo ministra Maria Elena contro le prepotenze di Barbagallo, che premeva su entrambe le banche perché si consegnass­ero a Zonin. Con perfetto tempismo scatta una spettacola­re perquisizi­one negli uffici di Fornasari, a cui fa seguito una lettera di Bankitalia che lo invita a farsi da parte. Mentre i rumors parlano di imminente arresto, Fornasari rinuncia a ricandidar­si alla presidenza di Etruria. Il 4 maggio 2014 l’assemblea elegge un cda di maggior caratura massonica, una tradizione che la presidenza Fornasari aveva interrotto. Pier Luigi Boschi

Ci è sembrato strano che venisse incentivat­a da Bankitalia l’aggregazio­ne di Etruria con Vicenza che, dalle ispezioni di Palazzo Koch, era in condizioni simili ROBERTO

ROSSI Il teste Minenna Vegas non volle che venisse inserita la percentual­e di rischio delle obbligazio­ni

diventa vicepresid­ente. Rossi, che indaga solo su quanto suggerisce Barbagallo, porta Fornasari a processo. Il 30 novembre 2016 arriva l’assoluzion­e “perché il fatto non sussiste”. Il gip Annamaria Loprete scrive nella motivazion­e che Rossi ha portato Fornasari a processo avendo come elemento di prova principale le accuse infondate dell’ispettore di Bankitalia Emanuele Gatti. Una bella storia, peccato averne privato la commission­e.

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LaPresse Palazzo di Giustizia Il Tribunale di Arezzo e il procurator­e capo della città toscana, Roberto Rossi
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