Rivelazioni e amnesie, Rossi racconta solo mezza verità
Il pm si dimentica della sua inchiesta
Il procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi ha trovato “strano” e“singolare” che la Banca d’Italia spingesse Banca Etruria a farsi salvare dalla Popolare di Vicenza quando l’istituto di Gianni Zonin era in condizioni “non dissimili”. Gli uomini del governatore Ignazio Visco, abbandonando il tradizionale aplomb, hanno reagito accusandolo di aver sferrato un “attacco politico” targato Matteo Renzi. Il tono poco istituzionale della Banca d’Italia autorizza la libera stampa a dire che strane e singolari – oltre alla sospetta scoperta tardiva delle malefatte di Bankitalia note da anni – sono anche le omissioni del magistrato.
IL SILENZIO SULLA CONSOB. Il procuratore Rossi, così ciarliero sulle colpe di Bankitalia che, per sua stessa ammissione, ha letto sui giornali, non ha detto una parola sulle colpe della Consob. Eppure nel 2016, insieme al fascicolo per bancarotta in cui era inizialmente implicato come indagato anche Pier Luigi Boschi, Rossi ne ha aperto un altro sul ruolo della Consob nella rovina dei risparmiatori aretini. L’anno scorso Rossi ha trasmesso il fascicolo alla Procura di Roma. Il pm Stefano Pesci che da oltre un anno lavora in silenzio e, avendo già acquisito nuovi documenti alla Consob, avrebbe cose interessanti da raccontare se la commissione d’inchiesta lo convocasse. Sicuramente Rossi le cose le sa, ma si è ben guardato da riferirne alla commissione, forse perché troppo concentrato sulla Banca d’Italia e su quello che è risultato un suo oggettivo contributo alla narrazione renziana. Rossi sa che nella primavera del 2013 Etruria ha collocato – sollecitata dalla Banca d’Italia – le famigerate obbligazioni subordinate, ac- compagnate come da regolamento dal prospetto informativo e dalla scheda prodotto. Nella scheda prodotto però non comparivano gli scenari probabilistici, il discusso strumento a garanzia dell’investitore. La Consob aveva dapprima chiesto a Etruria di inserirli. Etruria non li ha inseriti, la Consob non ha fatto una piega. In quel momento a quelle obbligazioni erano attribuite il 68 per cento delle probabilità di perdere il 75 per cento del capitale. Marcello Minenna, dirigente Consob, interrogato il 14 giugno 2016, ha messo a verbale che in effetti per Etruria la direttiva “che arrivò dai vertici fu diversa: non era necessario indicare per le banche la percentuale di rischio per i risparmiatori”. Una indicazione diversa che “i miei capi mi riferirono fu voluta e chiesta da Giuseppe Vegas”, il presidente della Consob. Perché non dire alla commissione una storia così interessante?
IL CASO FORNASARI. Ro ss i non ha detto alla commissione che c’è stato un tempo in cui la Procura di Arezzo andava d’amore e d’accordo con Palazzo Koch. Nel settembre 2013 il capo della vigilanza Carmelo Barbagallo ha denunciato l’allora presidente di Etruria Giuseppe Fornasari per ostacolo alla vigilanza. Rossi ha scatenato la Guardia di Finanza. Arriva il marzo 2014. Erano i giorni in cui Fornasari andava con il numero uno di Veneto Banca Vincenzo Consoli a casa Boschi a Laterina a chiedere aiuto alla neo ministra Maria Elena contro le prepotenze di Barbagallo, che premeva su entrambe le banche perché si consegnassero a Zonin. Con perfetto tempismo scatta una spettacolare perquisizione negli uffici di Fornasari, a cui fa seguito una lettera di Bankitalia che lo invita a farsi da parte. Mentre i rumors parlano di imminente arresto, Fornasari rinuncia a ricandidarsi alla presidenza di Etruria. Il 4 maggio 2014 l’assemblea elegge un cda di maggior caratura massonica, una tradizione che la presidenza Fornasari aveva interrotto. Pier Luigi Boschi
Ci è sembrato strano che venisse incentivata da Bankitalia l’aggregazione di Etruria con Vicenza che, dalle ispezioni di Palazzo Koch, era in condizioni simili ROBERTO
ROSSI Il teste Minenna Vegas non volle che venisse inserita la percentuale di rischio delle obbligazioni
diventa vicepresidente. Rossi, che indaga solo su quanto suggerisce Barbagallo, porta Fornasari a processo. Il 30 novembre 2016 arriva l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Il gip Annamaria Loprete scrive nella motivazione che Rossi ha portato Fornasari a processo avendo come elemento di prova principale le accuse infondate dell’ispettore di Bankitalia Emanuele Gatti. Una bella storia, peccato averne privato la commissione.