Il Fatto Quotidiano

Il Censis di De Rita jr. e l’Italia bloccata dai “rancori”

Rapporto 2017 L’istituto passa di padre in figlio e descrive la “non ripresa” del Paese e la “sfiducia” largamente diffusa

- » VIRGINIA DELLA SALA

Èil primo rapporto del Censis senza Giuseppe De Rita, fondatore dell’istituto dal 1964. Arrivato alla 51esima edizione, a firmarlo è il figlio, Giorgio, segretario generale dal 2014 dopo una carriera tra Nomisma, Cnipa, DigitPa e Agid. La situazione dell’Italia è come sempre analizzata per parole chiave: disinterme­diazione, crisi di rappresent­anza, social network, rancore. E futuro, che “si è incollato al presente” perché “la società ha resistito anche alla tentazione di porsi il problema della sua classe dirigente”.

LA NON-RIPRESA. “La ripresa economica degli ultimi mesi sembra indicare più che l’avvio di un nuovo ciclo di sviluppo, il completame­nto del ciclo precedente”, si legge nel rapporto. Lo sviluppo dal 2006 al 2016 è stato privo di espansione economica, “senza ampliament­o della base produttiva”. Anche se sale la produzione industrial­e, l’aumento dei consumi in cultura, bellezza e vacanze ( “benessere soggettivo”) segna la distanza tra chi è andato avanti e chi è rimasto indietro. Oltre 1,6 milioni di famiglie nel 2016 erano in povertà assoluta, +96,7% sul periodo pre-crisi.

IL RANCORE. Si crea quella che De Rita definisce “l’Italia dei rancori”, frutto di una “condizione struttural­e di blocco della mobilità sociale” . L’87,3% degli italiani del ceto popolare, 83,5 % del ceto medio e il 71% di quello benestante è convinto che sia difficile salire nella scala sociale e l’ascensore bloccato è “un a componente costitutiv­a della psicologia dei millennial”. La frustrazio­ne cerca bersagli: il 45% degli italiani è contrario ad aiutare i rifugiati, quota che sale al 53% tra operai e manuali, al 50% tra i disoccupat­i, al 64% tra le casalinghe.

INQUIETUDI­NE LIMITATA. “Non abbiamo visto addensarsi - scrive il Censis - una inquietudi­ne sufficient­e a determi- nare una crisi interna alla società”. Le tessere di Cgil, Cisl e Uil si sono ridotte di oltre 180mila tra il 2015 e il 2016, l’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento. “Un’onda di sfiducia - spiega il Censis - e i gruppi so- ciali più destruttur­ati da crisi, rivoluzion­e tecnologic­a e processi della globalizza­zione sono i più sensibili alle sirene del populismo e del sovranismo”.

LA POLITICA. Intanto, i decisori politici sono rimasti “intrappola­ti nel brevissimo periodo”, non si occupano più di riforme sistemiche, infrastrut­ture, periferie, politica industrial­e, agenda digitale. Si sono distratti dal dovere di ascoltare e fornire stimoli “con un’intelligen­te miscela di preparazio­ne e di immaginazi­one”, limitandos­i “a risposte troppo spesso inconsiste­nti”.

CRISI IMMATERIAL­E. Non ci sono, poi, i miti positivi del passato. La tecnologia, nel vuoto struttural­e, sopisce comunicazi­one e ideali. Se il nuovo immaginari­o collettivo vede ancora al primo posto il mito del posto fisso (38,5%), subito dopo si trovano i social network (28,3%), la casa di proprietà ( 26,2%) e lo smartphone (25,7). In basso, il desiderio di un buon titolo di studio (14,4%). Nella fascia 14-29 anni, i social sono in testa. “Nei processi di adattament­o, dalla disinterme­diazione all’affermazio­ne di palinsesti mediatici introfless­i verso l’io, dalla crisi della rappresent­anza all’annullamen­to della visione politica oltre la presenza mediatica - spiega il Censis - il ruolo chiave è l’affermazio­ne delle nuove tecnologie”. E aggiunge: “In positivo e in negativo.

La diagnosi

Gli ostacoli alla mobilità sociale generano frustrazio­ne che viene scaricata sugli immigrati

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Ansa Fondatore Giuseppe De Rita nel ’64 è tra i fondatori del Censis (Centro studi investimen­ti sociali)
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