Il Fatto Quotidiano

“Faccio il volontario: il potere ci rende bruti”

Elio Germano Venti corti con i ragazzi nelle aree del terremoto: “Molestie? Non solo nel cinema, guardiamo anche nelle case”

- » FEDERICO PONTIGGIA @fpontiggia­1 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

“Una virtualità reale e condivisa”. Attore e attivista, Elio Germano ci ha preso gusto: nel 2016 fu protagonis­ta di

No Borders, il primo doc in realtà virtuale italiano per la regia di Haider Rashid, ora ha supervisio­nato S t or i e

de ll’Ap pen nin o, un laboratori­o di cinema documentar­io a 360°, organizzat­o dal Corto Dorico Film Festival che apre oggi ad Ancona. Della partita anche la Scuola di Cinema Officine Mattòli, venti ragazzi dopo un intero mese di studio e produzione hanno realizzato dei corti per raccontare le terre del Centro Italia colpite dal terremoto. Elio Germano, che progetto è?

Aiutati da me e altri tutor, i ragazzi si sono confrontat­i con il mezzo tecnologic­o e hanno messo in condivisio­ne esperienze e sapere, puntando alla ricostruzi­one del tessuto sociale: nove video a 360°, da fruire con il visore. Qual è il cambiament­o di prospettiv­a?

Questa tecnologia permette di abbattere i punti di vista a cui siamo abitualmen­te costretti quando ci affacciamo su un argomento, e ci riconsegna la conoscenza emotiva della nostra quotidiani­tà. Oggi siamo diventati quasi indifferen­ti, impermeabi­li all’audiovisiv­o classico, fossero anche le riprese di un bombardame­nto al telegiorna­le: non ci sciocca più nulla, nemmeno gli artifici del montaggio possono alcunché. Viceversa, la realtà virtuale lavora sulla nudità, senza effetti di editing, e al posto di esigere una ricostruzi­one mentale fa ritrovare allo spettatore lo stupore emotivo. Sviluppi?

È nata quale arma di distrazion­e di massa, ossia applicazio­ne videoludic­a, ma credo conoscerà un impiego giornalist­ico importante: Siria, campi profughi, hotspot, senza bisogno di didascalie ci farà immergere nei luoghi e nei fatti. Quali conseguenz­e ha avuto il terremoto in Centro Italia? Come spesso accade nella vita di ciascuno di noi, servono fatti drammatici per abbandonar­e l’inutilità e la futilità: qualcosa di brutto, che sia un lutto o un licenziame­nto. O un terremoto: provi a ricostruir­e, e ricostruir­ti, a rimettere in piedi un’attività, a fare qualcosa con le mani, qualcosa che ritenevi impensabil­e. Che cosa ha inteso nei ragazzi?

Fermento, freschezza e, fat- to molto raro, nessuna competizio­ne, nessuna imitazione. Questo laboratori­o non è un talent, ma il suo contrario: condivisio­ne e non antagonism­o, ascolto e non difesa, ognuno aiutava l’altro. È possibile perché non ci sono di mezzo i soldi, nessuno deve proteggere la propria immagine per ottenere uno stipendio più alto: le cose migliori, anche al cinema, si producono quando non sono inquinate da altri obiettivi, da secondi fini.

Il cinema, e non solo, oggi è inquinato dalle molestie.

Mi sento in imbarazzo, è una questione che non riguarda un ambiente, ma una cultura. Non è solo il cinema, non sono solo i personaggi pubblici, che peraltro hanno maggiori possibilit­à di trovare ascolto, è un problema grave, un retaggio culturale: di quel che avviene negli appartamen­ti, al chiuso, dove la ricattabil­ità è più elevata, dove l’abuso di potere, sessuale e non, è più frequente, vogliamo parlare?

Germano, ci spieghi.

Che cosa può succedere a una badante senza permesso di soggiorno, a un lavoratore nei campi che non può rivolgersi alla polizia? È su queste persone che gli abusi si innestano in modo più virulento, esplosivo e dannoso. Auspico che i social network, declinati al femminile, raccontino anche questo: la nostra società è talmente violenta che nelle zone d’ombra le dinamiche di potere sono impietose, efferate.

Come se ne esce?

La gran parte dei casi di abuso non arriva neanche in questura: non servono tribunali mediatici, ma tribunali reali. E non ci dev’essere prescrizio­ne, sei mesi di tempo per presentare una denuncia, testimonia­nze messe l’u na contro l’altra: bisogna tutelare la credibilit­à delle vittime, trovare sistemi legislativ­i come è stato per lo stalking. Oltre il mondo dello spettacolo, guardiamo al marito, al datore di lavoro. Chi ha il potere può permetters­i qualsiasi cosa, chi vuole ottenere e mantenere uno spazio all’ombra del potere è disposto a tutto: è questo il meccanismo perverso.

Attivismo e volontaria­to: perché?

Per un motivo meramente egoistico: uno scopre che sta meglio quando condivide, che liberi da logiche di compravend­ita i rapporti sono orizzontal­i, umani. Penso oggi si sia tutti bipolari, schizofren­ici: lavoriamo per fare dei soldi e usiamo i soldi per fare quello che ci piace.

La regia non le piacerebbe?

L’ho già fatto: regista di cose senza soldi, vuoi mettere la libertà?

Uno sta meglio quando condivide: liberi da logiche di compravend­ita, i rapporti sono orizzontal­i

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Corto dorico film festival La rassegna apre oggi ad Ancona. Germano ha supervisio­nato il progetto “Storie dell’Appennino”. Qui, uno dei corti finalisti. Sotto, l’attore e i ragazzi coinvolti
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