“Faccio il volontario: il potere ci rende bruti”
Elio Germano Venti corti con i ragazzi nelle aree del terremoto: “Molestie? Non solo nel cinema, guardiamo anche nelle case”
“Una virtualità reale e condivisa”. Attore e attivista, Elio Germano ci ha preso gusto: nel 2016 fu protagonista di
No Borders, il primo doc in realtà virtuale italiano per la regia di Haider Rashid, ora ha supervisionato S t or i e
de ll’Ap pen nin o, un laboratorio di cinema documentario a 360°, organizzato dal Corto Dorico Film Festival che apre oggi ad Ancona. Della partita anche la Scuola di Cinema Officine Mattòli, venti ragazzi dopo un intero mese di studio e produzione hanno realizzato dei corti per raccontare le terre del Centro Italia colpite dal terremoto. Elio Germano, che progetto è?
Aiutati da me e altri tutor, i ragazzi si sono confrontati con il mezzo tecnologico e hanno messo in condivisione esperienze e sapere, puntando alla ricostruzione del tessuto sociale: nove video a 360°, da fruire con il visore. Qual è il cambiamento di prospettiva?
Questa tecnologia permette di abbattere i punti di vista a cui siamo abitualmente costretti quando ci affacciamo su un argomento, e ci riconsegna la conoscenza emotiva della nostra quotidianità. Oggi siamo diventati quasi indifferenti, impermeabili all’audiovisivo classico, fossero anche le riprese di un bombardamento al telegiornale: non ci sciocca più nulla, nemmeno gli artifici del montaggio possono alcunché. Viceversa, la realtà virtuale lavora sulla nudità, senza effetti di editing, e al posto di esigere una ricostruzione mentale fa ritrovare allo spettatore lo stupore emotivo. Sviluppi?
È nata quale arma di distrazione di massa, ossia applicazione videoludica, ma credo conoscerà un impiego giornalistico importante: Siria, campi profughi, hotspot, senza bisogno di didascalie ci farà immergere nei luoghi e nei fatti. Quali conseguenze ha avuto il terremoto in Centro Italia? Come spesso accade nella vita di ciascuno di noi, servono fatti drammatici per abbandonare l’inutilità e la futilità: qualcosa di brutto, che sia un lutto o un licenziamento. O un terremoto: provi a ricostruire, e ricostruirti, a rimettere in piedi un’attività, a fare qualcosa con le mani, qualcosa che ritenevi impensabile. Che cosa ha inteso nei ragazzi?
Fermento, freschezza e, fat- to molto raro, nessuna competizione, nessuna imitazione. Questo laboratorio non è un talent, ma il suo contrario: condivisione e non antagonismo, ascolto e non difesa, ognuno aiutava l’altro. È possibile perché non ci sono di mezzo i soldi, nessuno deve proteggere la propria immagine per ottenere uno stipendio più alto: le cose migliori, anche al cinema, si producono quando non sono inquinate da altri obiettivi, da secondi fini.
Il cinema, e non solo, oggi è inquinato dalle molestie.
Mi sento in imbarazzo, è una questione che non riguarda un ambiente, ma una cultura. Non è solo il cinema, non sono solo i personaggi pubblici, che peraltro hanno maggiori possibilità di trovare ascolto, è un problema grave, un retaggio culturale: di quel che avviene negli appartamenti, al chiuso, dove la ricattabilità è più elevata, dove l’abuso di potere, sessuale e non, è più frequente, vogliamo parlare?
Germano, ci spieghi.
Che cosa può succedere a una badante senza permesso di soggiorno, a un lavoratore nei campi che non può rivolgersi alla polizia? È su queste persone che gli abusi si innestano in modo più virulento, esplosivo e dannoso. Auspico che i social network, declinati al femminile, raccontino anche questo: la nostra società è talmente violenta che nelle zone d’ombra le dinamiche di potere sono impietose, efferate.
Come se ne esce?
La gran parte dei casi di abuso non arriva neanche in questura: non servono tribunali mediatici, ma tribunali reali. E non ci dev’essere prescrizione, sei mesi di tempo per presentare una denuncia, testimonianze messe l’u na contro l’altra: bisogna tutelare la credibilità delle vittime, trovare sistemi legislativi come è stato per lo stalking. Oltre il mondo dello spettacolo, guardiamo al marito, al datore di lavoro. Chi ha il potere può permettersi qualsiasi cosa, chi vuole ottenere e mantenere uno spazio all’ombra del potere è disposto a tutto: è questo il meccanismo perverso.
Attivismo e volontariato: perché?
Per un motivo meramente egoistico: uno scopre che sta meglio quando condivide, che liberi da logiche di compravendita i rapporti sono orizzontali, umani. Penso oggi si sia tutti bipolari, schizofrenici: lavoriamo per fare dei soldi e usiamo i soldi per fare quello che ci piace.
La regia non le piacerebbe?
L’ho già fatto: regista di cose senza soldi, vuoi mettere la libertà?
Uno sta meglio quando condivide: liberi da logiche di compravendita, i rapporti sono orizzontali