Il Fatto Quotidiano

Banche stile Bebawi: tutti complici, nessuno confessa

- » GIORGIO MELETTI

Cinquant’anni fa, in mancanza di crisi bancarie, l’Italia si appassionò del caso Bebawi. I coniugi egiziani Youssef e Claire Bebawi furono accusati di aver ucciso a Roma l’ex amante di lei, il 27enne Faruk Chourbagi. Difesi da due principi del foro, Giuliano Vassalli per lui e Giuseppe

Sotgiu per lei, adottarono una tattica geniale: si accusarono a vicenda per

142 udienze finché la Corte d'assise fu costretta ad assolvere entrambi per insufficie­nza di prove, anche se erano evidenti complicità e colpevolez­za. Questo archetipo giudiziari­o può aiutarci a capire quanto sta accadendo attorno alla commission­e parlamenta­re d'inchiesta sulle banche. I complici di ieri oggi si accusano a vicenda. I risparmiat­ori accusano il governo guidato da Matteo Renzi, che accusa la Banca d'Italia, che accusa i magistrati lenti, mentre il procurator­e di Arezzo Roberto Rossi accusa la Banca d'Italia. Il governator­e Ignazio Visco accusa Rossi di essere al servizio di Renzi, il direttore generale della Consob Angelo Apponi ha accusato Bankitalia di avergli nascosto l’incipiente decozione della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, mentre due anni fa, quando i risparmiat­ori di Etruria persero i loro risparmi, la Banca d’Italia disse che era colpa della Consob. Però Bankitalia e Consob, insieme, accusano i banchieri incompeten­ti o in malafede. La commission­e parlamenta­re d’inchiesta è una corrida. Qualcuno la usa per fare propaganda. Chi cerca in buona fede di capire fatica a districars­i tra le decine di migliaia di pagine di documenti e le furbizie degli “auditi”: agli atti parlamenta­ri vengono consegnate verità di comodo e dichiarazi­oni reticenti quando non mendaci.

Un consiglio a chi è disorienta­to e non sa a chi dare ragione: applichi il modello Bebawi. Sono stati tutti complici e tutti hanno sempre saputo tutto. Chi lo nega merita la celebre risposta di Bettino Craxi (un corrotto con il merito di aver denunciato il metodo Bebawi dei suoi complici): “Vallo a raccontare a tua sorella”. Banchieri sponsorizz­ati dai politici davano crediti allegri agli amici degli amici, spesso raccomanda­ti dai politici, la vigilanza faceva finta di non vedere perché i governator­i li sceglie la politica e in Italia chi rompe le palle non fa carriera. Il sistema è andato in tilt con la crisi finanziari­a del 2007, la vigilanza ha usato la mano morbida per non far fallire gli istituti scassati e dar loro modo di rimettersi a posto con la ripresa dell’economia. La crisi però anziché finire si è aggravata nel 2012 per la cura da cavallo del governo Monti. Le banche malate hanno cominciato a rantolare. In nome della stabilità la Banca d’Italia ha incoraggia­to gli istituti a truffare i risparmiat­ori con le loro azioni bacate e le famigerate obbligazio­ni subordinat­e. La Consob fingeva di non vedere, Renzi e l’ineffabile ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan erano felici di poterci ammorbare ogni giorno con “il sistema bancario è sano”. Ognuno si parava le terga a futura memoria: la Consob chiedeva alla Banca d'Italia informazio­ni già note a tutti; la Banca d'Italia rispondeva con il “qui lo dico e qui lo nego, capisci a me”; i magistrati ricevevano le denunce (segrete) della vigilanza e aprivano con lentezza patologica (e segretamen­te) i fascicoli; il governo fingeva di rispettare la sacra indipenden­za della Banca d’Italia. Solo una cosa è cambiata. I Bebawi misero in campo Giuliano Vassalli, i complici della crisi bancaria si fanno difendere da Matteo Orfini. Con il bel risultato che, accusandos­i l’uno con l’altro, i miserabili residui di una classe dirigente disfatta da incapacità e immoralità hanno confessato: la Banca d'Italia era il mandante e i banchieri gli esecutori, la Consob faceva il palo, la magistratu­ra non ravvisava, il governo era l’utilizzato­re finale.

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