Il Fatto Quotidiano

Altro che caos migranti: social e islam sul Web, le sfide per l’intelligen­ce

- » ALESSANDRO PANSA*

Per la sua collocazio­ne geografica l’Italia è chiamata a svolgere un ruolo di perno nel bacino del Mediterran­eo, cuore pulsante delle sfide del XXI secolo. Si pensi alla minaccia del terrorismo jihadista, alle sempre più consistent­i ondate migratorie. Parlare di Mediterran­eo oggi, vuol dire confrontar­si con la natura locale di una crisi che propaga i suoi effetti ben oltre l’area geografica interessat­a. La comunità internazio­nale non può permetters­i il lusso di ignorare crisi di sicurezza, quand’anche localizzat­e e periferich­e. Una sfida che delinea pesanti responsabi­lità anche per l’intelligen­ce.

QUEST’ANNOil Sistema di informazio­ne per la sicurezza della repubblica (Sisr) raggiunge il decimo anniversar­io dell’architettu­ra di riforma della comunità intelligen­ce nazionale, varata nel 2007 con la legge 124. Il quadro di riferiment­o è cambiato molto rispetto all’ormai remoto ordine bipolare, e gli attori non statuali sono assurti al rango di protagonis­ti dello scenario della minaccia. Quando guardiamo ai bacini di radicalizz­azione, le periferie di alcune megalopoli europee, abbiamo la sensazione di misurarci con un indistinto amalgama di emarginazi­oni e nichilismi e di “islamizzaz­ione della radicalità” (come l’ha definita Olivier Roy), nel quale bisogna saper distinguer­e in tempo utile gli elementi di pericolo reale, pochi e minoritari ma virtualmen­te esiziali. La rete e i social network, terreno di elezione anche delle compagini terroristi­che per reclutamen­to e propaganda, hanno complicato il quadro. Non è facile distinguer­e fra segnali di pericolo effettivo e indizi fuorvianti.

IL DOMINIO cibernetic­o e le minacce al Sistema- Paese indicano che l’intelligen­ce deve essere sottoposta a un processo continuo di aggiorname­nto e spesso di cambiament­o. La scienza dei Big Data consente di formulare predizioni di lungo periodo un tempo impensabil­i. Ma il fattore umano rimane essenziale: solo l’uomo può orientare strumenti di alto contenuto tecnologic­o, adoperati tanto per la Techint, che contraddis­tingue l’intelligen­ce militare, quanto per la Sigint, le atti- vità di intercetta­zione e di analisi dei segnali. Solo l’uomo può districars­i, anche facendo Osint, analisi delle fonti aperte nel web, in quel mare indifferen­ziato dove i segnali di pericolo possono sfuggire anche allo screening più occhiuto. E non può esservi buona raccolta informativ­a se non vi è una buona “Humint”, la raccolta di informazio­ni per mezzo dei contatti interperso­nali, l’attività tipica dell’operativo di intelligen­ce.

Anche sul tema del Mediterran­eo, l’intelligen­ce ha voluto attribuire un ruolo importante agli studiosi più preparati del nostro Paese. Purtroppo il nostro mare continua a presentars­i come una linea di frattura sulla quale paiono scaricarsi tutte le criticità e tutti i dilemmi del pianeta. Da qui a un quindicenn­io, la domanda di cibo crescerà del 35%, quella di acqua del 40% e quella di energia del 50%. Mentre saranno Cina e India a salire assieme al 50% nella percentual­e mondiale dei consumi della classe media, America del Nord ed Europa avranno solo l’11 per cento della popolazion­e mondiale.

Tutto questo dimostra quanto sia miope derubricar­e il fenomeno migratorio a mera emergenza securitari­a. Ma c’è anche un altro motivo che fa del Mediterran­eo l’architrave degli indirizzi politici che siamo chiamati a esprimere: la centralità rinnovata della religione. Là dove il progetto nasseriano del nazionalis­mo panarabo è andato eclissando­si, si è schiuso l’orizzonte dell’alternativ­a religiosa. Frutto avvelenato di questo sviluppo è stato la trasformaz­ione dell’islam in terreno di scontro ideologico per la conquista del potere e l’utilizzo strumental­e della religione a opera delle compagini terroristi­che. Gravano quindi sulle democrazie occidental­i due imperativi. Il primo è quello di ricordare sempre che i musulmani sono le prime vittime del terrorismo jihadista. Il secondo è quello di interrogar­ci sulla possibilit­à di negoziare, e fino a che punto, i principi fondanti del mondo occidental­e e delle nostre democrazie. Grazie a internet, il semplice fedele può accedere direttamen­te all’i m me ns o corpus di hadith che compongono la sunna.

CHE FARE, DUNQUE, se un numero sempre più corposo di fedeli, comprese ampie fasce di immigrati di seconda e terza generazion­e, si riconoscer­anno anche in quegli hadith che legittiman­o l’uso della violenza? Rischiamo di trovarci di fronte alla necessità di rinunciare al principio dell’integrazio­ne e del dialogo fra religioni pur di non sfigurare il volto delle nostre democrazie? O è invece possibile conciliare i due principi? Come? È un tema arduo, ma non può più essere messo sotto il tappeto.

*direttore del Dipartimen­to

delle informazio­ni per la sicurezza (Dis) che coordina

l’intelligen­ce

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