Altra botta dall’Ue: il Fiscal compact entrerà nei trattati
La Commissione sceglie la linea tedesca e propone che l’accordo del 2012 sul rigore contabile diventi parte della legislazione comunitaria, ma con le flessibilità adottate dopo il 2015
“Andremo a Bruxelles e faremo una battaglia con i gomiti aperti. Vogliamo il deficit al 2,9 per cento per trasformare il Fiscal compact in un social compact”, diceva Matteo Renzi il 21 di ottobre. Quella battaglia però sembra averla persa prim’ancora di cominciarla: ieri la Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker ha proposto l’inserimento del contestato trattato intergovernativo del 2012 sull’austerità all’interno della legislazione comunitaria. La decisione formale spetta al Consiglio europeo (cioè ai capi di Stato e di governo), che si riunirà la settimana prossima e che dovrà valutare la proposta di direttiva presentata dalla Commissione. Ma i termini della questione sono chiari: già il Parlamento europeo si è espresso a favore (con i voti del Pd) perché il Fiscal compact, che oggi è parallelo ai trattati sul funzionamento dell’Ue, venga inglobato.
VOLUTO DALLA GERMANIA nel 2011 per integrare vincoli di bilancio appena introdotti nell’Eurozona ( Two pack e Six Pack) ma non considerati sufficientemente rigidi, il Fiscal compact ha stabilito il principio di aggiustamento dei conti pubblici considerato il ciclo economico. Nella pratica, parametri oscuri e dibattuti dai tecnici come la distanza di un’economia nazionale dal suo potenziale ( output gap) sono diventati fonte costante di richieste di tagli del deficit anche per i Paesi, come l’Italia, che da anni sono sotto il 3 per cento del rapporto tra disavanzo e Pil fissato dal patto di stabilità. La commissione avalla questo approccio e nel documento che invia ai governi scrive che “la proposta di direttiva si basa sull’osservazione che non ci può essere un’applicazione efficace del quadro di regole fiscali dell’Ue senza un approccio top down”, Bruxelles ordina, i singoli Stati eseguono. C’è un’unica concessio- ne al fronte anti-austerità: l’interpretazione flessibile di alcuni vincoli del Fiscal compact adottata dal 2015 a oggi (di cui l’Italia ha beneficiato per oltre 19 miliardi) rimarrà anche quando il trattato sarà incorporato nella legislazione Ue. Vedremo se Paolo Gentiloni metterà il veto o avallerà questa proposta di direttiva al prossimo Consiglio europeo: nei giorni scorsi il premier si è già lamentato con Juncker.
Per i Paesi che faranno le riforme giuste ci saranno degli incentivi monetari dal bilancio comunitario: pochi spiccioli, 300 milioni di euro, ma è comunque un segnale che oltre al bastone si può usare anche la carota. Nella proposta della Commissione, che tra una settimana sarà al vaglio del Consiglio, ci sono altre novità discusse in questi mesi. La più rilevante è la trasformazione del fondo salva Stati
Esm, oggi autonomo e nato da un progetto tra governi, in un fondo monetario europeo che risponde alla Commissione. La sua capacità potenziale di 500 miliardi potrà essere usata non soltanto per aiutare gli Stati che non riescono a trovare credito a prezzi accettabili sui mercati, ma anche per gestire le crisi bancarie di portata continentale (ma non per tutelare i depositanti, lo schema comune di assicurazione non c’è, per ora). I tedeschi hanno incassato la vittoria sul Fiscal compact, ma il Fondo monetario europeo non sarà quel vigilante inflessibile e sganciato dai compromessi politici che Wolfgang Schäuble aveva auspicato in un documento lasciato ai ministri dell’euro come suo testamento politico, prima di passare dalla poltrona di ministro a quella di presidente del Parlamento.
Nascerà il Fme
Il fondo salva Stati Esm diventerà un vero “fondo monetario” pronto anche per le crisi bancarie
DAL 2019, nell’Unione europea post-Brexit, dovrebbe esserci anche un ministro dell’Economia e delle Finanze europeo: sarà vicepresidente della Commissione, presidente dell’Eurogruppo (il club informale dei Paesi della moneta unica), supervisore dell’attività del Fondo monetario e risponderà direttamente al Parlamento europeo. Poiché il ministro non avrà un budget autonomo, l’efficacia del suo ruolo sarà tutta da verificare.