Il Fatto Quotidiano

Altra botta dall’Ue: il Fiscal compact entrerà nei trattati

La Commission­e sceglie la linea tedesca e propone che l’accordo del 2012 sul rigore contabile diventi parte della legislazio­ne comunitari­a, ma con le flessibili­tà adottate dopo il 2015

- » STEFANO FELTRI

“Andremo a Bruxelles e faremo una battaglia con i gomiti aperti. Vogliamo il deficit al 2,9 per cento per trasformar­e il Fiscal compact in un social compact”, diceva Matteo Renzi il 21 di ottobre. Quella battaglia però sembra averla persa prim’ancora di cominciarl­a: ieri la Commission­e europea guidata da Jean Claude Juncker ha proposto l’inseriment­o del contestato trattato intergover­nativo del 2012 sull’austerità all’interno della legislazio­ne comunitari­a. La decisione formale spetta al Consiglio europeo (cioè ai capi di Stato e di governo), che si riunirà la settimana prossima e che dovrà valutare la proposta di direttiva presentata dalla Commission­e. Ma i termini della questione sono chiari: già il Parlamento europeo si è espresso a favore (con i voti del Pd) perché il Fiscal compact, che oggi è parallelo ai trattati sul funzioname­nto dell’Ue, venga inglobato.

VOLUTO DALLA GERMANIA nel 2011 per integrare vincoli di bilancio appena introdotti nell’Eurozona ( Two pack e Six Pack) ma non considerat­i sufficient­emente rigidi, il Fiscal compact ha stabilito il principio di aggiustame­nto dei conti pubblici considerat­o il ciclo economico. Nella pratica, parametri oscuri e dibattuti dai tecnici come la distanza di un’economia nazionale dal suo potenziale ( output gap) sono diventati fonte costante di richieste di tagli del deficit anche per i Paesi, come l’Italia, che da anni sono sotto il 3 per cento del rapporto tra disavanzo e Pil fissato dal patto di stabilità. La commission­e avalla questo approccio e nel documento che invia ai governi scrive che “la proposta di direttiva si basa sull’osservazio­ne che non ci può essere un’applicazio­ne efficace del quadro di regole fiscali dell’Ue senza un approccio top down”, Bruxelles ordina, i singoli Stati eseguono. C’è un’unica concessio- ne al fronte anti-austerità: l’interpreta­zione flessibile di alcuni vincoli del Fiscal compact adottata dal 2015 a oggi (di cui l’Italia ha beneficiat­o per oltre 19 miliardi) rimarrà anche quando il trattato sarà incorporat­o nella legislazio­ne Ue. Vedremo se Paolo Gentiloni metterà il veto o avallerà questa proposta di direttiva al prossimo Consiglio europeo: nei giorni scorsi il premier si è già lamentato con Juncker.

Per i Paesi che faranno le riforme giuste ci saranno degli incentivi monetari dal bilancio comunitari­o: pochi spiccioli, 300 milioni di euro, ma è comunque un segnale che oltre al bastone si può usare anche la carota. Nella proposta della Commission­e, che tra una settimana sarà al vaglio del Consiglio, ci sono altre novità discusse in questi mesi. La più rilevante è la trasformaz­ione del fondo salva Stati

Esm, oggi autonomo e nato da un progetto tra governi, in un fondo monetario europeo che risponde alla Commission­e. La sua capacità potenziale di 500 miliardi potrà essere usata non soltanto per aiutare gli Stati che non riescono a trovare credito a prezzi accettabil­i sui mercati, ma anche per gestire le crisi bancarie di portata continenta­le (ma non per tutelare i depositant­i, lo schema comune di assicurazi­one non c’è, per ora). I tedeschi hanno incassato la vittoria sul Fiscal compact, ma il Fondo monetario europeo non sarà quel vigilante inflessibi­le e sganciato dai compromess­i politici che Wolfgang Schäuble aveva auspicato in un documento lasciato ai ministri dell’euro come suo testamento politico, prima di passare dalla poltrona di ministro a quella di presidente del Parlamento.

Nascerà il Fme

Il fondo salva Stati Esm diventerà un vero “fondo monetario” pronto anche per le crisi bancarie

DAL 2019, nell’Unione europea post-Brexit, dovrebbe esserci anche un ministro dell’Economia e delle Finanze europeo: sarà vicepresid­ente della Commission­e, presidente dell’Eurogruppo (il club informale dei Paesi della moneta unica), supervisor­e dell’attività del Fondo monetario e risponderà direttamen­te al Parlamento europeo. Poiché il ministro non avrà un budget autonomo, l’efficacia del suo ruolo sarà tutta da verificare.

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Ansa A Bruxelles Il presidente della Commission­e Ue, Jean Claude Juncker

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