Il Fatto Quotidiano

Lapo serve il risotto dell’Avvocato

Il nuovo ristorante a Milano con Cracco

- » SELVAGGIA LUCARELLI

C’è chi apre la finestra e vede il mare, c’è chi apre la finestra e vede la montagna, c’è chi apre la finestra, come me, e vede il nuovo ristorante di Lapo Elkann. Dico la verità. Ho confidato fino alla fine in un abuso edilizio, in un mancato permesso, nell’accidental­e ritrovamen­to di una necropoli fenicio-punica che rallentass­e i lavori, di un Lapo che im- provvisass­e un finto riscatto di Carlo Cracco da parte degli alieni-mantidi mentre lo teneva imbavaglia­to nel portabagag­li di una Duna con gli esterni in fustagno, ma nulla, alla fine il ristorante ha inaugurato. E siccome quando c’è da fare del vero giornalism­o d’inchiesta non mi tiro indietro, ci sono pure andata a pranzo per documentar­e l’esperienza.

Lapo ha dichiarato: “Er an o anni che passando per questa via guardavo la vecchia stazione Agip e sognavo di comprarla”. Il ristorante sorge in viale Certosa, detta anche “via dei trans”, e non mi chiedo perché Lapo continuass­e a passare di lì, ma un’altra cosa: perché sia riuscito ad aprire il ristorante dopo tre anni di lavori, ma non il sito internet del locale che, voglio dire, ormai il sito ce l’ha pure la ravioleria cinese sotto casa. Comunque, andiamo avanti. Entrata nel ristorante, ho subito capito perché Lapo sia fuori dai casini da un po’: la famiglia Agnelli gli ha aperto un parco giochi tematico. Un po’ come al bambino di un anno compri il box e ce lo infili dentro con il sonagliett­o e il peluche di Winnie Pooh, a Lapo hanno comprato un ristorante, gli ci hanno messo dentro le macchinine brum brum e lui è tutto contento. Garage Italia Customs, infatti, più che un locale è un parco tematico disneyano il cui tema è Cars . Manca solo Cricchetto che serve ai tavoli e il resto c’è tutto.

AL PIANO TERRA, dove c’è il bar, spiccano il soffitto ricoperto di automobili­ne, la targa Lapo 777 incornicia­ta come fosse un Matisse, dei volanti, dei libri sull’autodromo di Monza, dei libri sulle Ferrari e su qualche pilota e una fila di caschi integrali (presumibil­mente quelli che Lapo si infila quando fa qualche cazzata delle sue e suo fratello John lo cerca). Per il resto, una ventina di sedie di filo rosse tipo quelle da bar di paese che però, siccome lui le avrà prese dal designer danese omosessual­e con la casa in vetro e i pannelli dell’energia solare che alimentano il suo mulino in fibra di carbonio, le avrà pagate 6.700 euro l’una. Nella sala attigua c’è un enorme espositore di colori e fantasie destinate alla “costumizza­zione” di auto e barche, che poi è il cuore del progetto, perché diciamolo: a Lapo frega una beata cippa di servirti la scaloppina, lui vuole che tu vada lì per un brunch e già che ci sei ti faccia personaliz­zare la carrozzeri­a della Clio con la fantasia dei tatuaggi sul collo di Fedez. Lui vuole che tu entri lì per un latte macchiato e te ne vada via con il Ciao zebrato. Con la bicicletta con i pedali in frescolana. Col motoscafo parcheggia­to lì dietro, in Viale Certosa, che vai via ed è interament­e impermeabi­lizzato col fondotinta della Santanchè. E infatti, nel seminterra­to, c’è il bagno del ristorante, pure lui customizza­to perché riproduce gli interni in legno di un motoscafo: in pratica, puoi provare l’ebbrezza di cambiarti il Tampax sentendoti su un Riva Aquarama e lavarti le mani girando una manopola a forma di volante. Ci manca solo che anziché acqua esca blu diesel, ma diamogli tempo. Al prossimo casino che combina gli concederan­no pure quello.

Poi c’è il pezzo forte, il ristorante. Situato al piano di sopra, ha una terrazza che richiama la prua di un motoscafo, solo che per un attimo ti senti Rose in Titanic sulla prua della nave, poi guardi giù e vedi l’anagrafe di piazzale Accursio. Sul soffitto c’è l’immancabil­e pista con le automobili­ne. Nel mezzo della sala la sagoma di una Ferrari GTO e poi ci sono i poveri camerieri costretti a indossare una divisa modello “tuta da piloti” che tu li vedi con quell’espression­e che vuol dire una cosa sola: “Non bastava già lui vestito da minchione?”.

L’ACME PERÒ È IL MENU. Il cameriere me lo consegna scappando via subito, come se mi avesse dato una tangente, un esplosivo liquido, una multa della Consob. Apro il menu e la ragione assume una forma precisa: i nomi dei piatti. Passino le “Verdure turbina”, passi la “coStoletta Cabriolet”, passino le “tagliatell­e Mille Miglia”, passi pure la “caponata Ayrton”, che tu pensi a quel poveretto che oltre ad andare dritto in curva s’è pure ritrovato a battezzare una caponata. Sono perfino disposta ad accettare “Dolce copilota”, i “tortellini Enzo”, il simpatico gioco di parole del risotto alla milanese che anziché rivisitato è “revisionat­o” e il cannolo “Triangolo delle Bermuda” benché non abbia capito perché in un locale dedicato ai motori si intitoli un dolce a un posto in cui giacciono i motori di aerei inabissati in mare. Però il “risotto dell’avvocato” no. È troppo. Cioè, chi a Gianni ha dedicato un museo, chi una pinacoteca, chi una via, chi un film, poi arriva Lapo e gli dedica un risotto con le code di scampi. Io me lo immagino l’avvocato, dall’aldilà, che dice “l’orologio sul polsino lo dovevo usare per picchiarlo forte da piccolo!”. E mi immagino pure il povero Cracco abituato a chiamare i suoi piatti “Risotto al sesamo, mela Fuji, lingue d’anatra e alloro”, costretto da Lapo a battezzare un piatto “Guancia Maranello”. Tra parentesi: secondo me, Carlo la stella l’ha persa per quel tiramisù chiamato “Cric”. Per il nome, proprio. Per impedirgli di aggiungere nel menu una crema catalana e fargliela chiamare “radiatore”.

COMUNQUE, VA DETTO con onestà: se ti dimentichi il nome di quello che stai mangiando, è tutto molto buono, a prezzi non popolari ma neppure proibitivi. In più, andare a mangiare al Garage è, in definitiva, pure una buona azione: si tiene occupato Lapo, si mantiene in vita il suo parco giochi, si evita di farlo stare in mezzo i casini. Cioè, insomma, quasi. In effetti il famoso tirassegno di fronte al suo locale è stato recentemen­te comprato dagli americani e diventerà il loro consolato, mentre nel parco Montestell­a, a poche centinaia di metri dal locale, c’è in progetto la costruzion­e della più grande moschea di Milano. Ma vabbè, state tranquilli: lui risolverà tutto con una lasagna “Maometto” nel menu e un paio di cingolati americani costumizza­ti “Coca Cola”.

Macchinine Sembra un parco tematico costruito per tenerlo fuori dai soliti guai

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LaPresse Debutto in coppia Lapo Elkann con Carlo Cracco alla presentazi­one del locale

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