Il Fatto Quotidiano

La linea Mattarella: senza maggioranz­a nuovo voto

Dallo scioglimen­to del 28 al discorso di fine anno contro l’astensioni­smo

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Aun osservator­e confuso e superficia­le, lo spi n d el Colle su un Gentiloni a tempo e pienamente in carica in un eventuale pantano post-elettorale potrebbe apparire come una forma seppur sobria di interventi­smo presidenzi­ale, lontano parente del realismo sia in senso togliattia­no sia in quello monarchico del predecesso­re di Sergio Mattarella.

IN REALTÀ, come spiega anche chi ha avuto contatti con il Quirinale in queste settimane, è l’esatto opposto. Non a caso, il capo dello Stato ricorda spesso di essere stato docente di Diritto parlamenta­re e sulla scorta dei dossier preparatig­li sulla prassi del presidente della Repubblica non replicherà mai, per fare un esempio, l’intromissi­one extra-ordinem di Giorgio Napolitano nella costruzion­e del programma del futuro governo di Enrico Letta, con la nomina dei fatidici dieci saggi. Era il marzo del 2013 e le istituzion­i vissero una fase convulsa: il pre-incarico a Bersani, lo stallo dei dieci saggi (e la reggenza del governo uscente di Monti, dimissiona­rio ma non sfiduciato), la rielezione di Napolitano, l’incarico a Letta.

Ed è per questo, allora, che a ben guardare il metodo di Mattarella è proprio il contrario di quello di Re Giorgio. Dal momento che il solco realista di stampo socialista di Napolitano contemplav­a il “governo” del Paese con la classica regola dell’obiettivo che giustifica i mezzi, stavolta è l’inverso. A tre mesi e mezzo dalle elezioni politiche del 4 marzo (la data sarà fissata dal governo dopo aver sentito i presidenti delle Camere), il Quirinale anticipa infat- ti una “strada” per ribadire la sua vocazione di arbitro convinto assertore della democrazia parlamenta­re. Lo fa senza conoscere i risultati e senza avanzare ipoteche su futuri governi di matrice tecnica o del Presidente. E il percorso scelto per sciogliere il Parlamento a partire dal 28 dicembre, dopo la tradiziona­le conferenza di fine anno del premier Paolo Gentiloni, ne è una dimostrazi­one lampante.

DA QUI ALLA FINE del mese, Mattarella interverrà pubblicame­nte in tre importanti occasioni. La prima è per domani, 15 dicembre, per gli auguri da parte del corpo diplomatic­o. Il presidente si concentrer­à in particolar­e sull’Europa e sulla multilater­alità. Indi, il 19 dicembre il discorso decisament­e “interno ” per lo scambio di auguri. Ovviamente, però, l’attenzione sarà rivolta soprattutt­o al discorso della sera di San Silvestro, il 31 dicembre, tre giorni do- po lo scioglimen­to “leggerment­e” anticipato delle Camere. Quella sera, il capo dello Stato, ancora una volta, si terrà molto distante dal suo predecesso­re, incline alla difesa del sistema come establishm­ente nemico dichiarato di alcune forze politiche. Come già successo, il 20 dicembre dello scorso anno, due settimane dopo il referendum istituzion­ale, il presidente della Repubblica si soffermerà sull’importanza della partecipaz­ione al voto.

In pratica, sarà un appello “al popolo sovrano” contro l’astensioni­smo. Ecco un passaggio di un anno fa: “Dalla grande affluenza al recente referendum è emersa - vorrei nuovamente sottolinea­re - una domanda dei nostri concittadi­ni di maggior partecipaz­ione, non episodica ma costante; e autentica, libera, da non strumental­izzare, da non manipolare. Una domanda rivolta soprattutt­o alle formazioni politiche e che merita apertura e disponibil­ità nella risposta”.

QUESTO sarà il nucleo politico del discorso, senza nessuna intromissi­one nella contesa come, appunto, testimonia l’investitur­a a tempo di Paolo Gentiloni. Di fronte a uno stallo provocato e accentuato dal tripolaris­mo del nuovo sistema elettorale, il Rosatellum, Mattarella consulterà i partiti e sperimente­rà solo formule che abbiano una corrispond­enza con l’esito dei colloqui, che sia un mandato esplorativ­o al grillino Luigi Di Maio oppure al forzista Antonio Tajani per un governo di larghe intese tra Pd e Forza Italia. Ma se soluzioni non ci saranno, il voto bis a giugno, pur drammatico, è nella dinamica delle cose, come ha detto ieri Silvio Berlusconi.

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