E il governatore molla l’enfant prodige della Fgci
Gatti abbandonato da (quasi) tutti per le dubbie operazioni della finanziaria regionale
ATorino
il mondo politico, quello legato alla tradizione del Pci e del Pds, è stupito. Sergio Chiamparino, invece, sembra averlo scaricato. In tanti non riescono a credere che Fabrizio Gatti, 56 anni, uomo cresciuto tra i comunisti e poi diventato un manager stimato e spesso nominato dalla politica, possa aver compiuto operazioni come quelle denunciate alla Procura di Torino: 45 milioni di euro di soldi pubblici, quelli della società regionale Finpiemonte, versati in un fondo ad alto rischio nella banca svizzera Vontobel e altri sei milioni di euro “bonificati” a società senza rapporti con la finanziaria.
NON RIESCONO a crederlo perché Gatti è stato un enfant prodigedella politica torinese, il giovane di belle speranze su cui puntavano i dirigenti del Pci negli anni Ottanta, persone del calibro di Chiamparino e di Piero Fassino, e maestro per molti della generazione successiva, come il senatore Stefano Esposito e l’ex consigliere comunale Luca Cassiani: “Ne rivendico ancora l’amicizia – dice quest’ultimo – e non penso sia possibile che abbia fatto questo”. Esposito aggiunge: “È come un soldato asburgico col chiodo in testa, rigorosissimo. Lo conosco da 35 anni e questa storia non la capisco”.
Politico e manager rigoroso, dunque. Gatti viene da Torre Pellice, località delle valli valdesi. Lui rivendica molto questo aspetto: proviene da una famiglia della borghesia protestante, suo padre è stato rettore dell’università Ca’ Foscari di Venezia, sua madre di cognome fa Geymonat, come il filosofo e matematico Ludovico di cui è parente. Da ragazzo ha studiato al liceo classico “Massimo D’A z eglio” di Torino, da cui sono passati molti intellettuali. Nei primi anni Ottanta milita nella Federazione giovanile comunista italiana, di cui è un dirigente, responsabile degli studenti medi, componente della segreteria nazionale e candidato alla successione di Pietro Folena, ruolo che rifiuta (e assunto poi da Gianni Cuperlo). Nel 1985 viene eletto consigliere comunale per il Pci insieme a Fassino e a Domenico Carpanini, colui che nel 2001 doveva diventare sindaco di Torino se non fosse stato stroncato da un ictus in campagna elettorale.
CARPANINI era il vicesindaco di Valentino Castellani, eletto nel 1993, anno di cambiamenti dopo la stagione di “Mani pulite”, autore di un progetto politico che non piace a Gatti, motivo per cui lascia la politica dopo l’esperienza in consiglio comunale. Diventa imprenditore e consulente per enti pubblici e aziende private. Nel frattempo ottiene qualche nomina pubblica, prima come consigliere nell’Azienda acque metropolitane che ora si chiama Smat e poi in Expo2020, che gestiva padiglioni espositivi al Lin- gotto. Entra anche nella galassia del Gruppo Gavio, in cui lavora adesso. Nel 2010 il Pd al Consiglio regionale lo vuole come vicepresidente di Finpiemonte in quota minoranza e nel 2012, quando il presidente Massimo Feira si dimette per un’inchiesta, il governatore leghista Roberto Cota lo lascia al vertice perché le sue doti sono apprezzate anche dal centrodestra. In molti ora stentano a credere che lì, all’apice, possa essersi messo nei guai per un affare privato gestito male. La Procura intanto indaga contro ignoti per peculato dopo la denuncia del suo successore, Stefano Ambrosini, appoggiato da Chiamparino. Ieri in consiglio regionale è intervenuto sulla vicenda senza usare troppe sfumature nei confronti di un uomo su cui molto aveva scommesso, un manager da lui molto ascoltato.