Zonin mette nei guai Visco “Parlammo di Veneto Banca”
Popolare di Vicenza L’ex dominus nega ogni responsabilità per il fallimento ma ammette che Bankitalia lo appoggiò per la fusione con l’istituto di Consoli
Durante i 33 giorni di pontificato di Albino Luciani, il giornale satirico Il Male fece appena in tempo a inaugurare una striscia a fumetti, sul modello del Signor Bonaventura, in cui Giovanni Paolo I esprimeva la sua popolarissima e apparente ingenuità in un tormentone un po’ blasfemo: “Mi no so proprio un bel niente, sono il Papa deficiente”. Gianni Zonin, padre padrone della Popolare di Vicenza per un ventennio, ieri ha sfidato la pazienza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche recitando alla grande la parte dello svanito di testa. Alla galleria di mostri collezionata dalla commissione si è aggiunta così la figura del banchiere deficiente.
TOCCA AL RENZIANO Matteo Orfini la sintesi finale: “Abbiamo audito una specie di passante che per vent’anni non si è occupato di nulla se non di assumere l’ex capo della segreteria del governatore della Banca d’Italia”. Infatti in una selva di “non ricordo” e “non me ne occupavo io”, Zonin si è ricordato solo che fu l’ambasciatore italiano a Washington Sergio Vento a consigliargli l’assunzione di Giannandrea Falchi, appena andato in pensione, per tenere i rapporti con la vigilanza bancaria. “Mi aspettavo che mi dicesse grazie”, ha sferzato il deputato Gian Pietro Dal Moro (Pd) che lo incalzava sull’op p or t un it à delle porte girevoli tra banche e vigilanza, “mica potevo mettere un cassiere a fare cose così importanti”. Zonin è così, smemorato ma arrogante, con l’aria di quello che si sente ancora il banchiere più amato dalla Banca d’Italia e che non ha niente da temere dal rituale processo per ostacolo alla vigilanza iniziato a Vicenza due giorni fa. Come ha dimostrato attribuendo la rovina della Popolare Vicenza a Francesco Iorio, l’uomo scelto da Palazzo Koch a giugno 2015 con lo scopo evidente di salvare l’amico Zonin: “Ha contribuito molto al disastro della nostra banca”.
Eppure, nell’abile slalom tra le domande, a un certo punto Zonin ha inforcato, come si dice in gergo sciistico. È stato quando Carlo Sibilia (M5S) gli ha letto il verbale di interrogatorio dell’ex numero uno di Veneto Banca Vincenzo Consoli, anche lui imputato per ostacolo alla vigilanza. I lettori del Fattoconoscono la storia. Consoli racconta che il 19 dicembre 2013 il capo della Vigilanza Banki- talia Carmelo Barbagallo gli ordina in modo perentorio di fondere la sua banca con la Popolare di Vicenza e lo costringe ad annullare un suo viaggio natalizio a Barcellona per andare subito a trattare con Zonin. Il quale, racconta Consoli, gli dice che la fusione si fa alle sue condizioni perché ha dalla sua parte il governatore Ignazio Visco, con cui ha parlato a lungo.
Zonin non nega l’incontro avvenuto infatti il 27 dicembre 2013, si contraddice so- stenendo che il discorso era avviato da tempo ma poi giurando che la trattativa è durata cinque minuti si sono mandati al diavolo e hanno cenato parlando d’altro. “Ho visto che non c’era un’intenzione seria”. In cinque minuti. Ma quando Sibilia gli chiede conto delle telefonate con il governatore e con Barbagallo sulle acquisizioni di Veneto Banca e di Etruria, Zonin cerca una via d’uscita impervia: “Su argomenti così importanti non rammento che si parlasse al telefono, non avevo accesso a chiamare il governatore al telefono. Se c’era una cosa importante la facevo di persona. Non lo escludo ma non lo rammento, ma per come ragiono sarei venuto a Roma”.
SIBILIA LO INCALZA: “Le i dunque ha incontrato Visco a Roma per Etruria o Veneto Banca?”. Lo smemorato rispose: “Etruria no, Veneto Banca può essere. Ho bisogno delle agende, non è che ricordo tutto. Negli anni del- la mia presidenza ho incontrato due volte Visco, una volta Draghi”. “Su quale argomento?”. “Non me lo ricordo, può essere Veneto Banca”. Zonin ammette che la fusione tra Vicenza e Veneto Banca era auspicata e condivisa da Bankitalia, ma che Visco non gli ha mai dato ordini.
È ancora Orfini, evidentemente soddisfatto di una giornata positiva per l’offensiva renziana contro la Banca d’Italia, a chiudere il cerchio: “L’unica cosa interessante che ha detto è che non ha subito pressioni da Bankitalia, ma non ha voluto smentire che altri ne abbiano subìte, perché sul punto si è rifiutato di rispondere”.
Domani la commissione sentirà Consoli, come Zonin imputato per ostacolo alla vigilanza (ma non di reati riferibili alla distruzione delle banche che guidavano). Per la Banca d’Italia la commissione d’inchiesta è ormai una via crucis quotidiana.
La vicenda
Il banchiere non smentisce che nel 2013 il collega fu costretto dalla vigilanza a trattare con lui Abbiamo audito una specie di passante che per vent’anni non si è occupato di nulla se non di assumere l’ex capo della segreteria del governatore di Bankitalia MATTEO
ORFINI