Il Pd “ubriaco”: persino il vino è del partito
C’era un tempo in cui al ginnasio – che naturalmente si chiama Virgilio – gli studenti che dovevano imparare la pronuncia della “ypsilon” in greco evocavano l’osteria “Scudèla”. Suono familiare, perché Mantova stessa è definita “una scodella”: i suoi 49 mila abitanti ci stanno tutti in poco più di 63 chilometri quadrati (contro i 200 della vicina Verona, per dire). Misura per misura, il gioiello del Rinascimento è uno scrigno in miniatura: quattro strade nel centro storico, un capolavoro a ogni angolo. La città deve il suo splendore ai Gonzaga, che qui chiamarono Andrea Mantegna e Leon Battista Alberti, per citare i più famosi tra gli artisti di corte. E poi? Partiamo da piazza Virgiliana dove, sotto la statua del poeta, negli anni del Dopoguerra i ragazzini giocano al “balon”. C’è anche Roberto Colaninno, poco dotato con i piedi e, si dice, non proprio un brillantone. Ma la storia del ragioniere che passa per Olivetti, Telecom, Piaggio, Alitalia (scampando ad alcune bufere giudiziarie) è destinata indagato il sindaco. Basterebbe questo per comprendere quanto gli interessi a Mantova incrocino le strade del Pd.
TORNIAMO A NEGRINI e alla Bottardi. I due, infatti, hanno ben altre cose in comune. Francesco Negrini attualmente è presidente di Tea Acqua, una costola della società partecipata del comune Tea spa. Acqua e vino, dunque. Sabrina Bottardi, invece, è la moglie di Massimiliano Ghizzi, presidente di Tea Spa, nonché tesoriere del Pd locale. Matassa strana quella del potere qui a Mantova. La stessa Bottardi si è resa, recentemente, protagonista di un episodio curioso ma emblematico. Lei, residente in una zona poco fuori città, ha applaudito a una piccola deli- a smentire i maligni. Ha due figli, Matteo e Michele: il secondo è amministratore delegato di Immsi, la holding di famiglia, il primogenito ha scelto la politica. Scoperto da Walter Veltroni, è stato responsabile economico del Pd, ma anche vicepresidente della Piaggio e consigliere di Immsi, attraversando senza scomporsi i conflitti di interesse ai tempi in cui il padre era presidente di Alitalia. Restiamo in piazza Virgiliana, dove ha casa Emma Marcegaglia: figlia di Steno, bera di giunta che dispone l’acquisto di un pezzo di strada da privati. Nulla di male, se non fosse che quel piano era stato bocciato addirittura nei primi anni Novanta perché, acquistando, il Comune avrebbe dovuto sobbarcarsi tutti gli oneri di urbanizzazione. Nulla si è fatto fino a pochi giorni fa. Poi la giunta Palazzi ha deliberato. La Bottardi festeggia? Strano si è domandato qualcuno, poi ha capito: la signora abita nella strada di cui alla delibera. Ma torniamo a Tea acque.
QUI L’ASSETTO sociale è singolare. All’interno, infatti, compare un socio privato. Particolare opaco, dopo il referendum sull’acqua pubblica. Ma andiamo avanti. Il 40% è della privata Acque della concordia. Di questa il 49% fa capo a Cpl Concordia, la coop rossa dell’energia che ha incrociato l’inchiesta su Consip. Rieccoci, allora, a Mantova, precisamente a Palazzo Te. Qui nel dicembre 2015 va in scena una festa. Party privato, la cui organizzazione porta il logo della Fachiro design, società di Amedeo Palazzi, fratello, si ricordi, del sindaco. Conflitti reali? Nessuno all’apparenza. Ma il buon Mattia passa comunque per un saluto al festeggiato Stefano Arvati, presidente di Renovo spa. La festa poi prosegue. Dovrebbe finire alle 2 del mattino. Gli ultimi ospiti, invece, lasciano Palazzo Te all’alba.
self-made man dell’acciaio, è stata presidente degli industriali e oggi dell’Eni (coincidenze: il fratello patteggiò una condanna per tangenti nella vicenda Eni power). Di Emma sono famosi il carattere (“piccola Thatcher”, uno dei soprannomi) le gambe (secondo Cesare Lanza il sesto paio più bello d’Italia) e la passione per gli orologi. Anche per creme e maquillage: capita d’incontrarla in corso Umberto I, nella profumeria di gran lunga più chic di una città dove le profumerie sono la categoria commerciale più rappresentata (forse per reazione: in provincia si allevano 1,3 milioni di maiali, tre per abitante). Lì un tempo si poteva vedere anche l’elegantissima signora Luisa Levoni staccare assegni a sei zeri (ante euro). E così torniamo ai “mai ali”: il simbolo dell’azienda è un porcellino volante che si deve a un premio conquistato da Ezechiello Levoni a Londra nel 1913 per un salame ungherese. I concorrenti dicevano che avrebbe vinto solo quando ai maiali sarebbero spuntate le ali. Nel 2015 il gruppo Levoni ha fatturato 250 milioni. E questi sì, sono euro.