Il “re” Froome è positivo: il ciclismo ha il fiato corto
Il vincitore dell’ultima Vuelta (e del Tour) sotto accusa per un rimedio contro l’asma che ha però effetti anabolizzanti
Salbutamolo in eccesso. Il doppio di quello consentito. Anche la star numero uno del firmamento ciclistico mondiale finisce nella rete dell’antidoping. Chris Froome, 32enne anglo-keniano, quattro volte vincitore del Tour nonché autore della storica doppietta con la Vuelta, proprio quest’anno, è incappato in un controllo che ha rivelato un uso eccessivo della sostanza, un banale broncodilatatore usato per curare l’asma, ma che in forti concentrazioni ha effetti anabolizzanti, dunque vietati.
Dopo Petacchi (Giro 2007) e Ulissi (Giro 2014), incappati nella trappola dei “puff” esagerati, il ciclismo è ancora nella bufera. Ma fino a un certo punto. Perché nel tormentatissimo mondo dei pedali le regole ci sono apposta per essere aggirate. “Sono asmatico e l’uso di tale prodotto per gli asmatici è consentito”, si giustifica il filiforme inglese. La presenza nei test di 1000 ng/ml (nanogrammi/ ml) indicherebbe un’assunzione non via spray, consentita sotto quel limite. Ma, se sei asmatico “certificato” con tanto d’esenzione puoi inalare 1600 mcg/ ml ( microgrammi/millilitro) nell’arco delle 24 ore.
Ergo, ecco pronta la scappatoia: dimostrare attraverso un ’ indagine farmacocinetica l’involontarietà dell’assunzione. Il limite sarebbe stato sforato, ma per effetto della cura. Doping involontario, dunque. Punibile an- che con semplice ammonizione. “Esistono prove che dimostrano variazioni significative e imprevedibili nel modo in cui il salbutamolo viene metabolizzato”, recita un comunicato della Sky.
Ma non è la prima tempesta doping per il “keniano bianco”. Per il francese Antoine Vayer, tecnico ciclistico di primissimo piano, quelle sue “frullate” a ritmi asfissianti in salita sarebbero più che sospette. Si può passare da 19 e 32 all’ora sulle pendenze del Mont Ventoux al Tour 2013, pedalando a oltre 110 rivoluzioni al minuto, senza che il cuore superi i 158 battiti? Roba da marziani, per Vayer. Altro che marginal g ai ns , guadagni marginali, secondo la teoria di Dave Brailsdford, deus ex machina della squadra d’oltre Manica. I social alimentarono addirittura i sospetti di un piccolo motore nascosto nel telaio, la nuovissima frontiera dell’imbroglio in bici.
Sistema imperfetto
È il meccanismo autoreferenziale dei controlli a permettere lo slalom tra i regolamenti
DELLE MALATTIE DI FROOME, un autentico campionario (almeno cinque quelle denunciate: dalla schistosomiasi parassitaria al tifo, all’orticaria, all’asma), si erano occupati gli hacker russi di Fancy Bear rivelando, attraverso documenti sottratti alla Wada, l’agenzia antidoping mondiale, come fra il 2013 il 2014 avesse ottenuto esenzioni terapeutiche per il triamcinolone, potente cortisonico antidolorifico. Con l’avallo dell’allora capo dei medici Uci, Mario Zorzoli. Le stesse esenzioni, erano state ottenute da un’altra ex star di Sky, il 5 volte iridato Bradley Wiggins, il popolare “baro- netto” messo sotto inchiesta (e assolto per mancanza di prove) dall’agenzia antidoping inglese. Solo marginal gains? Per non dire del supporto in squadra fino al 2012 di un medico belga, Geert Linders, radiato a vita nel 2015 per vicende doping.
Quanto al mondo dello sport, oggi indignato, c’è da chiedersi come mai al Tour che dice di fare una lotta al doping spietata non si sono accorti di nulla. Forse che l’asma di Froome non c’era allora?
Insomma, facendo lo slalom fra i regolamenti, per Froome si trovano mille scappatoie. Sono gli effetti di un meccanismo di controllo mondiale del tutto autoreferente che mostra solo un’efficienza di facciata. Ovvero: sono gli esiti (scontati?) dello sport che legifera, controlla e sanziona se stesso.