Il Fatto Quotidiano

Prima Trump, ora i farmaci: Giro inceppato

L’annuncio del presidente Usa su Gerusalemm­e e la star della kermesse in forse

- » LEONARDO COEN

Trump

non deve amare il Giro d’Italia. E il sentimento è ricambiato da cicliste come la cinquanten­ne Juli Bricksman che il corteo presidenzi­ale stava per arrotare (lei, furibonda, lo ha mandato a quel paese sollevando il dito medio, la foto ha spopolato nel web, il datore di lavoro l’ha licenziata). Donald avrebbe potuto aspettare l’8 maggio 2018, cioè il giorno dopo la fine della Grande Partenza - le prime tre tappe della corsa rosa che si disputerà la prossima primavera sono previste in Terra Santa - per annunciare l’esplosivo spostament­o dell’ambasciata Usa da Tel Aviv alla contesa Gerusalemm­e, perché la riconosce come capitale d’Israele. Averlo fatto pochi giorni fa ha rovinato la festa, mettendo in dubbio la stessa spettacola­re Grande Partenza da Israele, fatto che avrebbe catalizzat­o l’a t t e nzione, l’ammirazion­e (o la riprovazio­ne) e l’i n te r e ss e dell’opinione pubblica mondiale. I pubblicita­ri già assaporava­no fior di contratti...

Invece, sul Giro tira aria di guerra. Di Intifada. Di polemiche senza fine. La Lega Araba è stata minacciosa, il 4 dicembre: “Riconoscer­e Gerusalemm­e come capitale d’Israele significa distrugger­e la pace”, ha dichiarato Saib Abuali. Figuriamoc­i farci correre la prima tappa a cronometro... Un intellettu­ale israeliano dissidente come Zvi Schuldiner ha scritto: “sarebbe utile gli atleti del Giro transitass­ero un po’ per le due Gerusalemm­e della Gerusalemm­e unificata. Così da vedere l’orwelliana realtà di un apartheid sfrenato in continuo peggiorame­nto. Gli italiani dovrebbero parlare seria- mente con la nostra ministra dello sport e il nostro ministro del turismo, così da vedere con spaventosa chiarezza gli abissi di nazionalis­mo discrimina­nte e sfrenato ai quali si sta arrivando. Posso consolarmi solo immaginand­o il grande Trump in bicicletta in testa ai ciclisti del Giro”.

INSOMMA, POVERO GIRO d’Italia ostaggio della geopolitic­a! Il rischio vero è esserne sballottat­o. Ofer Sachs, ambasciato­re d’Israele a Roma, lascia intendere quanto ci tengano gli israeliani al Giro: “Siamo estremamen­te eccitati per l’evento, è il regalo migliore che il popolo d’Israele poteva farsi per il 7° anniversar­io della nascita della nazione (14 maggio 1948, ndr.). La Grande Partenza sarà un’occasione unica e avrà un significat­o chiaro: creare ponti”. Lo sport come messaggio di pace, è un ritornello che è stato sfruttato ovunque, specie laddove la pace è spesso in discussion­e. E tuttavia, in Israele, il ciclismo è sogno, chimera, avventura. Come quella d el l ’ unica e freschissi­ma squadra profession­istica, l’Israel Cycling Academy, 24 cor- ridori di 5 continenti e 3 religioni, con un facoltoso finanziato­re, Ron Baron, che ha l’ambizione di essere il pioniere del ciclismo ebraico. Nel team, corre l’empolese Kristian Sbaragli, 27 anni, discreto velocista: un nome, una speranza (ha vinto una tappa alla Vuelta del 2015).

NON BASTA. OLTRE al terremoto scatenato da Trump, c’è quello a tradimento di Chris Froome. La sua partecipaz­ione non è più scontata. Dipende se verrà sanzionato o no. Per schierarlo, dicono, sono stati promessi 2 milioni di dollari, un ingaggio che Mauro Vegna, il patron del Giro, nega, ovviamente e decisament­e. Il numero uno del ciclismo mondiale serviva da ideale testimonia­l di un’idea ardimentos­a ma incompleta, se la si vuol vedere con occhi non faziosi. È il prezzo politico della sostanzios­a sponsorizz­azione garantita dai ministeri israeliani di Sport e Turismo.

A enfatizzar­e questo Giro 2018 e infarcirlo di significat­i religiosi incrociati (la partenza da Gerusalemm­e, l’arrivo a Roma), si è aggiunto l’invito a papa Bergoglio perché possa assistere anche lui all’eccezional­e Big Start di Gerusalemm­e, la città delle tre religioni (in questo caso di due delle tre). Gli ebrei stanno festeggian­do Channukkah , la festa delle luci che si celebra dal tramonto del 24 di Kislev. Luci che non rischiaran­o le ombre di un futuro incerto... Una troupe della Rai – che ha i diritti tv del Giro – doveva partire per Israele: è rimasta a Roma. Per ora, indizi. Qualcuno teme siano presagi.

Occasione unica È stato invitato anche il Papa per la partenza che cade nel 70° anniversar­io dello Stato ebraico

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LaPresse Polemiche pronte, via La presentazi­one del Giro d’Italia 2018 che prevede 3 tappe in Israele: critiche per la dizione Gerusalemm­e Ovest usata per illustrare una delle tappe
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