Il Fatto Quotidiano

Erdogan “pifferaio magico” dei musulmani anti-Israele

Il presidente ripete il mantra che piace all’Islam: “Gerusalemm­e est ai palestines­i”

- » MARCO BARBONAGLI­A

Il summit dei Paesi islamici si apre con una preghiera, poi Erdogan parte subito all’attacco: “Bisogna riconoscer­e Gerusalemm­e occupata come capitale della Palestina. Invito tutti gli stati che difendono il diritto internazio­nale a farlo”.

Quindi il presidente turco rivolge parole durissime a Israele, definendol­o “uno stato terrorista che uccide e imprigiona i bambini”. E nel dire questo, Erdogan mostra la foto, divenuta virale nei giorni scorsi, del ragazzino bendato (Fawzi al Junaidi, 16 anni) circondato da soldati israeliani.

Alla fine dei lavori i 57 Paesi dell’ Organizzaz­ione della cooperazio­ne islamica, riuniti ad Istanbul, hanno dichiarato Gerusalemm­e est capitale della Palestina e invitato le altre nazioni a seguire il loro esempio. E hanno definito la decisione di Trump di riconoscer­e, invece, la città come capitale di Israele irresponsa­bile, illegale, unilateral­e e lo Stato ebraico una potenza occupante.

DAGLI USA, intanto, è arrivata la precisazio­ne – lo ha detto il segretario di Stato Rex Tillerson – che per spostare l’ambasciata a Gerusalemm­e ci vorranno almeno 3 anni. Non potrà, dunque, accadere durante il primo mandato di Trump. Il presidente della Autorità nazionale palestines­e, Abu Mazen, ha sottolinea­to che “i palestines­i d’ora in poi non considerer­anno più gli Stati Uniti come possibili mediatori in un processo di pace” mentre il presidente iraniano Hassan Rohani ha invitato “tutti i musulmani all’unità per la difesa di Gerusalemm­e contro il regime sionista”.

Rohani non ha risparmiat­o una critica ad alcuni Paesi del Golfo (ed in particolar­e all’Arabia Saudita), aggiungend­o che, se Trump ha osato fare questa mossa, è perché alcuni attori della regione hanno mostrato di essere disposti ad avere relazioni con Israele. E proprio l’Arabia Saudita è stata tirata in causa ieri anche dal ministro dell’intelligen­ce israeliano Yisrael Katz che, in un’intervista che getta altra benzina sul fuoco: ha proposto una mediazione di Ryad per la pace tra Israele e la Palestina.

I rapporti tra Ankara e Tel Aviv, che avevano ripreso le relazioni diplomatic­he appena un anno fa, appaiono nuovamente molto tesi. Sono lontani i tempi nei quali la Turchia era il primo Paese islamico (e mediorient­ale) a riconoscer­e lo stato di Israele. Era il 1950 e da allora, per oltre mezzo secolo, Ankara è stata la migliore alleata dello Stato ebraico nell’area.

SEBBENE L’OPINIONE pu bblica si sia spesso schierata dalla parte della causa palestines­e, i governi di diverso colore si sono dimostrati vicini a Tel Aviv. I rapporti commercial­i e strategici sono sempre stati molto buoni e, negli anni 90, si è perfino arrivati, con il governo turco guidato da Tansu Ciller, ad accordi che prevedevan­o esercitazi­oni dell’esercito comuni e scambio di tecnologia militare.

Qualche crepa si era vista nel 2002 quando il premier turco Bulent Ecevit, dopo i bombardame­nti sulla residenza di Arafat, aveva parlato di “genocidio dei palestines­i”. Uno strappo subito ricucito ma, di lì a pochi mesi, dalle urne era uscito vincitore l’Akp di Erdogan, ex-allievo e giovane star del partito di Necmettin Erbakan, storica figura dell’islamismo turco e di certo non un fervente ammiratore di Israele.

Nei primi anni di mandato l’allora premier della Turchia era parso disposto a mantenere buone relazioni con Tel Aviv, per quanto fosse più sensibile alla causa palestines­e dei suoi predecesso­ri (già nel 2006 Erdogan aveva invitato ad Ankara il leader di Hamas, Kaled Mashal).

Ma lo strappo vero e proprio è arrivato nel 2010 quando la nave turca Mavi Marmara ha tentato di forzare il

Bisogna riconoscer­e Gerusalemm­e occupata come capitale della Palestina

RECEP T. ERDOGAN Invito tutti i musulmani all’unità per la difesa di Gerusalemm­e contro il regime sionista HASSAN ROHANI

RECEP T. ERDOGAN

È fuori questione d’ora in poi che i parziali Stati Uniti siano mediatori tra Israele e Palestina: quel tempo è finito

blocco navale imposto a Gaza dall’esercito israeliano che, con un blitz, ha provocato la morte di una decina di attivisti turchi. La rottura dei rapporti diplomatic­i seguita al caso Mavi Marmara non è stata facile da ricucire. E soltanto 6 anni dopo, i rapporti sono ripresi con la nomina di un nuovo ambasciato­re israeliano ad Ankara. Un equilibrio che, a un anno di distanza, appare più che mai fragile.

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A Istanbul i rappresent­anti dei 57 Paesi che aderiscono all’Oic (Organizzaz­ione cooperazio­ne islamica) Ansa
Il summit A Istanbul i rappresent­anti dei 57 Paesi che aderiscono all’Oic (Organizzaz­ione cooperazio­ne islamica) Ansa
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