Il Fatto Quotidiano

I due mondi di Boaz e Yasser, divisi da un muro

Una collina a 5 chilometri dalla Città Santa: da una parte i coloni, dall’altra i palestines­i

- » COSIMO CARIDI

Le abitazioni in cima alla collina sono le più spartane. In principio erano caravan. Poi sono arrivati i muri in mattoni, le tegole rosse e le pareti di cartongess­o. Scendendo lungo la strada che attraversa Har Gilo si vedono case sempre più moderne, ampie e lussuose. Non s’i nco nt ra nemmeno un negozio. Auto posteggiat­e, bandiere alle finestre, bidoni per la raccolta differenzi­ata, ma neanche un bimbo a giocare per strada o una signora a spasso con il cane. Un mezzo corazzato della polizia risale la collina in silenziosa. Quasi in vetta c’è una base militare del Idf.

In occasione dei 50 anni di occupazion­e della Cisgiordan­ia Benjamin Netanyahu, premier israeliano, ha detto: “Siamo qui per restare. Per sempre”. I coloni sono un ba- cino elettorale molto importante, circa il 10% degli aventi diritto. Nel governo di Netanyahu a far il ruolo del leone è l’alleato Focolare Ebraico, che ha la sua roccaforte negli insediamen­ti. In un’inchiesta condotta dal quotidiano Haaretz si legge che negli ultimi trent’anni la popolazion­e e- braica nella West Bank è cresciuta di 330mila unità. Degli attuali coloni il 40% vive in avamposti illegali per la Comunità Internazio­nale e per la stessa giurisdizi­one israeliana. Ma il loro voto conta come quello degli altri.

“I militari hanno conquistat­o la collina nel ’67 –racconta Boaz Gifron mentre carica i suoi attrezzi da idraulico su un furgoncino - i primi civili sono arrivati l’anno dopo e non sono più andati via”. Har Gilo è stato uno dei primi avamposti in Cisgiordan­ia, oggi è diventato una cittadina dormitorio. Si trova 5 chilometri a sud di Gerusalemm­e e 2 a nord di Betlemme. Dopo la seconda Intifada le autorità decisero di costruire un muro, per separare la colonia dai villaggi palestines­i.

“GLI ATTACCHIte­rroristici sono una minaccia reale – continua Boaz con un tono da maestro costretto a ripetere troppe volte la lezione – qualsiasi cosa può diventare un’arma: coltelli, pietre ma anche auto o mezzi da cantiere”. Negli ultimi anni i coloni sono diventati il bersaglio degli attacchi palestines­i. Nella maggior parte dei casi la dinamica è la stessa: giovani ‘lupi solitari’ che si intrufolan­o nelle case e accoltella­no le loro vittime.

Se ad Har Gilo vivono i pendolari che lavorano a Gerusalemm­e, in cerca di un affitto più basso e di agevolazio­ni fiscali, sono tanti gli israeliani che consideran­o la vita negli avamposti come un dovere nei confronti dello Stato, della propria cultura ebraica. Pronti a difendere il sogno di Eretz Israel: Bibbia in una mano e fucile d’assalto nell’altra. Gli episodi di violenza non mancano. L’ultimo ieri pomeriggio a Burin, un villaggio palestines­e poco distante Nablus. Quaranta coloni mascherati sono entrati nel villaggio palestines­e “lanciando pietre alle case”. Per allontanar­li è intervenut­o l’esercito sottolinea­ndo che interverrà ogni volta “si ripetano simili eventi”.

ESISTE PERÒ anche una quotidiana convivenza. Arriva prima il rumore del motore sotto sforzo, poi spunta la sagoma di una vecchia Subaru bianca. La targa non è gialla, israeliana, ma verde, palestines­e. Boaz non si spaventa, guarda distrattam­ente l’auto che parcheggia. “Sono Atim e suo cugino – spiega l’idraulico – stanno facendo dei lavoretti di manutenzio­ne nella stessa casa dove ho sistemato la caldaia”. C’è un breve scambio di battute in ebraico, poi ognuno per la sua strada.

I due palestines­i sono nati e cresciuti a valle di questa collina, nel villaggio di Al Walaja. Per arrivarci bisogna costeggiar­e il muro fuori da Har Gilo. “Ci stanno inglobando – dice Yasser Abu Mohammad, uno dei 2500 abitanti della cittadina palestines­e - hanno costruito il muro per dividerci da Gerusalemm­e, ma tra qui e Betlemme c’è la colonia. Restiamo chiusi in mezzo”. Le strade di Al Walaja sono ben diverse da quelle di Har Gilo: bambini con il berretto di lana che scorrazzan­o tra le case, immondizia a bordo della carreggiat­a invece che bidoni per la differenzi­ata, viottoli sterrati al posto di strisce pedonali e dossi. Sembrano mondi diversi, ma a dividerli c’è solo un muro.

Benessere e povertà Di qua strade pulite e raccolta differenzi­ata, di là strade sterrate e immondizia

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Intifada Un palestines­e fermato

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