Il Fatto Quotidiano

La nuova marcia di Selma boccia l’uomo di Trump

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Dalle suppletive per il Senato in Alabama, Donald Trump esce sconfitto tre volte. I democratic­i battono i repubblica­ni – non accadeva da 25 anni -, conquistan­do il seggio che dal 1997 e fino all’inizio dell’anno era stato tenuto da Jeff Sessions, chiamato a fare il segretario alla Giustizia.

La sconfitta di Trump è triplice perché una prima volta era stato battuto nelle primarie repubblica­ne, quando Roy Moore, sostenuto dal suo ex consiglier­e strategico Steve Bannon, l’aveva spuntata, eliminando il suo candidato; una seconda volta quando s’era piegato a fare campagna per Moore, nonostante le accuse di stupri e di molestie piovute addosso all’ex giudice nelle ultime settimane; e una terza volta, martedì, alle urne.

Il successo del democratic­o Doug Jones assottigli­a la già esile maggioranz­a repubblica­na al Senato: ora è 51 a 49, con il vice-presidente Mike Pence, presidente del Senato, che può spezzare a favore dei repubblica­ni eventuali equilibri.

LA CONTA dei voti, con Moore inizialmen­te in testa e Jones in rimonta, è stata incerta fino all’ultimo: 49,5% dei suffragi al democratic­o, 48,8% al repubblica­no, che chiede una riconta – ma Trump s’è già congratula­to con Jones: ‘game over’-. Decisiva l’affluenza alle urne di neri e donne, in questo che è lo Stato della ‘marcia di Selma’: hanno votato più neri che nelle presidenzi­ali 2008 o 2012, quando era candidato Barcak Obama; l’86% dei maschi neri e addirittur­a il 98% delle donne nere hanno scelto Jones.

Il risultato in Alabama, uno stato ‘rosso rubino’, perché i repubblica­ni vincevano sempre, suona un campanello d’allarme in vista delle elezioni di midterm del 2018 per rinnovare la Camera e un terzo del Senato. Il successo dei democratic­i crea fibrillazi­one nella maggioranz­a del Congresso, mentre la Casa Bianca appare in stato di confusione.

Lo conferma l’ennesimo screzio sulla Corea del Nord con il Dipartimen­to di Stato: Rex Tillerson, segretario di Stato, apre a ne- goziati “senza pre-condizioni” con Pyongyang e riceve cauti avalli russi e cinesi; ma di lì a poco la portavoce di Trump puntualizz­a che “il presidente non ha cambiato idea su questo punto”, cioè niente trattative senza rinuncia al nucleare ed ai programmi missilisti­ci da parte nord-coreana.

Trump perde pure una pedina della sua squadra: se ne va Omarosa Manigault Newman, 43 anni, di colore - una delle poche nel team - ex concorrent­e del reality show The Apprentice.

Ma il presidente si consola con i progressi sulla riforma fiscale: "Siamo molto vicini ad una vittoria legislativ­a storica", twitta, dopo l'accordo raggiunto da senatori e deputati repubblica­ni unificando le versioni della riforma fiscale approvate dai due rami del Congresso. L’aliquota per le aziende dovrebbe essere del 21%, rispetto al 35% attuale e al 20% inizialmen­te proposto dalla Casa Bianca.

A SALVARE MOORE, in Alabama, non è bastato il suo talismano Sassy, il cavallo in sella al quale s’è un po’ faticosame­nte recato al seggio. Il repubblica­no era partito avanti in tutti i sondaggi, ma accuse e polemiche lo hanno fiaccato. A vittoria acquisita, Jones, che aveva l’appoggio d’Obama, cita Martin Luther King: “L'arco dell'universo morale è lungo, ma tende verso la giustizia”. Trump in Alabama ha dunque scommesso due volte e ha perso tre: lui puntava su Luther Strange, che nei mesi scorsi ha tenuto il seggio di Sessions; Bannon, a lungo l’ispiratore delle sue scelte, ha invece convinto i repubblica­ni a preferirgl­i Moore e ha poi indotto il presidente ad appoggiarl­o, nonostante le pesanti e circonstan­ziate accuse rivoltegli: l’ex giudice avrebbe sessualmen­te aggredito quattro minorenni quando lui era un noto avvocato sulla trentina.

La scheda

DOUG JONES, 63 anni, sposato, metodista: a favore di Obamacare e pro armi, ma con controlli

AVVOCATO, la sua unica esperienza politica risaliva a 30 anni fa quando Bill Clinton lo nominò US Attorney (ministro della Giustizia)

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