Il Fatto Quotidiano

“Arrivai in Rai e dissero: ma questa è una donna!”

- » SILVIA TRUZZI

Dovendo scegliere una parte per descrivere il tutto, qui diremmo che Elda Lanza è più di ogni altra cosa una voce. Nel senso più letterario del termine (tra le tante cose è stata giornalist­a ed è scrittrice molto attiva) e nella più prosaica accezione di “timbro possente“: “Le donne della mia età hanno voci tremule o stridule. Mi è toccata in sorte una voce che si fa sentire. Sono nata a Milano per caso: la mia famiglia materna è del Sud, da Napoli in giù. Io mi sento siciliana perché la mia nonna era siciliana. Ho passato tanto tempo con lei, soprattutt­o durante la guerra. Mi ha insegnato a leggere e a leggere a voce alta per lei: imparando a modulare i toni di voce quando cambiavano i personaggi. Parlando attraverso i personaggi dei libri in quegli anni ho imparato a scrivere, perché ho cominciato ‘a ved er e’ quello che leggevo. Un’ottima palestra per l’immaginazi­one. Adesso che scrivo gialli (per Salani, ndr) mi è molto utile”.

Nel 1946 ha votato?

Sì, avevo appena compiuto 21 anni, la maggiore età dell’epoca. Stavo a Parigi, dove mi ero rifugiata a casa di un’amica che frequentav­a l’università lì, ‘scappando’ dalla mia prima delusione d’amore. Sono rientrata per votare: era un appuntamen­to che non si poteva mancare. E il mio fu un ritorno complicato: ricordo di essere stata disorienta­ta, Milano mi sembrava piccola e provincial­e. A Parigi avevo ascoltato Jean Paul Sartre alla Sorbona e avevo incontrato quella donna alta con il cappottone bianco lungo fino ai piedi e una fascia tra i capelli che distribuiv­a volantini a noi ragazze e ci spiegava quale impegno attendeva le donne. Era Simone de Beauvoir, che ancora non aveva pubblicato Il secondo sesso. Da lei ho imparato che cos’è davvero il femminismo: l’espression­e massima di tutto quello che è femminile, non le ragioni maschili, quello è un altro gioco. Lì ho capito che non dovevamo essere brutte copie degli uomini, non bastava copiare un modello. Anche se era l’unico che avevamo come esempio, bisognava inventare nuove strade. Le nostre.

Tornata in Italia che ha fatto?

Campagna elettorale per il referendum. Andavamo ad appiccicar­e i manifesti che invitavano al voto, stando ben lontane dalle parrocchie perché temevamo che i preti inducesser­o le fedeli a votare per il Re. Anzi: i manifesti per la monarchia, confesso, li andavo a tirar giù dai muri. Davanti alle fabbriche invece ci sgolavamo, cercavamo di convincere le donne a votare. Noi tutte, all’inizio, eravamo perplesse: non capivamo questo nuovo rapporto con i maschi.

Ai tempi potevo sembrare Barbra Streisand in Come

eravamo: una gran testa riccia e i calzettoni spessi sotto la gonna. Una volta un’operaia, che stravolta dalla stanchezza mi guardava come per supplicare ‘fai presto che ho i bambini a casa che mi aspettano’, indicando un uomo, mi disse: ‘ Io faccio lo stesso lavoro di quello ma prendo meno di lui’. Allora ci sembrava normale che gli uomini guadagnass­ero di più per il solo fatto di essere uomini; oggi purtroppo è ancora così, ma almeno sappiamo che è ingiusto e possiamo protesta- re. Con un certo imbarazzo ricordo ancora la mia risposta: ‘Allora impara a fare la pipì in piedi, perché la differenza tra te e lui, in questo lavoro, è solo lì’. Non elegante, mi rendo conto, ma efficace forse sì. Quella frase è diventata un piccolo slogan.

Negli anni Settanta ha partecipat­o al femminismo?

No, mi sentivo troppo adulta per quel genere di cose. All’epoca non condividev­o tutto quel folclore urlato, ora so che è servito alla causa anche con l’ironia dei gesti e degli slogan. La mia generazion­e è cresciuta con l’imperativo dell’ug uaglianza, che è sicurament­e un errore e riguarda la sociologia. Il valore, e non parlo del corpo, sta nelle differenze. Perché dovrei voler essere uguale a mio marito? Nelle nostre diversità siamo una coppia. Il femminismo mal interpreta­to ha confuso anche gli uomini. In pochi anni il loro ruolo, le certezze ereditate come un diritto, tutto è stato completame­nte messo in discussion­e: la rivoluzion­e delle donne è stata complicata anche per loro.

A proposito: ha cominciato a scrivere gialli che hanno avuto molto successo a ottant’anni suonati. Il suo ultimo libro s’intitola Uomini.

Che non è un giallo ma un racconto di vita, una autobiogra­fia di invenzione, straordina­riamente vera. Poco o molto ci siamo dentro tutte, con le nostre aspettativ­e, le nostre illusioni, le nostre sconfitte. Uo

mini è un racconto di donne che puntano il dito, di una mano che trema, verso gli uomini che hanno attraversa­to la loro vita e l’hanno distrutta o immiserita. Non tutti, non sempre e mai allo stesso modo, naturalmen­te: accanto alle lacrime di amori sbagliati, il sorriso di belle e tenere amicizie, vissute anche in lontananza, nei ricordi. Il sottotitol­o La stupidità in amore è una cosa seria rappresent­a una ironica chiave di lettura. I tradimenti, le delusioni, le aspettativ­e mancate, nascono spesso dalla stupidità che paradossal­mente fa rima con felicità. Uomini è un romanzo dedicato alle donne da una donna: che non ha mai pianto.

Riavvolgia­mo il nastro: lei è stata la prima presentatr­ice della television­e, quando ancora la Rai era sperimenta­le, nel 1952: come ci è arrivata?

Scrivevo romanzi a puntate per Bolero film, un periodico Mondadori. Il direttore di Grazia, che era dello stesso gruppo, mi offrì di scrivere per la sua rivista articoli di design e arredament­o, che allora erano argomenti molto in voga. In quelle pagine mi ha trovato Attilio Spiller, direttore della tv sperimenta­le, che un bel giorno mi convoca in corso Sempione. Quando arrivo mi guarda incredulo e sorpreso, e mi dice: ‘Ma lei è una donna!’.

Beh, Elda...

Allora eravamo modesti: si firmava con il cognome e solo l’iniziale del nome. Potevo essere anche Enrico, anzi dato l’argomento forse era più probabile che lo fossi. Comunque m’informo sulle loro necessità e gli spiego, eccitandom­i perché la proposta mi piace, che avrei potuto scrivere i testi, sui temi della casa, per la donna bella e meraviglio­sa che stavano cercando da mandare in onda. Dal fondo della stanza si alza il regista Franco Enriquez, che non conoscevo: ‘Io questa la voglio in video perché parla anche con la faccia. E ha una voce che ti prende qui’, battendosi il pugno sullo stomaco. Ho fatto 14 provini, al punto che non sapendo più di che cosa parlare ripetevo gli esami che stavo preparando a Filosofia. Alla fine mi hanno presa e non mi sono laureata. Facevo trasmissio­ni ‘per signora’, assegnate alla sezione cultura della Rai dove era approdato anche Umberto Eco, assunto in Rai insieme con Furio Colombo per il famoso concorso. Con Eco facevamo interminab­ili discussion­i: non ammetteva che il venerdì pomerig-

Il femminismo mal interpreta­to ha confuso anche i maschi. In pochi anni il loro ruolo, le certezze, tutto è stato completame­nte messo in discussion­e

LA MESSA IN PIEGA NON È TUTTO L’ossessione delle politiche per l’estetica mi infastidis­ce Mi ripugna l’idea di votare qualcuno in base al fatto che sia uomo o donna

UNA FONDAMENTA­LE LEZIONE A PARIGI Da giovane avevo ascoltato Sartre alla Sorbona e incontrato quella donna alta con il cappottone bianco lungo fino ai piedi che distribuiv­a volantini a noi ragazze.... Ci spiegava quale impegno attendeva le donne Era Simone de Beauvoir

gio io parlassi di cucina e di argomenti prettament­e femminili. Era una trasmissio­ne destinata alle donne, a quell’ora soprattutt­o casalinghe: che faccio gli racconto Schopenhau­er?

Ha condotto a lungo anche una trasmissio­ne di libri per ragazzi, giusto? Avventure in libreria, che è stata considerat­a la più bella trasmissio­ne di libri per ragazzi della television­e. Dopo una puntata in cui presentavo un libro di Italo Calvino, ricordo che mi chiamarono in direzione perché avevo una telefonata. Era Calvino che, balbettand­o, si profuse in ringraziam­enti. E io dissi a chi stava con me: ‘ Pensa questo grande scrittore che si emoziona così tanto per una trasmissio­ne!’. Poi m’informaron­o che un po’ balbettava di suo...

Altri programmi?

Dal momento che io non ero affatto inibita dal quel pun- tino rosso che s’illuminava a telecamera accesa, mi facevano fare un mucchio di cose, anche due trasmissio­ni in un solo giorno, passando dalle donne alla politica. dalla rivista alla cronaca. Una volta mi mandarono a intervista­re Totò che era a Milano con uno spettacolo. Alla fine della ripresa, mi guarda e mi dice con tono esasperato: ‘Lei è un mostro’. Avrei voluto sprofondar­e, anche perché eravamo in diretta e ormai, in caso, la frittata era fatta.

Cosa aveva combinato? Niente. Agitandosi Totò mi ha detto: ‘Come si fa a sorridere e parlare davanti a un puntino rosso? Io ho bisogno del pubblico! Un gran- de pubblico’. Che invece a me ha sempre fatto un sacro terrore, tanto che quando nel 1958 mi hanno offerto Sanremo ho detto di no. In q ue ll ’ anno, infatti, con Gianni Agus il festival l’ha presentato Fulvia Colombo. Probabilme­nte oggi ci riuscirei.

A Otto e mezzo ha detto che con lei nessuno si è mai sognato di allungare le mani.

Io ero in una posizione di vantaggio, per quella dimestiche­zza con microfono e telecamera io ero una risorsa per la television­e, per qualche tempo sono stata unica. Su questa faccenda delle molestie vorrei dire che il merito dello scandalo che sta emergendo è che avrà un effetto deterrente. I maschi dovranno tener conto che le donne a quel prezzo non sono più disponibil­i. È terribile pensare che avances non desiderate, molestie e violenze siano considerat­e normali anche in contesti meno dorati, dove le donne sono meno difese, e di cui non si parla affatto. Parliamone, invece. Ha avuto qualche impediment­o per il fatto di essere donna nel suo lavoro? Contempora­neamente al mio lavoro in television­e, dove sono rimasta fino all’inizio degli anni Ottanta, ho fondato una società di comunicazi­one d’impresa: un lavoro da uomini, per il quale avevo scelto dieci donne, a mio parere più adatte degli uomini a seguire i clienti. Un lavoro che mi ha consentito di viaggiare molto e di apprezzare per quasi trent’anni il lavoro di donne anche molto diverse da me. In generale credo di essere stata fortunata, erano tempi di grande crescita e anche questo ha contato. Torniamo un momento all’impegno politico. Sono stata socialista fino a Craxi, poi ho stracciato la tessera. Mi piaceva Berlinguer, dal quale non ho mai sentito pronunciar­e la parola ‘ io’. Diceva sempre ‘noi’. A differenza di Craxi. Mi ha influenzat­o anche il giudizio che di lui aveva Sandro Pertini. Un giorno andai al Quirinale a consegnarg­li una penna che la Waterman aveva creato per lui. Alle 11 aveva l’abitudine di mangiare una mela, che quella volta divise con me parlando di Craxi. Mi sembrò scettico e deluso. Favorevole alle quote rosa?

Contrariss­ima. Non so perché mi fanno venire in mente il gelato... Mi ripugna l’idea di votare una persona in base al solo fatto che sia donna: voto la competenza che riconosco non il sesso, donna o uomo che sia. Aggiungo che quest’ossessione delle politiche e in generale delle donne che fanno mestieri pubblici per l’estetica mi infastidis­ce come l’ostentazio­ne di inutili frivolezze. Nilde Iotti era autorevole e femminile, ha anche sdoganato l’immagine delle donne comuniste che prima erano vissute un po’ come delle virago. Ma il lato femminile non può ridursi alle sedute dall’estetista o della sarta, c’è molto di più. Umberto Veronesi diceva che nei suoi team aveva sempre voluto donne, perché hanno talenti che gli uomini non hanno. E Rita Levi Montalcini citò spesso il proprio intuito. Sulla questione della declinazio­ne al femminile dei ruoli che idea ha?

Io sono commendato­re della Repubblica: a qualcuno potrebbe venire in mente di chiamarmi commendato­ra o commendatr­ice o commendato­ressa? Sono queste le cose importanti? E con astronauta come la mettiamo?

Che pensa della chirurgia estetica?

Tutto il male possibile come dimostrano le mie rughe. Ma ho un viso che si può guardare, anche se non mi sono mai curata in maniera maniacale, convinta come sono che l’importanza stia in quel che ho da dire. Donne che un tempo erano bellissime, oggi sono sfigurate e irriconosc­ibili grazie a punture e lifting. La cosa che mi colpisce di più è la mancanza di rispetto per la propria faccia. È triste no? Per incontrare lei mi sono vestita per presentarm­i al meglio, ma credo di essere qui, a 93 anni, per quel che ho da raccontare non per mostrarle un’altra faccia. Lei si è occupata anche di galateo. Le donne sono ancora eleganti?

Giorgio Armani dice che i cretini non sono mai eleganti. Io dico che i cretini non sono mai educati: per essere malvestiti e maleducati bisogna essere profondame­nte stupidi. Audrey Hepburn è stata l’i co na dell’eleganza della mia generazion­e: perché era una donna speciale, non solo per la sua bellezza. Oggi non credo avrebbe lo stesso successo: era troppo chic. Non sono più tempi eleganti.

La prima presentatr­ice L’esperienza in tv, poi i giornali e i libri:

“Mi è toccata in sorte una voce che si fa sentire”

La questione linguistic­a Sono commendato­re della Repubblica: a qualcuno può venire in mente di chiamarmi commendato­ra? E con “astronauta” come la mettiamo?

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ?? LaPresse ?? Torino 1953 Elda Lanza alla conduzione con Franco Antonicell­i della rubrica “Prego, signora!” che fu una delle prime trasmesse dalla Rai
LaPresse Torino 1953 Elda Lanza alla conduzione con Franco Antonicell­i della rubrica “Prego, signora!” che fu una delle prime trasmesse dalla Rai

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy