Il Fatto Quotidiano

INTERCETTA­ZIONI, LA RIFORMA VIOLA LA COSTITUZIO­NE

- ANTONIO ESPOSITO

Alcuni giorni orsono, il Governo ha dato il via libera al testo definitivo sulla riforma delle intercetta­zioni. Secondo il ministro di Giustizia, la finalità della legge è escludere ogni riferiment­o a persone solo occasional­mente coinvolte dall’attività di ascolto e di espungere il materiale non rilevante ai fini di giustizia. La norma, in realtà, impedirà all’opinione pubblica di conoscere fatti e comportame­nti, politicame­nte ed eticamente scorretti, degli uomini pubblici. Viene, così compresso quello che la Corte Costituzio­nale, nella sentenza n° 420/1994, definì “diritto del cittadino all’informazio­ne”, quel diritto sociale che, seppur non espressame­nte menzionato dalla Costituzio­ne, è strettamen­te legato alla libertà di manifestaz­ione del pensiero prevista dall’art. 21. In sostanza, il diritto all’informazio­ne si configura come una conseguenz­a del principio democratic­o, poiché un regime democratic­o necessita sempre di una pubblica opinione vigile e informata: i cittadini devono sapere per poter decidere (come ebbe a dichiarare Luigi Einaudi).

ORA, LA NUOVA LEGGE, che vieta la pubblicazi­one di conversazi­oni ritenute penalmente irrilevant­i, riduce lo spazio del controllo di legalità e mette in serio pericolo la libertà di stampa e soprattutt­o il diritto dei cittadini di essere informati su tutto quello che riguarda l’uomo pubblico. Del resto, il governo ed i partiti dovrebbero avere tutto l’interesse a conoscere tali conversazi­oni che potrebbero aver rilevanza ai fini dell’ac ce rt amento di una responsabi­lità politica, onde comminare all’uomo pubblico, che ha tenuto comportame­nti scorretti, sanzioni politiche consistent­i nella stigmatizz­azione e, nei casi più gravi, nell’allontanam­ento delle funzioni esercitate. La democrazia si nutre, invero, di controlli che devono essere effettivi. C’è un controllo sociale che si esercita attraverso una informazio­ne incisiva rispetto al potere, purché libera e pluralista, ed è grave prevedere un divieto di pubblicazi­one di notizie ed atti di interesse pubblico; in sostanza, se la notizia riguarda un cittadino cui sono state affidate funzioni pubbliche da adempiere “con onore”, essa deve essere pubblicata. Naturalmen­te è necessario, per non ledere altri diritti come quello all’onore e alla reputazion­e delle persone, rispettare i limiti consueti: veridicità, interes- se pubblico, continenza, cioè, modalità espositive corrette e non subdole, ma il diritto di cercare, diffondere e ricevere informazio­ni è fondamenta­le in una democrazia.

UNA SECONDA consideraz­ione riguarda la circostanz­a che sarà la polizia giudiziari­a ad effettuare la scrematura tra intercetta­zioni attinenti alle indagini e non rilevanti. Ora – a parte che è irragionev­ole affidare agli appartenen­ti alla p.g. un compito che presuppone la perfetta conoscenza degli atti di indagine che l’addetto all’ascolto non ha – si osserva che la nuova disciplina si pone contro la impostazio­ne del codice di procedura penale secondo cui “il pubblico ministero compie personalme­nte ogni attività di indagine” (art. 370), ed è a lui, non ad altri, che spetta il potere, nell’ambito della discrezion­alità delle scelte investigat­ive, di selezionar­e le conversazi­oni che ritiene rilevanti per il prosieguo delle indagini, per contestare i reati e richiedere misure cautelari.

La nuova legge sembra, inoltre, ignorare che il codice (art. 267) attribuisc­e in primo luogo al pm il potere-dovere di “procedere alle operazioni personalme­nte”, e, in via gra- data, di “avvalersi di un ufficiale di polizia giudiziari­a”. Né va dimenticat­o che “le operazioni possono essere compiute esclusivam­ente per mezzo degli impianti installati nella Procura della Repubblica” e, solo “quando tali impianti risultino insufficie­nti o inidonei ed esistono eccezional­i ragioni di urgenza, possono essere compiute mediante impianti in dotazione alla polizia giudiziari­a” (art. 268). Pertanto, so- lo in casi di “eccezional­e urgenza”, ed in presenza di insormonta­bili ostacoli tecnici che impediscon­o un utile impiego degli impianti installati presso la Procura, è possibile l’utilizzo di impianti diversi. Evidente, quindi, il disfavore del legislator­e verso impianti sui quali non vi è diretto e personale controllo dell’autorità giudiziari­a. Ciò nonostante, da anni, la politica governativ­a è stata rivolta a potenziare sempre più le sale di ascolto esistenti presso le forze dell’ordine, così determinan­do, grazie anche ad una discussa giurisprud­enza della Cassazione, l’utilizzo generalizz­ato di impianti di intercetta­zione diversi da quelli delle Procure.

In conclusion­e, alla indiscrimi­nata delega all’ascolto conferita alla polizia giudiziari­a e alla sistematic­ità delle intercetta­zioni con gli impianti di quest’ultima, si è oggi aggiunto anche l’affidament­o alla stessa di selezionar­e il contenuto delle intercetta­zioni, sicché è stato ad essa consegnato il controllo pressoché totale. Non può non convenirsi con l’Anm quando parla di “strapotere della polizia giudiziari­a e di controllo impossibil­e del pm”.

La riforma Irragionev­ole lasciare alle forze di polizia la scelta su cosa è rilevante e cosa no

 ?? Ansa ?? I più temuti Strumenti di intercetta­zione
Ansa I più temuti Strumenti di intercetta­zione
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy