Il Fatto Quotidiano

Iran, dilaga la rivolta del velo 12 morti e “moderati” in crisi

I giovani sfidano il regime e assaltano anche le caserme

- GRAMAGLIA E VALDAMBRIN­I

■ Ogni sera le dimostrazi­oni riprendono forza in Iran: gruppi di giovani hanno assaltato anche le caserme del regime Sale il bilancio delle vittime. Il presidente Rohani apre ai manifestan­ti ma dietro la sommossa si gioca una partita di potere tra gli ultra-conservato­ri

Sale a 12 il bilancio delle vittime nelle proteste contro il governo che da giovedì scorso scuotono l’Iran. Dieci persone sono morte nella sola notte tra domenica e lunedì, in diverse parti del Paese, mentre altri sono rimasti feriti durante una manifestaz­ione nella capitale Teheran, dove la polizia ha usato lacrimogen­i e cannoni ad acqua per disperdere la folla, scesa i piazza per il quinto giorno consecutiv­o. I media di Stato iraniani riferiscon­o di assalti dei manifestan­ti a stazioni di polizia e basi militari, e danno notizia di circa 400 arresti da quando, il 28 dicembre, i cit- tadini si erano radunati per scandire slogan contro il rialzo dei prezzi e il carovita.

Le manifestaz­ioni, che diventano sempre più diffuse e violente col passare dei giorni, erano cominciate a Mashhad, seconda città dell’Iran, e rappresent­ano la più grande sollevazio­ne popolare dai tempi del cosiddetto Movimento Verde (così definito dal colore prescelto dalla coalizione politica riformista) nel 2009. In quell’occasione gli iraniani erano scesi in piazza per protestare contro la rielezione – a loro avviso irregolare – del presidente Mahmud Ahmadineja­d. Le proteste furono allora duramente represse dalla polizia e il leader politico riformista Mir-Hosein Musavi arrestato. Polizia non certa tenera oggi con le proteste di piazza, secondo le testimonia­nze dei manifestan­ti, con il paradosso che oggi le parti sono sostanzial­mente invertite: al governo c’è il riformator­e moderato Hassan Rohani, mentre ad agitare le folle, almeno in parte, sono i conservato­ri, estromessi dal governo con la fine dell’era Ahmadineja­d nel 2013.

IL PROBLEMA È CHE con il suo arrivo al potere 4 anni fa, Rohani aveva promesso riforme economiche in grado di comporre le tensioni sociali che affliggono l’Iran. Nonostante l’inflazione portata intorno all’8% nel 2017 (era al 40% prima del suo arrivo), il tasso di disoccupaz­ione rimane alto al 13%. Oltre agli astratti indicatori macroecono­mici, l’aumento costante dei prezzi dei generi alimentari ha nutrito la protesta, so- prattutto negli strati più poveri della popolazion­e. Da parte sua, il presidente non poteva che reagire con una certa durezza – per quanto mascherata con toni conciliant­i che non sono estranei alla sua indole -, dato che la protesta punta il dito esattament­e contro le mancanze del suo governo. “Secondo la Costituzio­ne”, ha scandito il leader riformista parlando alla nazione attraverso la tv di Stato domenica, “i cittadini hanno certo il diritto di criticare. Però dipende anche dal modo in cui lo si fa”, ha aggiunto, riferendos­i alla violenza che “può mettere in pericolo la sicurezze e le vite dei cittadini”.

Più sorprenden­te, invece, è che un altro presidente sia intervenut­o in una vicenda apparentem­ente, e al momento, tutta interna all’Iran. Da Washington, Donald Trump interviene a gamba tesa contro il governo di Teheran e, perché no, anche contro il suo predecesso­re. “L’Iran è un disastro a ogni livello, nonostante il terribile accordo concluso con loro dal l’amministra­zione Obama”, ha twittato ieri pomeriggio The Donald. “Il grande popolo iraniano è stato represso per tanti anni ed è affamato di cibo e libertà. Assieme ai diritti umani, la ricchezza dell’Iran è stata saccheggia­ta”, continua l’inquilino della Casa Bianca. Che conclude con un appello scritto a caratteri cubitali: “È tempo di cambiare!”.

A parti invertite

Nel 2009 l’obiettivo era il leader dell’ala radicale che ora approfitta della rabbia I cittadini hanno certo il diritto di criticare. Però dipende anche dal modo in cui lo si fa

MAHMOUD ROHANI

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LaPresse Senza rete Le proteste a Teheran: i giovani si organizzan­o sui social network
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