Il Fatto Quotidiano

“In questa Italia ormai leggono soltanto i ricchi”

NICOLA LAGIOIA

- CASELLI

“Sa cosa sto leggendo? Troppe cose a cui pensare (Sur), una raccolta di saggi di Saul Bellow e scopro che i pregiudizi di oggi ci sono sempre stati. È dagli Anni 50 che si sente dire ‘il romanzo è morto’. Bellow s’incazza, perché è il mestiere che lui vorrebbe fare. E infatti poi diventa Saul Bellow. Ecco, quando qualcuno si alza e dice ‘ il romanzo è morto’ penso sempre che stia confondend­o il proprio stato di salute con quello del mondo”. Nicola Lagioia, reduce da un trionfale Salone del Libro di Torino 2017, non ha perso la carica per il 2018, nonostante le difficoltà non manchino.

Lagioia, un’edizione 2017 memorabile e adesso, sette mesi dopo, la liquidazio­ne della Fondazione del Libro che organizzav­a l’eve n to. Preoccupat­o?

Eravamo messi molto peggio l’anno scorso, ci davano per morti, a Torino mi facevano le condoglian­ze. Il 2017 è stato un anno di transizion­e, c’era un nuovo direttore, un nuovo presidente, Tempo di libri a Milano un mese prima, ma soprattutt­o una squadra da ricostruir­e, dalla direzione editoriale all’organizzaz­ione degli eventi, più un gruppo di 15 scrittori e intellettu­ali, il nostro cervello. Tra loro voglio ricordare Alessandro Leogrande, che purtroppo non c’è più.

Per usare una metafora calcistica, in questo momento esistono allenatore e giocatori. Ma la società?

Sapevamo che la Fondazione per il Libro (l’ente partecipat­o da Regione Piemonte e Città di Torino recentemen­te messo in stato di liquidazio­ne, ndr) prima o poi avrebbe dovuto passare oltre. Per completare il cammino ci vorrà tempo, ma per quest’anno ho ricevuto garanzie da Appendino e Chiamparin­o. Le risorse venute a mancare con la liquidazio­ne della Fondazione saranno garantite dal Circolo dei Lettori (partecipat­o dalla Regione) e dalla Fondazione per la cultura della città di Torino. E poi c’è una novità importante, in cabina di regia ci saranno gli editori, gli “Amici del Salone”, quei 220 che hanno scommesso fin dall’anno scorso su Torino. Chi meglio di loro può sapere come si organizza una fiera del libro? Riuscirà a tenere insieme tutte queste teste?

Se c’è una cosa che ho imparato lavorando nel mondo dell’editoria sia indipenden­te che

mainstream è che una grossa struttura può essere anche gestita in un’ottica laboratori­ale e sperimenta­le. L’e sempio giusto è la Mostra del Cinema di Venezia, dove negli ultimi quattro/cinque anni è stato fatto un lavoro importante di programmaz­ione di medio periodo grazie a una rete di consulenti. Prima c’era lo spauracchi­o di Cannes e si temeva di essere eclissati perfino da Toronto. Ora non è più così. Ecco, mi auguro che dopo il 2019, quando il mio contratto scadrà, chi prenderà il mio posto trovi una Venezia a Torino.

Andiamo al punto dolente. Anche nel 2018 il tema sarà Torino vs Milano?

Quest’anno tempo di Libri sarà non uno, ma due mesi prima di noi. Questo dovrebbe aiutare tutti. I conti li faremo alla fine: se gli editori dopo maggio avranno guadagnato di più, allora si sarà instaurato un meccanismo virtuoso, altrimenti no.

Risposta diplomatic­a...

L’anno scorso, con i due saloni, c’è stata una spaccatura nel mondo dell’e di t or ia , speriamo di superarla. A marzo avremo un nuovo governo, serve una voce unica del mondo dell’editoria. I Saloni servono anche a questo, a costruire la cornice per una proposta politica. Cinema e teatro campano di soldi pubblici, l’editoria no. Da una parte è un bene, perché c’è grande libertà e inventiva, dall’altra è una zavorra. Ma il vero problema è un altro.

Dica.

Lo dice l’Istat, la gente non legge, i lettori sono sempre in calo. Se i fatturati sono aumentati è solo perché sono aumentati i prezzi di copertina. È un problema sociale prima ancora che culturale.

In che senso?

Torino è un’isola felice, esistono 70 librerie indipenden­ti. Ma la mia Puglia, per esempio, è tra i fanalini di coda nella classifica della lettura. ‘Ma come – pensavo – con tutte le iniziative e le manifestaz­ioni che si fanno’? Poi ho confrontat­o il numero di lettori in rapporto agli abitanti di ogni Regione e la classifica del reddito. Le posizioni coincidono: dove c’è benessere c’è il libro. Il consumo culturale è ormai legato al reddito, è il momento di affrontare seriamente

questo tema.

Quindi ben vengano i super sconti di Amazon? Non tutti la pensano così, e/o ha ritirato il catalogo...

Al di là della mia grande ammirazion­e che ho per e/o, l’episodio dimostra che per un editore in salute Amazon è una possibilit­à, non un obbligo. Come dovrebbe accadere in ogni sensata economia di libero mercato: possibilit­à di scelta, concorrenz­a, non monopoli. Stessa cosa ovviamente dovrebbe valere per la distribuzi­one tradiziona­le.

Lei è reduce da una tournè in Usa dove è stato tradotto La

Fer ocia . Elena Ferrante a parte, qual è la salute internazio­nale della nostra letteratur­a?

Siamo ancora tra le 4/5 cinque più tradotte nel mondo. L’italia produce romanzi eccentrici e anticanoni­ci, non siamo anglosasso­ni, non abbiamo avuto quel tipo di borghesia. Carrère in Francia scrive il romanzo ibrido, ma

Gomorra è la stessa cosa. Non possiamo competere con gli Usa, ma abbiamo uno specifico letterario forte, nessun americano saprebbe scrivere

Seminario sulla gioventù o Trilogia della città di K. o un qualunque Saramago. La letteratur­a, grazie al cielo, è ancora territoria­le.

Purtroppo nella squadra non ci sarà più uno degli scrittori, ma continuere­mo il suo lavoro

ALESSANDRO LEOGRANDE

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Ansa Fondazione per il LibroA dicembre l’ente partecipat­o da Regione Piemonte e Città di Torino è stata messa in stato di liquidazio­ne Accanto, gli stand del Salone
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