Enti di ricerca: anno nuovo, soliti precari
Stanziamento della manovra permette, nel 2019, di stabilizzarne 2.500 (su 8.800 totali)
Solo
nella più rosea delle possibilità, saranno 2.500 - su un totale di 8.800 - i precari degli enti pubblici di ricerca che potranno essere stabilizzati.
LA PROIEZIONE è sulla base delle risorse presenti nella legge di stabilità in favore dei 13 istituti vigilati dal ministero d el l’Istruzione. Lo stanziamento, infatti, è di 13 milioni di euro per il 2018 e di 57 milioni a regime dal 2019. Un risultato che i dipendenti a termine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) hanno ottenuto occupando, durante i passaggi parlamentari della manovra, 16 sedi in tutta Italia. Resta però una cifra non sufficiente a risolvere il problema nella sua interezza: per farlo, per i sindacati e i comitati dei precari, servivano almeno 300 milioni. Facciamo una premessa: gli enti di ricerca sono pieni di precari anche per gli scarsi investimenti destinati al settore. Esistono studiosi che lavorano da 15 anni con contratti rinnovati di anno in anno. Per provare a risolvere questo problema, il governo ha emanato a maggio il decreto con il nome della ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia. Questa legge permette di stabilizzare automaticamente chi, entrato per concorso, abbia almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto. Chi invece non è stato reclutato tramite una selezione pubblica ed è inquadrato come assegnista o collaboratore, ha diritto a concorsi riservati. Questo sulla carta; poi, ovviamente, servono i soldi per metterlo in pratica. Non è semplice sapere quante persone, tra gli 8.800, rientrano in quei parametri: non tutti gli enti li hanno comunicati. Secondo i Precari uniti Cnr, negli istituti posti sotto il ministero dell’Istruzione sono in totale 4 mila, dei quali 2.600 nel Cnr. Per l’Unione sindacale di base (Usb), invece, si arriva a 6 mila. Anche con la stima più bassa, il finanziamento in manovra coprirebbe poco più del 60%. Ma è l’ipotesi più ottimistica, per due motivi. Primo: nel
2018 ci sono 13 mi- lioni, arrivano a 57 solo dal 2019; il nuovo governo potrebbe non confermarli. Secondo: per le 2.500 stabilizzazioni, gli stessi enti di ricerca dovrebbero mettere in parte soldi da reperire nei propri bilanci. I vertici del Cnr e degli altri, insomma, dovranno avere l’intenzione e le risorse per cofinanziare le stabilizzazioni. Altrimenti, i numeri si dimezzeranno.
UN AIUTO potrebbe arrivare dai fondi premiali, quelli da assegnare per requisiti di merito (69 milioni nel 2016 e 78 nel 2017), ma significherebbe per gli enti rischiare risorse in spese strutturali, quali appunto quelle per il personale stabile. Insomma, non è facile che quei 57 milioni ottengano il risultato pieno.
Migliore è la situazione negli altri enti di ricerca, quelli non dipendenti dall’Istruzione ma da altri ministeri. Anche qui ci sono volute occupazioni e manifestazioni insistenti, ma si sono concluse con il lieto fine. Dopo le stabilizzazioni all’Istat e all’Istituto superiore di Sanità, il ministro Maurizio Martina - incalzato per mesi - ha destinato 10 milioni al Crea, centro per la ricerca agricola. Buone notizie anche per l’istituto per la protezione ambientale (Ispra) e quello per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp): i ministri Gian Luca Galletti e Giuliano Poletti hanno assicurato gli stanziamenti per le stabilizzazioni. Per questo, l’Usb ha ritirato quasi tutti i ricorsi con i quali avevano segnalato il cattivo reclutamento alla Commissione europea. Resta in piedi, naturalmente, solo quello contro il ministero dell’Istruzione.