Il Fatto Quotidiano

Enti di ricerca: anno nuovo, soliti precari

Stanziamen­to della manovra permette, nel 2019, di stabilizza­rne 2.500 (su 8.800 totali)

- » ROBERTO ROTUNNO

Solo

nella più rosea delle possibilit­à, saranno 2.500 - su un totale di 8.800 - i precari degli enti pubblici di ricerca che potranno essere stabilizza­ti.

LA PROIEZIONE è sulla base delle risorse presenti nella legge di stabilità in favore dei 13 istituti vigilati dal ministero d el l’Istruzione. Lo stanziamen­to, infatti, è di 13 milioni di euro per il 2018 e di 57 milioni a regime dal 2019. Un risultato che i dipendenti a termine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) hanno ottenuto occupando, durante i passaggi parlamenta­ri della manovra, 16 sedi in tutta Italia. Resta però una cifra non sufficient­e a risolvere il problema nella sua interezza: per farlo, per i sindacati e i comitati dei precari, servivano almeno 300 milioni. Facciamo una premessa: gli enti di ricerca sono pieni di precari anche per gli scarsi investimen­ti destinati al settore. Esistono studiosi che lavorano da 15 anni con contratti rinnovati di anno in anno. Per provare a risolvere questo problema, il governo ha emanato a maggio il decreto con il nome della ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia. Questa legge permette di stabilizza­re automatica­mente chi, entrato per concorso, abbia almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto. Chi invece non è stato reclutato tramite una selezione pubblica ed è inquadrato come assegnista o collaborat­ore, ha diritto a concorsi riservati. Questo sulla carta; poi, ovviamente, servono i soldi per metterlo in pratica. Non è semplice sapere quante persone, tra gli 8.800, rientrano in quei parametri: non tutti gli enti li hanno comunicati. Secondo i Precari uniti Cnr, negli istituti posti sotto il ministero dell’Istruzione sono in totale 4 mila, dei quali 2.600 nel Cnr. Per l’Unione sindacale di base (Usb), invece, si arriva a 6 mila. Anche con la stima più bassa, il finanziame­nto in manovra coprirebbe poco più del 60%. Ma è l’ipotesi più ottimistic­a, per due motivi. Primo: nel

2018 ci sono 13 mi- lioni, arrivano a 57 solo dal 2019; il nuovo governo potrebbe non confermarl­i. Secondo: per le 2.500 stabilizza­zioni, gli stessi enti di ricerca dovrebbero mettere in parte soldi da reperire nei propri bilanci. I vertici del Cnr e degli altri, insomma, dovranno avere l’intenzione e le risorse per cofinanzia­re le stabilizza­zioni. Altrimenti, i numeri si dimezzeran­no.

UN AIUTO potrebbe arrivare dai fondi premiali, quelli da assegnare per requisiti di merito (69 milioni nel 2016 e 78 nel 2017), ma significhe­rebbe per gli enti rischiare risorse in spese struttural­i, quali appunto quelle per il personale stabile. Insomma, non è facile che quei 57 milioni ottengano il risultato pieno.

Migliore è la situazione negli altri enti di ricerca, quelli non dipendenti dall’Istruzione ma da altri ministeri. Anche qui ci sono volute occupazion­i e manifestaz­ioni insistenti, ma si sono concluse con il lieto fine. Dopo le stabilizza­zioni all’Istat e all’Istituto superiore di Sanità, il ministro Maurizio Martina - incalzato per mesi - ha destinato 10 milioni al Crea, centro per la ricerca agricola. Buone notizie anche per l’istituto per la protezione ambientale (Ispra) e quello per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp): i ministri Gian Luca Galletti e Giuliano Poletti hanno assicurato gli stanziamen­ti per le stabilizza­zioni. Per questo, l’Usb ha ritirato quasi tutti i ricorsi con i quali avevano segnalato il cattivo reclutamen­to alla Commission­e europea. Resta in piedi, naturalmen­te, solo quello contro il ministero dell’Istruzione.

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