Il Fatto Quotidiano

Il Palazzo in cui si fece la Storia sacrificat­o al gasdotto Snam

Nel Parmense Si lavora alla posa dei tubi, verso la vendita la dimora che ospitò gli ustascia prima dell’attentato al re di Jugoslavia

- » GIAMPIERO CALAPÀ

In un armadio si legge, inciso sul legno, il nome “Ante Pavelic”. Il capo degli ustascia croati lasciò così traccia del periodo di preparazio­ne dell’assassinio del re jugoslavo nel 1934, qui a Gotra di Albareto (Parma), nel settecente­sco Palazzo della Brugnè dei Picenardi. L’erede della nobile famiglia, Giovanna Marchini Càmia, 84 anni dopo è in guerra con Snam, che ha sventrato i sei ettari del parco attorno all’antica decadente dimora per far passare i tubi del metanodott­o Pontremoli-Cortemaggi­ore, dalla Lunigiana al Piacentino. “Pensavo di restaurarl­o un giorno – spiega la nobildonna – ma adesso credo che cercherò di disfarmene: proprio là davanti c’è la cabina di derivazion­e dei tubi e ci sarà anche un traliccio di nove metri con fiamma sempre accesa”.

A SPEGNERSI, invece, è il fuoco della Storia. Palazzo della Brugnè, a qualche chilometro da Borgo Val di Taro – dove la famiglia Picenardi possiede un altro importante palazzo che nell’Ottocento ha più volte ospitato Maria Luisa d’Asburgo-Lorena –, nel ’34 fu per qualche mese centro della storia mondiale in quel periodo di mezzo che dal dramma del primo conflitto trascinò l’Europa nell’inferno della seconda guerra planetaria. Nel 1941 Roma e Berlino ap- poggiarono e favorirono la creazione dello Stato croato, nato dalla disgregazi­one jugoslava e per arrivarci fu fondamenta­le l’attentato in cui trovò la morte il primo sovrano di Jugoslavia, Alessandro I. Il re fu ucciso a Marsiglia, il 9 ottobre 1934: Vlado Cernozemsk­i con la sua mauser C96, prima di essere a sua volta ucciso, fece fuoco contro il re e Louis Barthou, ministro degli Esteri francese. L’assassino faceva parte dell’Organizzaz­ione rivoluzion­aria interna macedone e fu addestrato da Pavelic a Palazzo Brugnè.

Proprio i fascisti croati avevano contribuit­o alla pianificaz­ione dell’attentato in quei mesi trascorsi nel Parmense, con il supporto del fascismo italiano, a Palazzo della Brugnè e nel suo parco trasformat­o in campo di esercitazi­oni paramilita­ri. Benito Mussolini mandò alla famiglia reale una lettera di condoglian­ze intrisa di ipocrisia, l’Italia del duce minacciava l’integrità jugoslava almeno dal trattato di amicizia e sicurezza con l’Albania firmato a Tirana il 27 novembre 1926. E le relazioni diplomatic­he con Belgrado, nonostante gli accordi di “buon vicinato” di Roma e Nettuno, erano tese almeno dal 9 maggio 1925, giorno dei gravi incidenti tra i tifosi della Gradyansch­y e della Juventus a Zagabria, tanto che il Coni di Achille Starace farà di tutto per convincere la Fifa ad estromette­re preventiva­mente la nazionale jugoslava di calcio dai mondiali del maggio-giugno 1934 in Italia: “nodo balcanico” poi sistemato dalla vittoria della Romania nel girone di qualifica- zione che risolse il problema alle camicie nere italiane.

L’ERED E del Palazzo della Brugnè, Giovanna, è figlia di Francesco Marchini Càmia, antifascis­ta degasperia­no dal 1948 eletto in Senato per tre legislatur­e con la Democrazia cristiana, il cui cognato era il conte Carlo Albertoni Picenardi, il padrone della dimora, concessa nel 1934 agli ustascia di Pavelic grazie ai loro appoggi ai piani alti di Roma nel Partito nazionale fascista. Oggi Giovanni Marchini Càmia racconta quella pagina di Storia con “il dolore di un libro che si chiude”, pronta a rinunciare al Palazzo: “Nel 1975, dopo la posa di alcuni metanodott­i, la Snam sottoscris­se dal notaio – atto custodito alla Conservato­ria dei registri immobiliar­i di Parma – un impegno a non attraversa­re più quei terreni in futuro con tubazioni trasportan­ti idrocarbur­i”. Ma il 4 febbraio 2016 è arrivato il decreto di esproprio per pubblica utilità e nel marzo 2017 sono iniziati i lavori, ormai quasi completati. C’è un ricorso pendente al Consiglio di Stato, ma i giochi sono fatti nonostante quell’incisione sul legno: “Ante Pavelic”.

La proprietar­ia

“Si erano impegnati a rinunciare ai terreni ma invece è arrivato il decreto di esproprio”

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Il Palazzo della Brugnè di Gotra di Albareto (Parma) appartiene alla famiglia Marchini Camìa
Un edificio del ‘700 Il Palazzo della Brugnè di Gotra di Albareto (Parma) appartiene alla famiglia Marchini Camìa

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