SOSTIENE PEREIRA: UN’IDEA DI PAESE E DI GIORNALISMO
Sono passati due decenni da quando Feltrinelli pubblicò Sostiene Pereira (1994), provo a leggerlo al presente, i classici parlano anche di noi. La storia si svolge a Lisbona sotto il regime di Salazar, alla vigilia della seconda guerra mondiale. È un’estate torrida e Pereira, giornalista del Lisboa , vede la dittatura ma non fa nulla per combatterla: “Senta signorina, io non sono né dei vostri né dei loro… mi occupo di cultura”, dice alla ragazza di Monteiro, giovane che recluta volontari per la guerra civile spagnola.
Poi le cose cambiano, l’amicizia col rivoluzionario scuote il giornalista pauroso e isolato che traduce gli scrittori francesi; Pereira diviene antifascista e scrive un forte articolo contro l’assassinio di Monteiro. Ecco. Il romanzo di Tabucchi mostra “una presa di coscienza”, “la trasformazione di un’anima”. L’intellettuale malinconico, distaccato dalla realtà (parlava col ritratto della moglie morta) non c’è più: ora il giornalismo è vissuto come denuncia. È sul ruolo della stampa che il testo dice (anche) del nostro tempo. Pereira è cambiato e rivendica “il diritto di dire la verità”; oggi molti – troppi – evitano i temi scomodi e si stendono come tappeti ai piedi dei potenti.
Servilismo/autorevolezza, Tabucchi parla anche di questo. Pereira traduce Honorine di Balzac: “Credeva che quel racconto sul pentimento sarebbe stato un messaggio nella bottiglia… Perché c’è da pentirsi di molte cose, e un racconto sul pentimento ci voleva…”. A chi parla Pereira? Egli ormai sa – per le violenze viste e subìte – che giornalismo significa “dare notizi e”; avere coraggio; informare l’opinione pubblica. Non erano tempi facili. Nemmeno oggi: non si rischia il pestaggio, certo, ma qualcosa di più subdolo, l’ostracismo, “le querele dei non querelabili”, l’isolamento, il ricatto, la fal- sa solidarietà, la riduzione della pubblicità sul giornale, lo strangolamento economico. Ci vuole coraggio ad andare avanti. Pereira odierebbe l’ipocrisia, oggi, le manipolazioni dei dati fattuali, le fake news, gli opportunismi e l’informazione “neut ra le ” di chi, per dire, permette a un indagato per le stragi del ’93 di osannare un condannato per mafia ( D el l’Utri). Questo è certa informazione: l’abitudine all’inganno riduce nell’infelice condizione del giornale di Pereira: “La polizia aveva ucciso un socialista… Ma il Lisboanon aveva avuto il coraggio di dare la notizia”. Il romanzo di Tabucchi è la storia della rinascita civile di un giornalista nel 1938. Nessuno ha da pentirsi, oggi, in Italia? Nessuno, tra gli officianti televisivi del potere – dove le notizie si edulcorano, quando non scompaiono – ha qualcosa da rimproverarsi? Infine. Dovrebbero riflettere su Honorine di Balzac (il racconto sul pentimento) anche i politici.
La Boschi, con l’arrivo dell’Anno Nuovo (e delle elezioni), non si pente di nulla? Ha promosso incontri con banchieri – nella casa di famiglia – per parlare di Etruria “dimenticandosi” il conflitto d’interessi. E ancora: Aldo Moro incontrava Berlinguer. Berlusconi, Gelli. Il Caimano ha qualcosa di cui pentirsi? C’è una macchia nel suo partito. Non è più solo letteratura o ricostruzione giornalistica, parlano le carte dei processi. Nell’aula bunker dell’Ucciardone, il pm Di Matteo dice che Dell’Utri, uomo di Berlusconi, andò dai boss prima di creare Forza Italia: è l’atto fondante del partito. E allora, se Forza Italia è inquinata fin dalla nascita dalla mafia, ci si può alleare, senza perdere la faccia, con chi la guida? È una questione morale: gli incontri del Nazareno (antichi e futuri) sono marci alla radice. Perché negarlo? Urge rileggere Sostiene Pereira (denuncia: “sarebbe bene che le autorità indagassero su questo turpe avvenimento”), dice di un risveglio civile. Vale per i giornalisti, e per i cittadini elettori. Vale per i politici onesti: trovino mediazioni alte, alla luce del sole. La coscienza morale di Tabucchi. Un modello.
DA RILEGGERE
Il risveglio della coscienza di fronte a un periodo buio della storia e il pentimento rispetto a ciò che si è fatto Non sono solo racconti