Il Fatto Quotidiano

Il Colle dà i 2 mesi a Gentiloni: tutto azzerato a marzo

Il discorso: decidono gli elettori

- D’ESPOSITO E RODANO

■ Nel messaggio tv il capo dello Stato vuole smentire che il futuro sia già deciso: il bis del premier non è scontato. Primo guaio per il Pd: la lista dell’alleata Bonino ha un problema con la raccolta delle firme

La durata, innanzitut­to. Dieci minuti, non di più. Un record di brevità, se raffrontat­o con la loquacità di Giorgio Napolitano oppure di Oscar Luigi Scalfaro, che riporta il Quirinale ai tempi di Luigi Einaudi. Non un caso, dunque. Meno parole significa soprattutt­o mantenere e rinforzare il vestito di arbitro non interventi­sta indossato nel gennaio 2015, al momento di essere eletto presidente della Repubblica.

Sergio Mattarella in dieci minuti ha condensato una varietà di temi e di questioni che ricollocan­o il Paese su un piano di normalità, fuori dall’emergenza della crisi.

È questo il primo segnale arrivato dal Colle nel tradiziona­le messaggio di fine anno, prima del cenone di san Silvestro. E che passa per una decisa critica del presentism­o, tanto caro alla maggior parte dei leader politici: “Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospension­e del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà”. Di qui il penultimo passaggio finale che tratteggia il profilo di un’Italia “normale”:“I problemi che abbiamo davanti sono superabili. Possiamo affrontarl­i con successo, facendo ciascuno, interament­e, la parte propria. Tutti, specialmen­te chi riveste un ruolo istituzion­ale e deve avvertire, in modo particolar­e, la responsabi­lità nei confronti della Repubblica”.

E IN UN PAESE ritornato normale e che si prepara ad affrontare il rebus elettorale del 4 marzo, il capo dello Stato si rivolge ai giovani nel suo rinnovato appello contro l’astensioni­smo, vera preoccupaz­ione del Colle già affrontata in precedenti discorsi. Evitando di cedere alla retorica, Mattarella ha paragonato la generazion­e del ’99 che voterà per la prima volta a quella del ’99 di un altro secolo e che andò in trincea a morire nella Grande Guerra. Un richiamo forte, e motivato dal centenario della vittoria nella Prima guerra mondiale che cade nell’anno appena iniziato.

Normalità, giovani e su tutto la Costituzio­ne. È la cornice in cui il Colle sta tentando di incasellar­e questa difficile vigilia delle urne, con un dopo zeppo di incognite. Il presi- dente ha infatti aperto e chiuso il suo discorso “breve” indicando la “cassetta degli attrezzi” per “la stagione che si apre”: “la nostra Costituzio­ne”, appunto. Entrata in vigore proprio settanta anni fa.

Il riferiment­o alla Carta sigilla per sempre la fallimenta­re fase delle riforme sepolta dal referendum del 4 dicembre 2016 e fissa i binari in cui si muoverà il Quirinale nelle settimane decisive all’indomani del voto: sovranità popolare, partiti e Parlamento. Coi secondi, i partiti, che hanno il dovere di “proposte adeguate, realistich­e e concrete”. In ogni caso, per accentuare la discontinu­ità con il dirigi- smo monarchico del suo predecesso­re, le elezioni aprono “una pagina bianca” in cui al centro ci sono prima gli elettori e poi le Camere. Ancora una volta, Mattarella ribadi- sce la sua fede nella democrazia parlamenta­re, facendo capire che non ci saranno soluzioni dall’alto, di carattere presidenzi­ale. A cominciare da tutte le ipotesi che circo- lano sulla presunta eternità del governo di Paolo Gentiloni, rimasto in carica anche a Camere sciolte. Certo, il premier gestirà gli affari correnti fino a marzo (e in casi davvero straordina­ri potrà persino convocare il Parlamento), ma a Camere insediate (il 23 marzo) sarà per forza di cose un governo dimissiona­rio.

QUESTO significa che Mattarella, da antico democristi­ano e sostenitor­e della democrazia parlamenta­re, si affiderà alla dinamica delle consultazi­oni che terrà al Colle con le delegazion­i dei partiti. Non c’è alcuna traccia precostitu­ita e tutto dipenderà dai risultati dalle elezioni. Un eventuale bis di Gentiloni potrà solo essere sancito dalle indicazion­i dei singoli partiti in una grave fase di stallo. E a quel punto dovrà ricevere la fiducia dal nuovo Parlamento.

Quando Mattarella dice che “la pagina bianca” deve essere scritta da elettori, partiti e Parlamento intende evidenziar­e proprio la sua svolta non interventi­sta. E solo i numeri stabiliran­no la griglia di partenza per il rito delle consultazi­oni. Un incarico a Di Maio oppure al forzista Tajani saranno il frutto dei suoi colloqui con i partiti e delle relative disponibil­ità. Non

Le elezioni aprono una pagina bianca: a scriverla saranno gli elettori e, successiva­mente, i partiti e il Parlamento

solo. La fragile e presunta eternità dell’attuale governo potrà essere smentita da un difficile, ma non impossibil­e, ricorso a nuove urne. L’orizzonte di un inedito voto bis nel 2018 non è affatto tramontato. Anzi, lo prevede la normalità costituzio­nale qualora non ci dovesse essere nessuna soluzione praticabil­e nel tri- polarismo combinato con il Rosatellum, la legge elettorale basata su due terzi di proporzion­ale e un terzo di maggiorita­rio.

PER SALVINI, e non solo, allora, sarà stato pure un discorso noioso, seppur nella sua brevità. Ma la densità dei temi e delle questioni messe in fila da Mattarella è una sorta di chiaro vademecum per i principali attori della campagna elettorale che sta per partire ufficialme­nte. E senza dimenticar­e il lavoro, “la più grave questione sociale” che riguarda sì i giovani, “ma non soltanto loro”.

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Ansa Fine anno Il tradiziona­le discorso del presidente Mattarella A destra, il premier Gentiloni. Sotto, Tajani
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