L’inchiesta non blocca il gran ritorno di Fassino
Nonostante i guai per il Salone del libro sarà capolista in Piemonte per il Senato
Per molti dem di Torino che aspirano a un posto in Parlamento, la difficoltà maggiore non sarà tanto la campagna elettorale, ma ottenere una candidatura. Per molti, ma non per l’ex sindaco Piero Fassino, sconfitto nel 2016 da Chiara Appendino e ora indagato nell’inchiesta sul Salone internazionale del libro: sarà capolista nel listino proporzionale per il Senato. Molte sono le divergenze di metodo tra i reggenti sabaudi del Pd e la segreteria nazionale di Matteo Renzi, ma tutti sono concordi sul nome di Fassino.
LA FEDERAZIONE metropolitana del
Pd, retta da Mimmo Carretta, voleva fare le primarie per scegliere i candidati, ma l’ex premier non le ha concesse. Il segretario cittadino ha quindi proposto dei nomi: “Voglio sollevare una discussione politica con la segreteria nazionale proponendo dei candidati. D’altronde il mio compito è quello di riagganciare il partito alla sua base e alla sua tradizione”, spiega Carretta. Neanche su quella proposta c’è stato nulla da fare.
Allora nei circoli della città, da cui il Pd vuole ripartire, è partita la discussione per decidere entro il 12 gennaio i nomi da proporre in una relazione alla direzione metropolitana venerdì e da sottoporre al segretario regionale Davide Gariglio, “sperando che faccia da megafono”, continua Carretta. Tuttavia proprio Gariglio ieri è stato ricevuto a Roma e si è presentato con una lista, in barba alla discussione della famigerata “base”. Per il segretario regionale quella di ieri è stata soltanto “una riunione ancora interlocutoria, nella quale sono stati esaminati a uno a uno i collegi per valutarne la contendibilità”, ha detto al termine dell’incontro con Renzi e i vertici del Pd sulle candidature. Gariglio non si è sbilanciato sui nomi, né sulle deroghe necessarie ai consiglieri in carica per candidarsi alle Politiche. In Piemonte molti esponenti di spicco vorrebbero uno strappo alla regola per lasciare il posto alla Regione e cercarne uno in Parlamento. Tra questi c’è proprio Gariglio, capogruppo in consiglio regionale proveniente dalla Margherita e renziano di ferro. Oltre a lui c’è anche il presidente del Consiglio Mauro Laus e l’assessore a Istruzione e Lavoro Gianna Pentenero. Nelle scorse settimane da Roma, però, non sono giunti segnali positivi per gli ultimi due nomi, mentre sembra quasi certa la candidatura di Gariglio.
“Mi pare che le deroghe – ha detto lui – passino in secondo ordine. Il primo problema è capire quale sia il candidato più idoneo collegio per collegio. Poi se serviranno si chiederanno”. Carretta mira a ottenerle almeno per alcuni consiglieri regionali “che già si sono cimentati con un sistema con le preferenze”. Ad esempio il suo padrino politico, Laus, ex presidente di una potente cooperativa e politico capace di ottenere tra i 7 mila e i 9 mila voti a ogni elezione regionale. Al momento, però, poche cose sono certe: praticamente solo la candidatura di Gentiloni a Torino in un listino proporzionale per la Camera e appunto quella di Fassino per il Senato. “Se arriva Gentiloni nel listino proporzionale a noi va bene, lui darebbe valore aggiunto – sostiene Carretta –, ma in generale i catapultati non ne vogliamo perché vogliamo dei top player”.
CARRETTA annovera in questa categoria anche Fassino, nonostante l’ex ministro della Giustizia del governo Amato sia stato da poco stato indagato dalla procura di Torino per turbativa d’asta (in merito a due gare per l’organizzazione del Salone internazionale del libro) e per falso ideologico in atto pubblico (per il bilancio 2015 della Fondazione del libro): “Io non penso che questa inchiesta possa essere uno svantaggio – afferma il segretario cittadino del Pd – Sono stato garantista con Chiara Appendino per le inchieste che l’hanno coinvolta e lo sono ancora. Spero solo che tutto si risolva in tempi rapidi per non danneggiare la sua candidatura. Il partito ha bisogno di lui”.
Malumori torinesi
Il segretario regionale gioca per sé e i big (Gentiloni alla Camera) I militanti non ascoltati