A Roccaforzata c’è un sindaco che si fa beffe della Severino
Non è bastato l’arresto in flagranza di reato per corruzione e turbativa d’asta a fargli mollare la poltrona da sindaco. Vincenzo Pastore ( in foto), imprenditore coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti nella Marina militare e primo cittadino di Roccaforzata, comune alle porte di Taranto, sembra non possa fare a meno di gestire le casse dell’ente pubblico. È rimasto alla guida della piccola amministrazione nonostante la bufera che lo ha travolto.
Non si è dimesso nonostante la detenzione in carcere durante la quale ha confessato al pm Maurizio Carbone di aver provato a truccare un appalto da 11 milioni di euro. Anzi. Tornato libero ha indossato la fascia tricolore sfilando alla festa patronale. Ha ignorato le timide proteste dell’opposizione. È rimasto attaccato alla sua poltrona persino dopo aver chiesto e ottenuto di patteggiare una pena a due anni e un mese. Una poltrona che sente particolarmente sua dato che la occupa quasi ininterrottamente da oltre 15 anni: sindaco per due mandati dal 2001 al 2010, ha poi ricoperto il ruolo di vice sindaco nel terzo mandato, ma a giugno 2016 è stato nuovamente eletto primo cittadino di Roccaforzata. Qualche mese dopo, a settembre 2016, è stato arrestato per l’i nchiesta sulle mazzette nella forza armata: la Prefettura lo ha sospeso, ma tornato in libertà, nonostante abbia confermato le accuse della procura, il provvedimento prefettizio è decaduto e lui è tornato in Comune come se nulla fosse. E la legge Severino? Nessuna traccia.
La Prefettura non ha mosso un dito né a settembre 2017 quando è stata depositata la sentenza di patteggiamento né in questi quattro mesi nei quali il giudice Giuseppe Tommasino ha scritto la motivazione: un provvedimento di una sola paginetta nella quale vengono sostanzialmente confermate le accuse nei suoi confronti.