Artisti Viva la libertà di Vespa e Fazio, ma il tema non è la censura: è la legge
In questi giorni tutti parlano di fake news , attribuendole, ovviamente, ai propri avversari. Lungi da me l’intenzione di alimentare la ridicola polemica in corso fra i vari falsari, ma una cosa la voglio proprio dire: la propaganda del partito Democratico, martellata tutti i giorni dal suo capo Matteo Renzi è basata soprattutto sull’aumento dei posti di lavoro (derivanti, a suo dire, dalla buona politica praticata). Chiunque, guardandosi intorno, può constatare che l’affermazione suddetta è falsa; nessuno, però, gli sbatte in faccia la triste verità: vengono contati come posti di lavoro tutti i mini contratti per lavori di un mese, di dieci giorni, di una settimana.
Nessuna delle migliaia di fabbriche che hanno chiuso durante la crisi ancora in atto (centinaia di migliaia di licenziamenti) ha riaperto. La parola inglese “fake”, significa “falso”; ma significa pure “truffa”. E la truffa è sempre dolosa.
Le istituzioni continuano a dare il cattivo esempio
Il vostro giornale continua a portare avanti battaglie nobili e coraggiose in nome dei valori che tutti dovremmo condividere, ma si sa, vuoi per arretratezza, per interessi, per superficialità, è davvero una lotta infinita.
Risalendo dall’attualità al passato più recente, non possiamo non vedere come le nostre istituzioni siano diventate luoghi di cattivi esempi e di conseguente proselitismo. Prima di B., i poteri economici e associativi sostenevano e tramavano da dietro le quinte, poi con l’ascesa del centrodestra è avvenuta la transustanziazione di quelle forze del nuovo politico.
Così il cattivo esempio, tempo al tempo, si è propagato: crearsi una piattaforma di ricchezza e interessi associativi per poi realizzare la nuova politica. Nella terra di nascita (e di declino) delle banche, in un luogo fertile di risorse materiali È GIUSTO CHE I DUE “artisti” Fazio e Vespa vogliano intervistare i politici? O possono farlo solo dei giornalisti? Posta in questi termini, la domanda emana un olezzo di proibizionismo. E quindi tutti a sbracciarsi per dire che più informazione c’è in campagna elettorale e meglio è. Giusto. Ma il problema è un altro: l’italica apologia del furbo che ancora una volta si consacra come modello premiante nazionale. Se c’è la regola del tetto di 240 mila euro per i giornalisti Rai, quelli che vogliono più soldi diventano artisti e aggirano la regola con contratti milionari. Tanto potranno fare le stesse cose – come, appunto, intervistare i politici in campagna elettorale – ma guadagnando molto di più. Il messaggio che arriva ai cittadini è devastante. Le regole sono per i fessi, i furbi le aggirano e vivono felici e contenti. IL DISCORSO NON VERTE su ciò che appare giusto (categoria labile), ma su ciò che risulta legale. Perché la legge va oltre il giusto, altrimenti finiamo per interpretare le norme esitando a rispettarle o, peggio, ad applicarle. Questa complessa vicenda sugli “artisti” Vespa e Fazio contiene due questioni. La prima riguarda la “par condicio”, una legge – giusta? – che impone al servizio pubblico televisivo un rigore nella gestione dei tempi e degli spazi per i candidati durante la campagna elettorale. In periodo di par condicio, la Rai è costretta a ricondurre al controllo di una testata giornalistica le trasmissioni, e dunque è scontato che i conduttori siano giornalisti. Per esempio, Fazio è un ex giornalista, un anno e mezzo fa ha dichiarato di aver abbandonato l’albo. Come per i medici o per i notai, chi esercita la professione di giornalista – altra legge, sarà giusta? – deve essere iscritto all’albo. Il caso di Vespa è diverso, e qui arriviamo alla seconda questione. In preda a e umane, alcuni pater familiashanno costruito le basi materiali e morali per lanciare i loro pargoli nell’empireo delle istituzioni, con l’aiutino non secondario dei risparmiatori: le giuste parole d’ordine, l’immancabile avvenenza e seduttività dei protagonisti et voilà, il gioco è, anzi era, fatto! Ora assistiamo ad una fase di rigetto della formula, ma sono anche in atto tutti i tentativi possibili per evitare il disarcionamento, usando ogni un raptus, il governo renziano ha imposto il tetto di 240.000 euro ai dipendenti Rai: nessuna distinzione, fra dirigenti, giornalisti e l’ampia schiera di artisti. Col tempo, il governo ha trovato un cavillo per liberare gli artisti dal vincolo con la motivazione – legittima – che la Rai opera in un mercato e deve competere. Anche qui c’è un dilemma irrisolto: il servizio pubblico deve offrire ottimi programmi di approfondimento o investire decine di milioni di euro sull’“Isola dei famosi” e derivati? Il suo dilemma, però, Vespa l’ha risolto. Ha ottenuto il rinnovo del contratto da artista e, adesso, guadagna 1,2 milioni di euro, cinque volte di più del direttore generale. Ovviamente la politica si è preoccupata di tutelare i Vespa e gli artisti, masi è dimenticata dei manager. Perché della buona gestione dell’azienda, ai partiti non frega niente. mezzo possibile: commissioni, media, ecc. Effetto boomerang. E intanto il cattivo esempio continua.
Alle elezioni sarà decisivo il popolo degli astensionisti
Anche questa volta alle prossime elezioni, dai sondaggi, si va verso una astensione del 35/38% e qui vorrei fare una considerazione. Fin dalle elementari ci hanno inse- gnato che il voto è un diritto-dovere, e addirittura fino a 30 anni fa mi pare che se uno non si recava a votare, sul certificato penale, anche se incensurato, veniva annotato “non ha votato”, come riconoscimento del menefreghismo di quella persona verso le istituzioni democratiche.
Oggi le istituzioni non possiamo più proprio definirle democratiche, visto i tipi che le frequentano, ma quel 38% di astenuti sarebbe a I NOSTRI ERRORI
Nell’articolo pubblicato lunedì 8 gennaio, dal titolo “Non solo bollette e pedaggi: i rincari di multe e telefonia”, abbiamo scritto per errore che Poste Italiane ha deciso di rialzare le tariffe di raccomandate, assicurate e servizi nel 2018. Non ci sarà invece nessun aumento. Ci scusiamo con Poste Italiane e con i lettori.