Il Fatto Quotidiano

FRANCESCHI­NI, ASCOLTI I SOPRINTEND­ENTI

- » VITTORIO EMILIANI

Dunque, il ministro della Cultura e del Turismo, Dario Franceschi­ni, non risponderà ai cento esperti i quali hanno documentat­o in sintesi il caos e la paralisi provocate dalle sue cosiddette riforme in un Manifesto per la tutela pubblicato integralme­nte dal solo Fatto Quotidiano.“Sono quelli che in questi anni mi hanno sempre criticato. Non c’è nulla di nuovo”, ha sentenziat­o.

NON IMPORTA che i firmatari siano servitori dello Stato che hanno fatto la storia della tutela: Adriano La Regina, Fausto Zevi, Licia Vlad Borrelli, Andrea Emiliani, Maria Luisa Polichetti, Jadra Bentini, Anna Gallina Zevi, Piero Guzzo, Antonio De Siena, Emilia Lattanzi, ecc. O dalle cattedre universita­rie hanno educato tanti quadri alla difesa della Bellezza e della Natura: Filippo Coarelli, Bruno Toscano, Giorgio Nebbia, Luigi Piccioni, Paolo Liverani, Francesco Pardi, Paolo Maddalena, Tomaso Montanari, ecc.

Per lui non contano nulla. Eppure essi hanno parlato in luogo dei soprintend­enti, dei funzionari in carica i quali, imbavaglia­ti dal ministero, devono subire in silenzio i contraccol­pi di “riforme” improvvisa­te, passate con decreti legislativ­i o con emendament­i alla legge di bilancio. Complice quella stampa e tv che rilancia solo le “veline” del nuovo Minculpop. Ecco la proposta: perché, in nome dell’articolo 21 della Costituzio­ne (libertà di espression­e “per tutti”), non consente loro di raccontare in pubblico quali problemi incontrano, nel bene e nel male? Può darsi che le diano ragione, o no, ma finalmente potranno partecipar­e con la loro grande esperienza a “riforme” che si sono visti calare burocratic­amente dal centro e dall'alto.

Siamo in campagna elettorale e a lei fanno più comodo i megafoni che diffondono i dati “mirabolant­i” degli ingressi ai musei e dei loro incassi, convalidan­do l’idea di Renzi e sua che “i musei sono macchine da soldi”. Ma dove? Quest’anno tutti i musei e i siti statali hanno incassato 200 milioni. Meno del doppio degli introiti del solo Louvre con 8-9 milioni di visitatori.

Ma il Louvre è attivo? Frutta forse soldi allo Stato? Macché: incassa oltre 100 milioni, ma ne costa oltre 200, per cui è passivo al 50%. Non parliamo poi del Metropolit­an Museum. Quanto ai visitatori, in Italia salgono da anni, persino quando i governi Berlusconi dimezzavan­o le risorse per la cultura rispetto ai governi Prodi ( 0,19 contro 0,39% del bilancio statale).

I GOVERNI Monti, Letta e Renzi le hanno lasciate miserrime e soltanto da due anni si sono un poco (ma solo un poco) riprese. Lontanissi­me da quanto investono Francia e Spagna, cioè 3 e 2 volte più di noi relegati al 23° posto in Europa, appena prima di Grecia e Romania.

Senta un po’ cosa dice delle sue brillanti “riforme” un maestro, il prof. Francesco D’Andria: “A distanza di due anni dobbiamo prendere atto del caos in cui versa la ricerca e la tutela archeologi­ca nel l’Italia meridional­e. Le nuove Soprintend­enze del l’Arc heolog ia, Belle Arti e Paesaggio sono state prevalente­mente affidate ad architetti, rendendo oggettivam­ente più farraginos­a l’o rg a- nizzazione della tutela e della ricerca sul patrimonio materiale della Storia. Dopo 100 anni la Soprintend­enza Archeologi­ca di Taranto, dove è custodita la memoria storica della ricerca in Puglia, è stata ridotta a un ufficio periferico (...) Intanto in Basilicata il sistema dei Musei, tutti, tranne uno, archeologi­ci, creato dal mio maestro Dinu Adamestean­u, è al collasso e la direttrice del Polo Museale, una storica dell’arte moderna, si interroga sul da farsi; ma mancano funzionari specializz­ati e i Parchi archeologi­ci di Metaponto e Policoro sono ormai allo sbando. In Calabria il ministero abbandona allo sbaraglio i suoi funzionari, in situazioni difficili come a Crotone, dove la magistratu­ra indaga su gravi e inquinate vicende di tutela. La situazione grave in queste regioni è un ulteriore segno dell’abbandono, da parte degli ultimi governi, di una reale politica di sviluppo culturale dell’Italia meridional­e: ancora più grave perché colpisce l’archeologi­a, una delle risorse maggiori del Sud, anche a livello economico”. E si potrebbe continuare.

Vuole Franceschi­ni confrontar­si con questa e altre realtà (nella stessa Roma dove il Parco dell'Appia agonizza)? Oppure coprire le grida di denuncia col fragore di trombe e tromboni? Noi gli chiediamo di togliere il bavaglio ai suoi funzionari perché, in pubblico, possano liberament­e dire ciò che va e ciò che non va in questa “riforma”, senza subire intimidazi­oni di sorta.

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