Orsi assolto, ma Finmeccanica non l’hanno fatta a pezzi i giudici
giorni fa la Corte d’appello di Milano ha assolto l’ex presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi e l’ex capo di AgustaWestland Bruno Spagnolini dall’accusa di corruzione internazionale: “Non c’è prova sufficiente che i fatti siano sussistenti”. I due erano stati arrestati cinque anni fa con l’accusa di aver partecipato alla corruzione di un alto ufficiale indiano, il maresciallo Sashi Tyagi, per la vendita di 12 elicotteri militari al governo di Nuova Delhi.
I garantisti un tanto al chilo hanno subito intonato il salmo: ennesima inchiesta che distrugge persone e imprese e per finire nel nulla. Mai contenti. Quando un potente viene condannato, accusano i giudici di sottomissione ai pm e invocano la separazione delle carriere. Quando arriva l’assoluzione recriminano sull’inc hiesta inutile, lasciando aperte solo due strade: l’abolizione dei processi ( con passaggio alla giustizia sommaria) o l’abolizione delle inchieste.
LA VICENDA INSEGNA però cose più interessanti sullo stato delle aziende italiane. Se Finmeccanica ha ricevuto un danno forse irreversibile dall’inchiesta la colpa non è della magistratura. Fu Lorenzo Borgogni, braccio destro del predecessore di Orsi, Pier Francesco Guarguaglini, a denunciare ai pm la tangentona da 51 milioni. Non era un passante, a lui Guarguaglini delegava la lottizzazione tra i partiti (tutti) di decine di poltrone nei cda del gruppo. Era noto, potente e stimato, i magistrati non potevano lasciar cadere le sue accuse. Se Finmeccanica è diventata famosa nel mondo come l’azienda che corrompeva i governi stranieri la colpa non è dei magistrati ma dei manager in guerra tra loro. Orsi infatti è riuscito a convincere i giudici ma non il governo indiano, che ha rotto il contratto da 560 milioni di euro, il vero danno per l’Italia.
Gli italiani sono gli unici ad aver violato la regola aurea delle tangenti: si fa ma non si dice. Non si può andare a vendere cannoni a un dittatore a- fricano con la fama di quelli che spifferano tutto a un magistrato secondo le alterne vicende delle loro lotte di potere. All’indomani dell’arresto di Orsi, nel febbraio 2012, fu lo stesso premier Mario Monti a chiarire: “I nostri colossi possono comportarsi secondo gli standard in uso nei Paesi nei quali anche per l’interesse dell’economia italiana lavorano, ma se è possibile evitando certi fenomeni di ritorno come le tangenti ai partiti italiani”.
Indipendentemente dalla vicenda giudiziaria, Orsi ha dato un contributo non secondario alla distruzione della reputazione di Finmeccanica. Intanto, se è stato disarcionato dall’arresto, anche lui ha preso il posto di un capo azienda costretto a dimettersi perché indagato. L’accusa fu poi archiviata, ma Orsi fu feroce con il predecessore, senza curarsi dell’immagine internazionale dell’azienda: “La Finmeccanica di oggi non ha niente a che spartire con quella di ieri, abbiamo sbarrato la strada alla corruzione”. Dopo di lui ha fatto lo stesso Mauro Moretti, che ha chiuso i suoi tre anni alla guida del gruppo raccontando a tutto il mondo che prima di lui lì dentro succedeva la qualunque: “Il clima è stato completamente cambiato. Abbiamo portato il corretto uso dell’impresa che ho ben distinto dall’interesse personale di ognuno di noi”.
NÉ L’ASSOLUZIONE cancella le lezioni di stile immortalate dalle vituperate intercettazioni. C’è la telefonata di Orsi al presidente della Confindustria Giorgio Squinzi con richiesta di intervento sul giornalista del Sole 24 Ore Gianni Dragoni: “Sono ormai quattro mesi che lui, tutti gli articoli, in fianco al mio nome aggiunge sempre ‘ in d ag a to ’. Cosa che poi non è proprio necessario ripeterlo tutte le volte”. Squinzi, l’uomo che ha giurato di non essersi accorto che proprio in quei mesi nei conti del Sole 24 Ore stava accadendo di tutto, quella volta fu reattivo: “Ma non esiste porca miseria (...) Faccio l’intervento sul direttore senz’altro”.
C’è la cena con il concitta- dino di Piacenza Ettore Gotti Tedeschi. L’ex presidente dello Ior rassicura l’amico sugli effetti dell’inchiesta perché è stato a sua volta rassicurato da tale Ignazio Moncada (“non un massoncello qualsiasi, un grande burattinaio”), e garantisce: “Il sistema è in tuo favore e ti difenderà”. Orsi però teme che il ministro dell’Economia Vittorio Grilli sponsorizzi la sua defenestrazione in favore del direttore generale Alessandro Pansa.
Gotti spiegherà ai magistrati che nell’occasione “mi disse di aver risolto e messo a posto alcuni problemi che aveva la moglie di Grilli attraverso l’affidamento, da parte di Finmeccanica, di consulenze false”. Poi Orsi fa anche peggio, tirando fuori la cosa non in un’intercettazione ma in un’intervista: “Per carità, non parliamone più. Vorrei che su questa penosa vicenda di equivoci e gossip velenosi, perché di questo si tratta, calasse un pietoso silenzio”. Un bel messaggio.
Se i giudici hanno deciso che non ci sono prove sufficienti per una condanna penale, ai contribuenti restano prove più che sufficienti che è questa classe dirigente ad aver fatto a pezzi la Finmeccanica.
Perché si mossero i pm
È stato il dirigente Borgogni a parlare di illeciti. Nel 2012 Monti disse: “I gruppi evitino fenomeni di ritorno come le tangenti ai partiti italiani”
Twitter@giorgiomeletti