Il Fatto Quotidiano

Trasporti e grandi opere, una legislatur­a sprecata

- » MARCO PONTI*

Silvio Berlusconi aveva attirato gli strali della sinistra per quella lavagna esibita in tv da Bruno vespa: 19 Grandi Opere definite da poche linee di pennarello, senza alcuna analisi che le giustifica­sse. Anche Matteo Renzi, all’inizio, aveva censurato questo approccio. Poi ha nominato ministro del Trasporti Graziano Delrio con una promessa: “Da adesso si valuterà tutto in modo trasparent­e”. Ma quel motto si è presto trasformat­o in un altro: “All’Italia serve la cura del ferro”. E l’ideologia delle Grandi Opere è stata pienamente confermata, rimettendo in gioco persino il ponte sullo Stretto di Messina. Il bilancio della legislatur­a che si è appena chiusa per quanto riguarda i trasporti non è esaltante.

Ferrovie: dal monopolio al super-monopolio

sono certo reali, ma microscopi­ci rispetto ai costi: un raddoppio del traffico merci ferroviari­o (risultato miracoloso) comportere­bbe una riduzione di meno dell’ 1% delle emissioni totali di CO².

Il settore aereo: Alitalia e low-cost

Questo settore ha visto anche negli anni della crisi una crescita impetuosa, soprattutt­o grazie alle compagnie low cost, che si stima abbiano ridotto le tariffe per tutti gli utenti del 30 per cento circa. Alitalia tuttavia, pur diventata una compagnia minore, continua a essere sostenuta con interventi e risorse pubbliche. Nessuno ammette che questa strategia, in atto da un ventennio, è la causa del problema, non il rimedio.

La debolezza del regolatore

La scelta politica di mantenere lo status quo e di liberalizz­are il meno possibile nel settore si è manifestat­a nella debolezza degli strumenti messi a disposizio­ne della nuova Autorità di Regolazion­e dei Trasporti ( Art). Non può neppure intervenir­e con ingiunzion­i di unbundling (spezzatino), che è uno degli strumenti principali per ridurre l’eccesso di potere di marcato delle imprese dominanti o monopolist­iche.

Un bilancio complessiv­o

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