“Un bimbo, una barca, i morti Ma non datemi etichette”
Tra le Nuove Proposte: “Non amo le melodie che si fischiettano”
“Mi
guardo intorno e neanche a dirlo vedo sempre e solo onde, dopo onde, ancora onde, allora onde evitare di addormentarmi come gli altri ed esser buttato in mare mi unisco al coro della barca e inizio a piangere e gridare. Ma non ho la forza, chiudo gli occhi e non so neanche nuotare”. Stiamo tutti bene, canterà Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane, sul palco dell’Ariston. Già vincitore del Premio Bindi e di Musicultura 2017, sarà in gara tra le Nuove Proposte con un brano coraggioso.
Una canzone parlata, che affronta un tema non facile come l’immigrazione. Forse non stiamo proprio tutti bene. Ho pensato che per toccare un argomento simile, che ormai non fa più notizia anche quando è una notizia, avrei dovuto usare una forma inaspettata. Non volevo che di- ventasse una melodia da fischiettare. E poi ho scelto di far parlare un bambino, che avrebbe messo tutti d’accordo.
Ma l’immigrazione sui barconi non mette tutti d’accordo, anzi...
Questa non è una canzone politica, non sposo alcuna ideologia. Non a caso il ragazzino di cui parlo ha un nome italianissimo (Mario, ndr), non si sa da dove viene né di che colore ha la pelle. È solo un bambino convinto di andare in vacanza con la madre per cercare il padre e che invece si ritrova in una barca in mezzo al mare. Mentre intorno a lui tutti muoiono... Claudio Baglioni ha molto a cuore il tema dei migranti: per 10 anni ha realizzato un Festival a Lampedusa. La scelta di portare questa canzone è stata un po’ ruf fiana?
Quando l’ho presentata non c’era alcuna certezza che sarebbe stato lui il direttore artistico.
Prima di lei con una canzone parlata c’è stato pure il compianto Giorgio Faletti. Cosa si aspetta da Sanremo? Niente. Mi auguro che sia un modo per far conoscere tutto quello che ho fatto prima di arrivare lì.
Ecco, che ha fatto? Un disco mio già ce l’ho. A febbraio ne uscirà un altro, già previsto prima ancora che arrivasse la chiamata sul palco. E sto scrivendo la terza canzone per il prossimo. Ho molte cose da dire. Qual è stato il suo percorso artistico finora?
Sono nato a Roma 31 anni fa, nel quartiere Garbatella. Ho sempre studiato musica: chitarra, pianoforte, arrangiamenti. Ma ho sempre pensato di dover lavorare dietro le quinte. Poi, a causa di una serie di delusioni, ho deciso di metterci la faccia. Sono timido, ma era la mia ultima possibilità per realizzare quello che avrei voluto. Altrimenti?
Altrimenti avrei preso un aereo per andare a fare altrove una vita normale. Per fortuna, fin qui è andata liscia.
Per fortuna è anche il titolo di una sua canzone, nella quale si affronta con ironia il tema della precarietà. Diceva Alberto Sordi: ‘Quando se scherza tocca esse’ seri’. L’ironia fa parte della mia romanità e mi piace parlare di cose serie scherzando. Se dovesse definirsi, che tipo di cantautore sarebbe?
Amo le parole, le immagino appoggiate al davanzale della finestra, consumo libri come se fossero pasti. Mi piace che nella mia musica si dia grande importanza al testo. Altrove vedo un divario immenso tra la melodia e le parole, a discapito di queste ultime. Mi scusi, lei è Mirko, ma il cane dov’è?
Non ce l’ho. Ho un gatto meraviglioso che si chiama Michelle. In onore dei Beatles. Non della Hunziker.