Come fu che Di Maio e Vespa ci insegnarono il senso del tempo
“Guarda, Bruno”, dice il giovane politico allungandosi neghittoso sulla poltrona, “se me lo chiedevi domenica o anche solo stamattina t’avrei risposto di sì, ma adesso... proprio ora... alle sei del pomeriggio di questo piovoso martedì di gennaio... la risposta è no. No no, non è più il momento. D’altronde, caro Bruno, come dicevano i latinos, carpe diem”. Mentre andiamo in stampa, la performance di Luigi Di Maio a Porta a Porta non è ancora andata in onda, ma ne conosciamo i contenuti grazie alle agenzie e noi, il momento in cui il candidato M5S ha detto “non credo che per l’Italia sia più il momento di uscire dall’euro”, ce lo immaginiamo come sopra. Dice Di Maio che ora “ci sarà più spazio” per l’Italia in Europa visto che “l’a ss e franco-tedesco non è più così forte come prima”: quindi “non è più il momento”. Dice: ma che è cambiato? Perché prima sì e adesso no? Qual era il problema dell’euro e cosa cambierà ora che c’è “più spazio”? Non si sa, Di Maio non ce lo vuole dire: certo, non sottovalutiamo l’avviso che “non è più il momento” dacché, come ben sanno i seguaci del metodo Ogino-Knaus, la tempistica ha la sua importanza. Lo stesso proficuo agire dei minuti e delle ore lo vediamo già all’opera pure sull’argomento “Nato”: si partiva dal “superamento della Nato”, sostituito nel nuovo programma dalla più sobria “riforma della Nato”, che potrebbe presto diventare “chi è Nato?”. Il futuro, si sa, è spesso alle nostre spalle: anche in questo caso è solo questione di tempistica.