Baglioni & C. volano basso: “Ci basta il 40%”
Una cosa che non avevamo ancora visto a Sanremo – e se ne sono viste davvero di tutti i colori – è la conferenza stampa situazionista, in cui si discetta di “flower power” e “fantasia al potere”, in omaggio al Sessantotto, da cui è trascorso mezzo secolo, e in omaggio anche al Festival edizione numero 68: più uno stream of consciousness che un incontro con i giornalisti. Siccome però non siamo nell’Ulisse di Joyce, vorremmo darvi qualche notizia, ma praticamente non ce ne sono: con Claudio Baglioni sul palco ci saranno i disinvolti Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino. Questo però lo sapevamo già da settimane. Buio pressoché assoluto sui super ospiti così come sulla conduzione sia dell’anteprima sia del Dopofestival. Per il resto ieri abbiamo assistito a una lunga performance in cui il direttore artistico ha intrattenuto i presenti con un surplus di aneddotica agiografica e mostrando di avere una più che discreta idea di sé (però, però: ha scritto “quella sua maglietta fina”, mica scoperto la penicillina). Sarà un “festival rivoluzionario”, “più popolar nazionale che nazional popolare” ma anche “un festival zero punto zero”, qualunque cosa significhi. Baglioni, poi, preferisce definirsi un “dittatore artistico” più che un direttore artistico perché “c’è un avanzo di responsabilità ma anche di potere”. E a proposito di potere, lui lo intende “non come sostantivo ma come verbo”, spiega alla moda di Matteo Renzi che lo ripete sospettosamente troppo spesso. Uno dirà: non sono più i tempi in cui Ettore Bernabei convocava le soubrette raccomandandosi di accentare in modo corretto le parole, ma è pur sempre il festival della canzone italiana e speriamo di vederlo presentare in italiano (quel “in maniera percentualistica” ascoltato ieri non si può davvero sentire).
TRALASCIANDO le questioni di forma, che Sanremo vedremo dal 6 al 10 febbraio? Una gara senza gara (niente eliminazioni, niente classifiche), uno spettacolo molto musicale e poco televisivo: “Abbiamo pensato a lungo a cosa avremmo potuto aggiungere alle ultime edizioni baciate da un grande gradimento”, ha detto Baglioni. “Nel mio dna c’è il poter fare qualcosa che vada maggiormente verso il titolo del festival che è quello della canzone italiana. Non ci saranno gli ingredienti della super trasmissione televisiva”, e mentre pronunciava queste ultime parole il direttore di Rai Uno, Angelo Teodoli moriva dentro. I comici sì, ma non sappiamo chi, (saranno comunque tenuti alla par condicio elettorale, in caso di satira politica); gli attori hollywoodiani no (“non hanno portato grande artisticità sul palco dell’Ariston, per loro venire a Sanremo era come fare delle ‘vacanze romane’, penso che di tanti interventi si possa fare a meno”). Tra i super ospiti musicali (tutti saranno legati in qualche modo all’italianità del festival), confermati Laura Pausini, Liam Gallagher e Sting: “Vediamo se confermano loro”, dice Baglioni. Alla domanda sugli ospiti extra musicali, magari sportivi, la risposta è: “La linea preferenziale (ma che è, un impianto elettrico?) è invitare persone che fanno questo lavoro”.
INSOMMA è ancora tutto in fieri: tutto bene, non fosse che ce la vogliono vendere come una figata e non come il presentimento di un disastro. Per questo però bastano le previsioni sullo share di Teodoli, che “spera nel 40%” di media, dopo le edizioni dei record di Carlo Conti. La pubblicità ha quasi raggiunto il livello dello scorso anno, con una raccolta attualmente a quota 25 milioni di euro (rispetto ai 26 dell’anno scorso a fine stagione), mentre i costi raggiungono 16 milioni 400 mila euro. Molti (troppi?) se li mangia la conduzione e questo lo ricordiamo per le polemiche sul cachet di Conti, che l’anno scorso era stato aumentato di 100 mila euro ri- spetto al 2016 (arrivando a 600mila per conduzione e direzione artistica): con Maria De Filippi ( che era venuta gratis) aveva fatto di media il 51 per cento di share. Quest’anno, secondo indiscrezioni, a Baglioni vanno 500 mila euro, 400 mila alla Hunziker, 2-300 mila a Favino. In tutto più di un milione di euro: vedremo se saranno un buon investimento. Di certo c’è che la tensione in Viale Mazzini è altissima: la scelta di non sacrificare nessuno dei volti Rai per il dopo Conti, puntando su Baglioni potrebbe rivelarsi troppo avventata. Per questo ai “tre moschettieri” (qualcuno chieda scusa a Dumas) sembra che ogni sera si aggiunga un D’Artagnan per salvare la patria: al debutto dovrebbe esserci addirittura Fiorello, poi Frizzi, Clerici e Amadeus.