Sexy corsi, Bellomo cacciato Le ex allieve sfilano in Procura
75 sì a favore della destituzione. Il consigliere: “Ingiustizia è fatta”
■Inchiesta a Milano sulla scuola: saranno ascoltate 15 borsiste. Spesso erano invitate a lasciare i fidanzati E c’è chi ha parlato di pagamenti in nero
Destituzione alla quasi unanimità, altro che partito del Consiglio di Stato salva Bellomo. L’Adunanza generale, ieri, ha deciso, per la terza volta nella storia, di cacciare un suo membro: Francesco Bellomo, indagato a Piacenza per “atti persecutori” e a Bari per estorsione. È il direttore della scuola “Diritto e Scienza che imponeva alle allieve aspiranti magistrato “sottomissione” anche in materia di “fidanzati” e “dress code” con minigonne e tacchi a spillo. A favore della destituzione, ci risulta, 75 consiglieri contro un unico no e 5 astenuti, tra cui il consigliere Sergio Santoro. Seduta a porte chiuse, voto palese.
HA APERTO i lavori il presidente aggiunto Filippo Patroni Griffi che ieri ha ricordato come il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Cpga) abbia ritenuto i comportamenti di Bellomo “gravemente lesivi del prestigio della magistratura e della fiducia che il cittadino deve riporre nelle istituzioni” . Bellomo in una lettera aperta ha scritto: “Ingiustizia è fatta”. E ancora. “Non ho subito condanne, ho vinto 5 concorsi in magistratura tra ordinaria e amministrativa ma non posso farne parte. Questo è il nostro Paese? Ho perso ingiustamente la reputazione e il lavoro”.
Quella di ieri è stata l’Adunanza generale più partecipata che si ricordi: c’erano tutti i consiglieri. Età media sotto i 50 anni, è la “Corte suprema amministrativa” più giovane d’Europa. All’appello manca- vano solo coloro che non avevano diritto a partecipare: il presidente Alessandro Pajno e i membri del Cpga in quanto promotori dell’azione disciplinare, i consiglieri fuori ruolo come Roberto Garofoli, capo di Gabinetto del ministro Padoan, alcuni dei consiglieri della Quinta sezione che potrebbero essere investiti di un ricorso.
Le motivazioni del “parere conforme” dell’Adunanza a quanto chiesto dal Cpga saranno depositate oggi, domani si riunirà lo stesso Cpga che a ottobre aveva chiesto la destituzione di Bellomo, tra l’altro, per aver “imposto comportamenti e contegni chiaramente lesivi dei diritti fondamentali della persona e segnatamente della loro dignità”. Tutto ciò non aveva nulla a che fare “con l’obiettivo della formazione”. Inoltre a Bellomo gli è stato contestato “l’abuso di potere” della sua funzione di magistrato per aver chiesto l’intervento dei carabinieri quando la sua allieva con la quale ebbe una relazione cessò ogni rapporto e in seguito, a dicembre 2016, il Padre presentò l’esposto sia alla procura di Piacenza che al Consiglio di Stato, che si è mosso in tempi “rapidi”, se si considera il meccanismo arcaico del disciplinare: “È come se facessimo una guerra con la c er bo tt an a”, ci ha detto un consigliere.
Dopo la “ratifica” del Cpga, venerdì, per rendere effettiva la destituzione dovrà essere emesso un decreto del presi- dente della Repubblica. Bellomo può fare ricorso, sul piano astratto, per 4 volte complessive al Tar e al Consiglio di Stato sia per chiedere una sospensiva della destituzione sia per ottenere l’annullamento nel merito.
SULLA DECISIONE di ieri, che ha sfiorato l’unanimità, ha avuto il suo peso il pensiero riservato del capo dello Stato Sergio Mattarella sul cambio di passo, netto, che dovrebbe avere la magistratura amministrativa. Il caso Bellomo, sollevato l’8 dicembre dal Fatto Quotidiano e dal Mattino, è finito su tutti i giornali e tv mettendo in discussione un sistema di consulenze e docenze nelle scuole private per aspiranti toghe e non solo. Ai giudici amministrativi sono consentiti insegnamenti vietati ai giudici ordinari. Inoltre è emerso quanto datato sia il sistema disciplinare: ha norme del 1926 e del 1982 “inefficaci”, come ha sottolineato il presidente Pajno nel ribadire al governo, inascoltato, una richiesta di riforma, auspicata anche dal Quirinale.
Ieri all’Adunanza generale è stata riconosciuta l’enormità dei fatti contestati, con interventi mirati a rendere inattaccabile sul piano tecnico giuridico il parere per il Cpga.
Le motivazioni “Comportamenti lesivi della dignità e abusi di potere, nulla a che fare con la formazione”