La versione dei pm: “Ha investito poco, non sapeva segreti”
Perché sono state ritirate le accuse Secondo una perizia dei magistrati a scagionare il finanziere sono le somme troppo esigue impegnate nell’operazione
Una perizia sulle movimentazioni finanziarie di Carlo De Benedetti. È una delle carte in mano ai pm romani, che hanno voluto chiudere questa imbarazzante vicenda per Matteo Renzi (e non solo) già da un paio d’anni. È del primo giugno 2016 la richiesta di archiviazione per l’unico indagato del filone d’inchiesta nato dalla telefonata tra il patron del Gruppo Espresso e il broker Gianluca Bolengo: il 16 gennaio 2015, a pochi giorni dal decreto del governo, disponendo l’acquisto di azioni sulle banche popolari, De Benedetti tira in ballo l’allora premier: “Passa, ho parlato con Renzi ieri”.
In quattro pagine di richiesta di archiviazione, la Procura guidata da Giuseppe Pignatone spiega il perchè in questa vicenda nessuno ha commesso reati: né il broker inizialmente accusato di non aver comunicato alla Consob presunte informazioni riservate, né De Benedetti né Renzi.
INSOMMA, sono solo chiacchiere, non c’è alcun insider trading. Questo reato è regolato dall’articolo 184 del Tuf (Testo Unico della Finanza) e punisce chiunque ponga o faccia porre in essere operazioni su strumenti finanziari sulla base di informazioni privilegiate detenute in virtù della propria posizione. Per informazione privilegiata si intende (articolo 181 del Tuf) “di carattere preciso” e non pubblica. Per il pm titolare del fascicolo Stefano Pesci, le informazioni detenute da De Benedetti non avevano queste caratteristiche: “Sono due gli elementi price sensitive che avrebbero dovuto rimanere riservati – è scritto nella richiesta di archiviazione –: l’adozione dello strumento del decreto legge e la data di emanazione”. De Benedetti quindi non conosceva le tempistiche (nell’ intercettazione parla di un“provvedimento ”“nei prossimi mesi... una o due settimane”), né che si trattasse di un decreto: l’ingegnere – è scritto negli atti – “si limita ad affermare di aver appreso di un ‘intervento’: espressione polivalente, che nulla apporta in più rispetto a quanto ben noto al Bolengo”. Eppure nell’intercettazione è proprio il broker che parla di decreto: “Quindi volevo capire una cosa... (incomprensibile) salgono le popolari?” chiede De Benedetti. E Bolengo: “Sì, su questo se passa un decreto fatto bene salgono”. L’editore rassicura: “Passa, ho parlato con Renzi ieri”.
Il termine “decreto”, continua la richiesta di archiviazione, è del “tutto generico e palesemente senza connotazio- ne tecnica”. Insomma, geni della finanza potrebbero non avere nozioni di diritto, usando impropriamente alcuni vocaboli.
E POI CI SONOi rumors che circolavano già da inizio gennaio del 2015 su un’imminente riforma: sarà per questo che un investitore esperto come De Benedetti ha investito 5 milioni? L’Ansa ne aveva scritto il 3 gennaio 2015. Nel lancio si legge: “Il governo starebbe studiando di lanciare in primavera la riforma del settore... un intervento legislativo richiesto da decenni ma mai varato”. Lo stesso giorno Repubblica scrive di “qualche provvedimento governo- Bce sulle popolari entro marzo” e due giorni dopo anche MilanoFinanza annuncia la riforma per marzo. In nessuno di questi articoli si parla di un decreto. Che alla fine arriverà ben prima delle previsioni: viene varato il 20 gennaio 2015.
De Benedetti adotta la stessa linea: ieri un suo portavoce, ribadendo che non vi è stato alcun abuso di informazione privilegiata, fa sapere che “l’approvazione della norma era ampiamente nota al punto che Ubs (banca svizzera, ndr) aveva tenuto una conferenza stampa sul tema due settimane prima, presso la Borsa di Milano, consigliando di acquistare azioni delle Popolari”. Ma, anche qui, il problema resta il decreto.
LA PROCURA ha anche disposto una perizia, eseguita da esperti milanesi, sulle operazioni finanziarie dell’ editore. Nella consulenza tecnica si dice, in sostanza, che qualora l’imprenditore avesse avuto realmente notizie precise, avrebbe di certo investito di più. Le movimentazioni in entrata e in uscita di De Benedetti, analizzate dai periti ammontavano a circa 600 milioni: 5 investiti su sei Popolari (con un ricavo di 600 mila euro) sarebbero quindi briciole. Anche per questo per i pm non c’è reato. Stessa conclusione della Consob. La vicenda quindi è chiusa, ameno che ilGip decida diversamente dall’impostazione della Procura, riaprendo il caso.