E ORA LA FUGA DALLE NOTIZIE DI MEDIA E POLITICA
Apprezziamo la solerzia con cui la Procura di Roma persegue gli autori della rivelazione di segreto che ha reso nota la telefonata tra Carlo De Benedetti e il suo broker in cui si rivela che Matteo Renzi aveva “soffiato” all’Ingegnere il decreto Popolari regalandogli una plusvalenza da 600 mila euro. Argent de poche, spiccioli, come dicono De Benedetti e il procuratore Pignatone. L’inchiesta sulla fuga di notizie in Parlamento è sicuramente un atto dovuto e gli atti discrezionali sul resto della vicenda, invece, legittimamente... discrezionali.
Solo una cosa davvero spiacevole già vediamo al l’orizzonte: anche stavolta si tenterà di dirottare l’attenzione dell’opinione pubblica. Come fu per Consip, una gara da 2 miliardi e spiccioli attorno a cui si agitava, irrituale, l’interesse di famigli, famigliari, deputati, avvocati, aziende e madonnine di Medjugorje, diventata il tentativo di golpe di due/tre carabinieri. L’imbarazzante conflitto di interessi su Banca Etruria di una ministra che ha messo in mora l’esecutivo nei confronti di controparti istituzionali (Banca d’Italia, Consob) e finanziarie è divenuto una campagna d’odio maschilista.
E adesso c’è la fuga di notizie energicamente perseguita dai pm. Lo diciamo prima delle (eventuali) perquisizioni nei giornali: l’interesse pubblico di questi fatti non è in discussione, anche se la stessa Procura ha giudicato - con legittima discrezionalità - che perseguirli non è suo interesse giudiziario. Il grumo incestuoso di pressappochismo e interessi privati che sono gran parte del renzismo al governo sta plasticamente in quella telefonata: il grande editore/giocatore in Borsa che “fa breakfast” col premier (e coi vertici di Bankitalia) e tra un consiglio (“gratis”) e l’altro apprende una cosa che gli frutta 600 mila euro è un fatto di enorme interesse pubblico, anche alla luce del racconto che i media mainstream hanno dato e daranno di questi casi. La fuga di notizie non giustifica la fuga dalle notizie.