Il bel “Manifesto” di Missouri, i fiori di Monet e Milano in giallo
Il film da vedere Tre manifesti a Ebbing, Missouri Martin McDonagh
Si capì presto all’ultima Mostra di Venezia – almeno, lo capì chi capisce di cinema – che quello scelto per aprire la 74esima edizione non era l’americano migliore. Downsizingdi Alexander Payne era poca roba, e non solo perché Matt Damon si rimpiccioliva, i titoli stelle & strisce che avrebbero meritato l’ouverture erano The Shape of Water di Guillermo Del Toro e, ancor più, Three Billboards Outside
Ebbing, Missouri di Martin McDonagh. Non è una novità per il Lido targato Alberto Barbera che li si ritrovi qualche mese più tardi in pole po
sition per gli Oscar, e con più di qualche alloro già in carnet: se anche Del Toro a poco meno di due mesi dalla Notte degli Oscar (il 4 marzo…) ha già la pancia piena, Tre ma
nifesti ha appena calato il poker (film drammatico, sceneggiatura, attrice protagonista e attore non) ai Golden Globes, stracciando la concorrenza.
A FIRMARE REGIA e script è il britannico classe 1971 McDonagh, che dopo l’ottimo
In Bruges (2008) e l’eterodosso 7 psicopatici( 2012) fa la ciambella perfetta, superando il modello implicito, i fratelli Coen. È questo il film che Joel ed Ethan forse sognano di fare e comunque non fanno da anni a questa parte: destino beffardo, è anche il film che S ubu rb ico n di George Clooney, presentato proprio a Venezia e tratto da un vecchio copione dei Fratelli, non è riuscito a essere, risolvendosi pure in un flop assoluto al botteghino. Che moode to
poi siano dei Coen lo suggerisce a gran voce la protagonista Frances McDormand, signora Joel dal 1984, loro icona e qui semplicemente superba. Scrivemmo a Venezia, “non le dovessero dare Coppa Volpi, Golden Globe e Oscar, bruciate tutto”: per ora ha mancato la Volpi andata a Charlotte Rampling – dalla Laguna Tre manifestiè uscito con il premio alla sceneggiatura – e ha vinto il Globo, speriamo che gli Academy Awards si portino bene.
La 60enne Frances interpreta Mildred, che lotta per dare verità e giustizia alla figlia stuprata, assassinata e bruciata alcuni mesi prima. Il colpevole ancora non c’è, e per ridestare l’attenzione Mildred affitta tre vecchi cartelloni pubblicitari fuori Ebbing, Missouri, chiamando in causa il capo della polizia locale William Willoughby (Woody Harrelson), che scopriremo è malato di cancro al pancreas. Tra gli sbirri, spicca per violenza, razzismo e balordaggine l’agente Dixon (Sam Rockwell, premiato ai Globes), che non tollera l’iniziativa di Mildred.
Nel cast Abbie Cornish e Lucas Hedges, è una dark co
medy sanguinolenta e arrabbiata, sottile e ispida, mai bigotta né scontata. Complici dialoghi sferzanti e impietosi, non fa prigionieri: la correttezza politica è la prima a cadere, ma cadaveri sono anche gli stereotipi e le scorciatoie. Per dire, la lettera di Willoughbly fa venire la pelle d’oca. Insomma, il genere ai suoi massimi, il film di un
control freak generoso, spassoso ed empatico: sui quei Tre
manifesti il cinema ha caratteri cubitali.
La pellicola che ha vinto 4 Golden Globe
(in attesa degli Oscar)