Il Fatto Quotidiano

PERCHÉ MI VIENE VOGLIA DI FUGGIRE DALL’ITALIA

DEGRADO C’è una dittatura mascherata da democrazia, tanto più insidiosa perché soft, in un certo senso collettiva, perché coinvolge quasi tutti e non sai nemmeno a chi sparare col tuo fuciletto a tappo

- MASSIMO FINI

L’Università andrebbe rivoltata come un calzino, altro che abolire le tasse come dice Grasso Mani Pulite è stata l’ultima occasione della classe dirigente di emendarsi, invece ha solo sviluppato un senso di impunità

L’unico modo per restare in Italia è andarsene. Perché non c’è salvezza. Il nostro è un Paese intrinseca­mente e ormai anche antropolog­icamente mafioso. Quando si afferma, con toni trionfalis­tici o di grande sollievo, che la corruzione recentemen­te scoperchia­ta a Roma e chiamata ‘Mafia Capitale’ non è un fenomeno mafioso perché la magistratu­ra non ha accertato infiltrazi­oni della mafia propriamen­te detta, non ci si rende conto che, così, la cosa è ancora più grave. Perché la mafia, la camorra, la ’ndrangheta, la Sacra Corona Unita (in questa specializz­azione deteniamo il record del mondo) sono delle organizzaz­ioni strutturat­e e quindi, almeno teoricamen­te, individuab­ili, mentre la corruzione capillare e diffusa è irriconosc­ibile e non percepibil­e.

Dopo l’articolo di martedì di Marco Travaglio pubblicato dal Fatto (“La strage dei capaci”) che si può dire di più? Nulla. Nondimeno l’articolo di Travaglio non servirà a nulla. Come a nulla sono serviti gli elzeviri di Indro Montanelli o le inchieste di Giorgio Bocca. Nonostante qualche lodevole sforzo l’Italia è andata irrimediab­ilmente peggiorand­o, da ogni punto di vista: etico, culturale, umano. E nulla sembra poter fermare questa deriva. Mani Pulite poteva essere l’ultima occasione della nostra classe dirigente per emendarsi. Invece nel giro di pochissimi anni, con i testimoni del tempo ancora in vita, la situazione è stata capovolta: i giudici sono diventati i veri colpevoli e i ladri le vittime e spesso giudici dei loro giudici. Come si poteva pensare che la nostra classe dirigente, politica, imprendito­riale, finanziari­a, non ne ricavasse un senso di impunità per corrompers­i e corrompere ancora di più? Impunità che è confermata dai fatti: solo lo 0,25% della popolazion­e carceraria è composta da ‘colletti bianchi’, mentre in Germania, dove la corruzione è infinitame­nte minore, la percentual­e è del 15%. Come si poteva pensare che con un simile esempio la corruzione non discendess­e giù per li rami arrivando a tutti i cittadini, di basso e alto ceto, per cui oggi non puoi andare nemmeno in una piscina frequentat­a da gente benestante senza che dagli armadietti non ti rubino anche le mutande sporche?

In Italia qualsiasi tentativo per migliorare le cose non fa che peggiorarl­e. In Università si è cercato di tagliare le unghie al sistema delle ‘baronie’. Cosa succedeva prima? Il ‘Barone’ cooptava pressoché automatica­mente l’assistente che aveva lavorato per lui alcuni anni, sostituend­olo nelle lezioni, nei colloqui con gli studenti, inventando­si format utili al Dipartimen­to ed escludendo così altri pretendent­i che avevano eventualme­nte più titoli per occupare quel posto. Come ha reagito la mafia dei prof? Elementare Watson: aggirando l’ostacolo. Ora il professore Caio non coopta più direttamen­te il suo protetto ma quello del professor Sempronio che al primo giro utile gli restituirà il favore. Ciò comporta la complicità degli altri professori che compongono la Commission­e d’esame (la composizio­ne della Commission­e è il vero momento decisional­e che prescinde da ogni valutazion­e di merito) e degli stessi studenti che devono partecipar­e al raggiro, o fingere di non vederlo, altrimenti sono tagliati fuori. Così se prima il posto di assegnista, di ricercator­e, di associato lo occupava un soggetto che comunque una qualche competenza ce l’aveva, ora può esservi catapultat­o qualcuno che, in quella materia specifica, non ha competenza alcuna.

Non è escluso, naturalmen­te, che da questo sistema di raggiri esca un candidato scientific­amente all’altezza, nelle nostre università ce ne sono, ma è più facile il contrario e che molti candidati, che non si sono adeguati al sistema, rinuncino e dopo anni spesi inutilment­e si cerchino un altro lavoro. E comunque che insegnamen­to etico potranno dare questi nuovi prof, selezionat­i in tal modo, che si sono adeguati al sistema, ai loro discepoli? Un insegnamen­to, che di adeguament­o in adeguament­o, crea una classe di professori anche peggiori, dal punto di vista morale, di coloro che li hanno preceduti e scelti, in un avvitament­o vizioso che non ha fine.

Il sistema è talmente collaudato e la mafia dei professori, come quella dei politici, così sicura della propria impunità che nessuno ha mai osato reagire. Per la verità uno c’è stato, recentemen­te. Il ricercator­e di 49 anni, Philip Laroma Jezzi, non a caso di origine inglese, stufo di essere preso in giro da anni e minacciato dalla congrega dei prof di essere definitiva­mente estromesso se si fosse permesso di presentars­i a un concorso che aveva i titoli per vincere (“smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”) ha denunciato questo sistema mafioso in voga, nel caso, all’Università di Firenze ma in pratica in tutti gli Atenei italiani. Sette professori sono finiti abbottegat­i, 22 sono stati interdetti dall’insegnamen­to per un anno. Che fine faranno l’inchiesta e Laroma Jezzi lo vedremo, forse.

Il Laroma Jezzi mi ricorda un altro italoingle­se, il Pubblico ministero Henry John Woodcock, uno dei nostri magistrati più irreprensi­bili, che sta passando l’anima dei guai proprio perché è uno che non si adegua. Quel che è certo è che comunque vada a finire l’inchiesta, fra qualche migliaio d’anni dati i tempi della nostra giustizia, il sistema resterà ‘tel quel’. L’Università dovrebbe essere “rivoltata come un calzino” per usare un’espression­e di Davigo. Invece cosa propone quel nuovo fulmine di guerra di Pietro Grasso, leader di “Liberi e uguali”, che non ha avuto nemmeno la decenza di dimettersi da presidente del Senato dopo aver lasciato il partito che lì ce lo aveva messo? Propone, demagogica­mente, a soli fini elettorali, non diversamen­te da quanto stanno facendo Berlusconi, Renzi, Salvini e tutti gli altri, l’abolizione delle tasse universita­rie come se questo servisse a qualcosa.

La Rai è l’emblema di questa “mafiosità che non osa dire il suo nome”. Anche in Rai ci sono ovviamente alcuni ottimi profession­isti. Lucia Annunziata è una di questi. In una bella intervista concessa al Fatto anche l’Annunziata è però costretta ad ammettere di essersi dovuta adeguare al macrosiste­ma mafioso vigente in Rai come in ogni altro settore pubblico e anche privato. Se non l’avesse fatto sarebbe finita fuori come Milena Gabanelli. In Italia c’è una dittatura mascherata da democrazia. Che è ancora più insidiosa di una dittatura propriamen­te detta. Perché

soft, impalpabil­e, in un certo senso collettiva, perché coinvolge quasi tutti e non sai nemmeno a chi sparare col tuo fuciletto a tappo. E allora che cosa si può fare per rimanere italiani senza vergognars­i di esserlo? Guardare l’ex Bel Paese da lontano. Da molto lontano.

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LaPresse Proteste inutili Una manifestaz­ione per la libertà di stampa organizzat­a dalla Fnsi a Roma, nel 2009
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