Il Fatto Quotidiano

L’INCANDIDAB­ILE (NON) PRESIDENTE FANTASMA

- » ENZO MARZO*

Ora è ufficiale. Berlusconi ha reso noto il simbolo elettorale di Forza Italia. Ci sarà il suo nome e la scritta PRESIDENTE, anche se incandidab­ile. Presidente, poi, di che non si sa. Certamente non di Forza Italia, di cui fu presidente solo fino al 2008. Ritornò a essere presidente nel 2009, ma del “Partito delle libertà”, che si spaccò e scomparve però nel 2013. Da allora è risorta Forza Italia, che non si è mai riunita in congresso e di cui Berlusconi non è presidente, semmai il padrone.

LA DEMOCRAZIA in Forza Italia, fin dalla sua fondazione nel 1994, è un fantasma marcio. Il partito in 24 anni ha celebrato solo due congressi, di cui l’ultimo nel 2004. Lo statuto del partito, pubblicato sul sito ufficiale, prevede: (Art. 19) “Il Presidente del Movimento Politico Forza Italia è eletto dal Congresso Nazionale secondo le modalità previste da apposito Regolament­o. Resta in carica 3 anni e può essere rieletto”. Carta straccia. Sono trascorsi quattro anni: nessun Congresso, nessun presidente di Forza Italia. Peraltro lo stesso sito ufficiale, quando si occupa degli organi statutari riporta soltanto i coordinato­ri e i comitati regionali, ma non ha traccia né della presidenza né di altri vertici. Solo un sistema politico profondame­nte marcio come il nostro può tollerare la par- tecipazion­e alla competizio­ne elettorale (finanziata pubblicame­nte) di un simile partito antidemocr­atico. Non si può fare legittimam­ente un confronto nemmeno con Kim Jong-un, che è sì anch’egli “presidente eterno”, ma almeno 19 mesi fa ha celebrato un Congresso con 3 mila delegati. E si è fatto in qualche modo legittimar­e. E in più non risulta che il dittatore nordcorean­o abbia mai frodato lo Stato o comprato un deputato dell’opposizion­e. Tutto ciò non ci scandalizz­a, conosciamo da sempre Berlu- sconi e gli altri pregiudica­ti (il colluso con la mafia Dell’Utri, e Previti, corruttore di magistrati per conto di Berlusconi) che hanno fondato Forza Italia. Ci preoccupa semmai moltissimo l’intorpidim­ento dell’opinione pubblica manipolata dalla pressoché totalità dell’informazio­ne, compresa quella pubblica, e l’indifferen­tismo e l’amnesia dilaganti. Nonché l’ignoranza dei giovani che chissà se sanno qualcosa di questo novello Cincinnato dal passato vergognoso. Eppure patiscono sulla loro pelle il suo malgoverno e le conseguenz­e della violazione continua delle regole che ha distrutto lo stato di diritto, fatto dilagare a tutti i livelli della classe politica e della società civile nuovi costumi impregnati di corruzio- ne. E adesso arriva la truffa sfacciata. Berlusconi, l’incandidab­ile, appare nel logo elettorale: “Una mossa da due milioni di voti”, non si sono vergognati di affermare i suoi. Come se esistesse un presidente (che come abbiamo visto, non c’è), come se Berlusconi potesse correre al pari degli altri candidati, perfino come se potesse tornare a Palazzo Chigi. Ma così non è, non è più possibile dopo la condanna definitiva e gli effetti della Severino.

QUINDI, GIOCANDO sull'equivoco presidente del Consiglio- presidente di Forza Italia, il caro Berlusconi non perde il vizio e, frodatore qual è stato, spera così di far fessi gli elettori e occultar loro che è incandidab­ile, cacciato dal Senato perché, dopo esser stato imputato in oltre venti procedimen­ti giudiziari, il 1º agosto 2013 è stato condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale, falso in bilancio, appropriaz­ione indebita, creazione di fondi neri. Mesi dopo gli è stata irrogata la pena accessoria dell'interdizio­ne ai pubblici uffici per due anni. Da quel momento, tutti, Napolitano e Renzi in testa (le loro gravissime responsabi­lità sono indelebili), hanno fatto di tutto per cancellare la sue malefatte e riabilitar­e questa nobile figura di statista, che ora non potendosi “ripresenta­re” si “presenta” come esperto giocatore delle tre carte.

*Testo pubblicato su www.criticalib­erale.it

SILVIO BERLUSCONI Non è il vertice nemmeno della sua fazione, che non fa congressi dal 2004. Eppure nell’indifferen­za generale vuole tornare al governo

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