Dalla Prima
E “una persona molto colta” (soprattutto sul fatto) che lui, perspicace com’è, non ha “mai avuto la sensazione fosse l’anello di congiunzione tra Berlusconi e la mafia”. Sensazione purtroppo confermata da una sentenza definitiva della Cassazione. Quanto al pregiudicato pluriprescritto B., il candidato del presunto centrosinistra dice di “apprezzare molto l’imprenditore per quel che ha fatto” (tipo lo scippo Mondadori, i falsi in bilancio, le frodi fiscali, le tangenti a giudici, politici, finanzieri e testimoni, cose così), e di essergli “molto riconoscente” (ci mancherebbe), distinguendo però “il piano imprenditoriale da quello politico”, mentre quello criminale sfugge proprio ai suoi radar.
Tutto normale anche quel che è accaduto domenica, quando B. ha lungamente intervistato Barbara D’Urso (o il contrario, non si capiva bene) sulla sua Canale5, con un bel selfie finale agevolato da trasfiguranti luci antirughe che conferivano alla coppia un inedito colorito fra il rosa shocking e la radiografia. Il fatto che un leader politico sia giudicato dai suoi dipendenti, ai quali versa lauti stipendi alla fine di ogni mese, è talmente abituale da essere considerato normale. Infatti il Pd – reduce dalla denuncia all’Agcom contro Orietta Berti per violazione della par condicio (aveva osato dire a RadioRai che le piace Di Maio e voterà M5S, rispondendo a una domanda) – non ha obiettato nulla sull’amico Silvio. Anche perché, se avesse osato, si sarebbe sentito rispondere: ma fatevi i conflitti vostri. La sera stessa anche La7, l’unica tv generalista immune da controlli partitici, si è adeguata. Il nostro idolo Giovanni Minoli – segnala Dagospia – lanciava così un servizio di puro giornalismo investigativo: “Adesso, con Alessandra Cravetto, continuiamo il viaggio tra le donne top manager d’Italia. Alessandra è andata a incontrare la presidente della Lux, la società di produzione che da circa 25 anni sforna in continuazione successi d’ascolti per la televisione. Lei è Matilde Bernabei”. Massì, la figlia di Ettore Bernabei, incidentalmente moglie di Minoli, presidente di Lux Vide e madre di Matilde Minoli che lavora anch’essa in Lux, sotto lo sguardo vigile dell’ad Luca Bernabei, fratello di Matilde e cognato di Minoli. Vergin di servo encomio, ma soprattutto di codardo oltraggio, per 10 minuti l’intrepida inviata strapazzava la consorte del capo, chiamandola Bernabei e mai Minoli, mettendola all’angolo con strali velenosi sulla “santissima produzione” di Don Matteo e degli sceneggiati sulla Bibbia e poi al tappeto con domande urticanti tipo: “Si può dire che L’isola di Pietro è stato un trionfo?”, al che la povera vittima con un fil di voce esalava: “Sì, si può dire”.
Poi naturalmente tutti a spellarsi le mani per il film The Post di Spielberg sul leggendario scoop del Washington Post che sfidò Nixon pubblicando i segretissimi Pentagon Papers e sputtanando Truman, Eisenhower, Kennedy e Johnson sul Vietnam, grazie al coraggio dell’editrice Kay Graham (Meryl Streep) e del direttore Ben Bradley (Tom Hanks). Averne, di giornalisti così. Però in America, a debita distanza.