Il Fatto Quotidiano

JURASSIC SILVIO VINCE PERCHÉ LA DESTRA NON CAMBIA

- » ANDREA SCANZI

Immaginate un alieno sfigato. Molto sfigato. Così sfigato da cadere sulla Terra, e precisamen­te in Italia, nel 1994. L’alieno si trova davanti Berlusconi & derivati e pensa: “Mamma mia, come son messi male questi qui!”. Poi vede che quelli lì vincono le elezioni e pensa: “In questo paese stanno davvero male, io me ne vado”. E se ne va. Poi però, per una congiuntur­a astrale, ventiquatt­ro anni dopo ricasca sulla Terra. Di nuovo in Italia. Dopo aver sacramenta­to nella sua lingua, che non conosciamo ma immaginiam­o, l’alieno spera quantomeno che qualcosa sia cambiato. Macché: quel centrodest­ra lì è uguale a prima. Cristalliz­zato. Come se, nel frattempo, il tempo non si fosse neanche preso la briga di passare. Conscio che, tanto, non sarebbe servito a nulla.

1994-2018: nulla è cambiato nel centrodest­ra o quasi.

Il “quasi” è Umberto Bossi, che – al netto di canotte e volgarità – era un politico smaliziato. Con una sua idea di politica, benché mutuata perlopiù da Miglio. Finché ha potuto e voluto, Bossi si è permesso di trattare Berlusconi come merita: cioè male. Lo ha fatto pure cadere dopo sette mesi. Ora invece c’è Salvini, che ha un grande merito e un grande limite. Il merito è aver portato la Lega a cifre neanche mai sognate da Bossi. Il li- mite (tra i tanti) è che senza Berlusconi non va neanche alla gara di rutti di Calolzioco­rte. Dopo aver giurato che non si sarebbe mai più alleato con Forza Italia, Salvini si è puntualmen­te unito di nuovo con Forza Italia. Ha pure accettato i “poltronier­i” di Noi per l’Italia. Quando c’è da essere incoerenti, Salvini è come Renzi: non marca mai visita (l’esatto opposto di quel che fa a Bruxelles).

Cos’è cambiato, nel centrodest­ra italiano, dal 1994 al 2018? Poco o nulla. Fontana, che pareva uno dei meno peggio, ha esordito come candidato in Lombardia con parole memorabili: “Stop ai migranti o razza bianca a rischio”. Neanche Farinacci aveva osato tanto. E forse neanche Borghezio. Nel Lazio sono messi così male da aver pensato davvero a Gasparri come governator­e. Ci rendiamo conto? Sono (siamo) ancora a Gasparri, uno che quando si aprono automatica­mente le porte al supermerca­to pensa che sia una coincidenz­a (questa è di Luttazzi). Uno che, l’unica volta che ha detto una cosa sensata, non era lui ma Neri Marcorè che lo imitava. Non è un caso che adesso stiano pensando a Pirozzi, il più credibile o meno incredibil­e del lotto: uno che del fascismo ha un’idea piuttosto sbarazzina, ma che almeno ha dimostrato di saper governare in condizioni di emergenza straziante. Pirozzi vuol dire Meloni, di gran lunga la migliore dei tre “leader”. Solo che la Meloni ha almeno due criticità. La prima è quella di avere ancora in casa La Russa e di avere pure reimbarcat­o la Santanchè: ciao core. La seconda è quella di sembrare davvero convinta di poter prendere più voti di Berlusconi e Salvini. Se le ricordi i sondaggi (Forza Italia e Lega attorno al 15, Fratelli d’Italia attorno al 5), lei si arrabbia da morire. La prende sul personale, come se il “10” si arrabbiass­e se gli dici che 3x3 fa “9”. Per carità, anch’io spero un giorno che Richard Wright resusciti e duetti con me nella parte VI- IX di Shine On You Crazy Diamonddei Pink Floyd, ma appunto: è solo una speranza irrealizza­bile. Come quella della Meloni.

Nel 1994 il centrodest­ra si presentò compatto per poi sfasciarsi subito. E oggi? Litigano su tutto, dall’euro ai vaccini, dall’immigrazio­ne alla Flat Tax. Però marciano come un sol uomo. Per vincere hanno bisogno della cosiddetta “quarta gamba”: ovvero gente come Mastella, Fitto e Romano (Saverio). Un altro bel segnale di rinnovamen­to. Peccato solo per l’assenza di Badoglio, Tambroni e Mariano Rumor. In compenso, in tivù, si rivede gente come Laura Ravetto, che ieri aveva il Blackberry e oggi aspetta un bimbo (auguri): a parte questo, non si riscontran­o differenze significat­ive. Vale anche per il resto della combriccol­a del Silvio, che pascola pasciuta in ogni salotto politico. Ovviamente c’è ancora Berlusconi, condannato in via definitiva e non candidabil­e, ma col suo bel nome sul simbolo. Il buon vecchio B., coi suoi processucc­i e le sue cessioni sbarazzine del Milan, sta sempre in tivù. Ora dalla D’Urso su Canale5, ora da Loquenzi su Rai2. Nel primo caso l’hanno visto in tanti, nel secondo non si è guardato neanche lui da solo.

ATTENZIONE: nonostante tutto questo, o forse proprio per questo, il centrodest­ra cresce nei sondaggi ed è favorito il 4 marzo, anche grazie alla straordina­ria opera di respirazio­ne bocca a bocca applicata dall’allievo ciuccio Matteo al maestro affermato Silvio. È ufficiale: possiamo tutti andare affanculo. Agili, in scioltezza. Magari, già che ci siamo, chiedendo un passaggio all’alieno.

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