Bitcoin: Cina, Francia e Corea mandano in panico i mercati
La nota di colore è che, secondo Google e Wikipedia, “Bi tcoi n” è stata la parola più cercata su Internet nel 2017, la seconda notizia globale più cercata: “Bitcoin price”, “bitcoin chart”, “bitcoin Usd” hanno ricevuto in media tra un milione e dieci milioni di ricerche ogni mese. “Mercato dei bitcoin” è aumentata del 900 per cento. Così, se il picco di consultazioni dell’omonima pagina su Wikipedia c’è stato a dicembre, in occasione di uno dei tanti crolli del valore della criptomoneta, è probabile che anche ieri il traffico sia stato intenso: Bitcoin è infatti arrivata a perdere fino a 2.200 dollari, scendendo fino a 11.182 dollari (il minimo dal 5 dicembre). Rispetto ai massimi raggiunti il 16 dicembre, quando si sfiorò quota 20 mila dollari, Bitcoin ha perso circa il 40% del suo valore. Ancora peggio è andata alle altre due criptovalute più diffuse: Ethereum ha perso il 20% in 24 ore e Ripple il 24%.
LA LETTURA superficiale è ovvia: il valore scende perché c’è una corsa alla vendita. Il dettaglio è invece più complesso: a mandare in panico i mercati sono sia le notizie provenienti dalla Cina (il maggior produttore e detentore di criptovalute), sia quelle diffuse in Europa. La voce è stata riportata da Bloomberg: l’idea di Pechino è di bloccare agli investitori cinesi l’accesso alle piattaforme di moneta virtuale che consentono scambi centralizzati, agire quindi direttamente sulla navigazione web dell’utente, insieme a un’offensiva contro compagnie e singoli che operino direttamente nel mercato. Progetto che si somma al proposito della Corea del Sud - arrivato attraverso il ministero della Giustizia - di ostacolarne la diffusione e di contrastare la speculazione. Tra le opzioni, anche la messa al bando. Ieri, però, Seul ha dovuto chiarire che le misure verrebbero adottate “dopo sufficienti consultazioni e coordina- mento di opinioni” e l’Ufficio per il coordinamento delle politiche governative, che fa capo alla presidenza, è intervenuto per ridimensionare quanto dichiarato dal dicastero della Giustizia. “Quella del ministro è solo una delle misure suggerite”, è stato il messaggio. Essenziale per rassicurare la platea di 2 milioni di sudcoreani che secondo le statistiche avrebbero maneggiato almeno una volta le criptovalute.
IN EUROPA, invece, sono Francia e Germania a tirare i fili del mercato: prima il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Marie, ha chiesto regolamenti rigorosi per controllare l’uso delle valute digitali per l’evasione fiscale e il finanziamento di attività illegali e terrorismo. Nel dettaglio, ha chiesto a Jean-Pierre Landau, ex vice-governatore della Banca di Francia, di redigere regole per sorvegliare lo sviluppo delle cripto valute e impedire l’uso di queste valute digitali per evadere il fisco, riciclare denaro e finanziare attività criminali o terroristiche. Nello stesso giorno, il membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank, Joachim Wuermeling, ha affermato che le cripto valute dovrebbero essere regolamentate a livello globale in quanto le singole nazioni hanno poteri limitati per controllare le attività internazionali. “Una regolamentazione efficace delle valute digitali richiede una cooperazione internazionale”, ha detto a Francoforte.
ANCHE PERCHÉ in Europa la regolamentazione sulle criptovalute è ancora confusa: nel 2016 è stata pubblicata la prima bozza della quinta Direttiva Ue Antiriciclaggio ( la quarta è stata recepita dall’Italia a luglio del 2017) che cerca di regolamentare e rendere più trasparenti le piattaforme che operano in bitcoin in Europa. In pratica, per evitare il finanziamento al terrorismo la Commissione propone di includere nell’ambito di applicazione della direttiva antiriciclaggio anche le piattaforme di scambio di valute virtuali e prestatori di servizi di portafoglio digitale. Queste entità dovranno applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela al cambio di valute virtuali in valute reali con l’obiettivo di porre fine all’anonimato associato a questi scambi (indirizzo oltretutto già recepito in Italia).
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