Il Fatto Quotidiano

Quelli che... la salute è mia e la cura me la invento io

- » PAOLO DIMALIO

un problema idraulico, posso risolverlo”, decise l’ingegner Tal Golesworth­y pur di evitare l’operazione al cuore, 14 anni fa. La diagnosi? Sindrome di Marfan: l’aorta si dilata fino ad esplodere. Per i medici, la soluzione è aprire il petto con il corpo a 18 gradi, fermare il cuore e sostituire l’arteria con un’altra in plastica. La vita è salva, se si assumono farmaci fino al funerale. Golesworth­y però s’intende di caldaie, e pensa subito al tubo per innaffiare: quando si allenta lo avvolgi col nastro, mica lo cambi. “È possibile fasciare l’aorta come un tubo?”, chiede Golesworth­y al cardiochir­urgo John Pepper. Lui risponde di sì. Un team di ingegneri e medici realizzano un modello CAD e un prototipo in 3D dell’arteria. Poi inventano una maglia tessile che l’avvolge come un guanto. Dopo due ore sul lettino, Tal si sveglia senza plastica nel petto; svanita la condanna ai farmaci a vita. “È stato come rinascere”, ha raccontato l’ingegnere inglese sul palco delle conferenze TED, nel 2011.

LA SUA CURAper la sindrome di Marfan si chiama Exovasc: oggi è diffusa in Gran Bretagna, Belgio, Cecoslovac­chia e Nuova Zelanda. Ma la via dell’innovazion­e è in salita: “Se un ingegneruc­olo trova una soluzione nuova, i camici bianchi non vogliono cambiare, ma continuare a fare quello che hanno sempre fatto”. La ricerca pubblica non ha investito un centesimo sull’idea di Golesworty: “I burocrati addetti ai fondi dovrebbero collaborar­e ed essere più creativi, se non è chiedere troppo, ma forse lo è”.

COME IL TUBO DI UNA CALDAIA

“È un problema idraulico, posso risolverlo” , disse Tal Golesworth­y all’équipe medica che lo assisteva

INSULINA OGNI TRE GIORNI

Il merito è della paziente diabetica Catherine Patton che nel 2009 inventa i-Port, oggi brevetto della Medtronic

Su patient-innovation.com basta registrars­i per condivider­e idee e soluzioni mediche. In tre anni, 60 mila persone dai 5 continenti hanno presentato più di 1.600 proposte; la metà ha superato il vaglio di una commission­e medica. Eric Von Hippel, al MIT di Boston, studia da anni l’innovazion­e degli utenti: “Il fai-da-te è un movimento sociale in grado di cambiare la società sotto ogni aspetto. Migliora il benessere economico e la felicità umana”.

Se ai diabetici basta una puntura ogni 3 giorni, è merito di una paziente. Catherine Patton, per evitare la tortura dell’iniezione quotidiana d’insulina durante la gravidanza, nel 2009 ha inventato il dispositiv­o i-Port. Oggi è un brevetto della multinazio­nale Medtronic, usato da milioni di persone. Nella corsa all’innovazion­e, una donna incinta è arrivata prima di scienziati e ricercator­i: “I dipartimen­ti di R&S a volte dimentican­o i bisogni reali, puntano a migliorare i prodotti o a nuove scoperte tecnologic­he”. Se il mercato non dà soluzioni o le vende a caro prezzo, le persone si arrangiano su internet.

Un falegname sudafrican­o e un designer americano hanno inventato Robohand, mano meccanica stampata in 3D, senza mai incontrars­i. Nel 2011, Richard Van As aveva perso 4 dita lavorando il legno. Ma in rete aveva visto Ivan Owen illustrare protesi di sua invenzione. Lo contatta per chiedergli una soluzione low-cost, poichè i medici chiedevano 10 mila dollari a dito. I due iniziano a collaborar­e, raccontand­o tutto su comingupsh­orthanded.com.

Intanto, la madre portoghese di un bimbo senza mano scopre il blog e chiede loro aiuto. MakerBot, azienda di stampanti 3D, ne dona due. Liam, il piccolo dal Portogallo, oggi stringe palline da baseball su youtube, grazie a Robohand. Invece di andare all’ufficio brevetti, Richard e Ivan pubblicano le istruzioni su thingverse.com, il sito di MakerBot. Con lo strumento giusto, chiunque può costruirsi una protesi personaliz­zata e a basso costo. “La conoscenza è veramente utile solo se condivisa, altrimenti non serve nulla”, sostiene Von Hippel.

IL SUO ULTIMO LIBRO, Free innovation, si scarica gratis all’indirizzo evhippel.mit.edu. Lo studioso ha ispirato due accademici portoghesi, Pedro Oliveira e Helena Canhão, i fondatori di Patient Innovation.“Prima, i pazienti e chi se ne prendeva cura tenevano per loro le nuove idee - racconta Oliveira -. Ora possono divulgarle al mondo, siamo pieni di storie di collaboraz­ione”. Ivan Owen ha ri- cevuto il Patient Innovation Award nel 2015. Insieme al team di Oliveira e Canhao ha creato una protesi in 3D anche per Nuno, 7 anni, senza braccio dal gomito in giù.

Lisa Crites invece voleva solo farsi la doccia senza bagnare i punti di sutura sul torace, dopo l’operazione per il cancro al seno. Così, nel 2015, ha brevettato The Shower S hi rt , una camicia impermeabi­le: “chi subisce una mastectomi­a non deve essere obbligato a lavarsi con un sacco della spazzatura a protezione”. Costa 78 dollari; anche Lisa è stata premiata dalla comunità di Patient Innovation.

Mattia Strocchi, 19 anni da Ravenna, ha avuto un’i dea per aiutare i disabili. Studia ingegneria all’Università di Bologna, ma al quarto anno della scuola tecnica si è chiesto: “È possibile azionare una macchina senza usare le mani? Così ho pensato agli stimoli elettrici dei muscoli”. L’esoschelet­ro di Mattia consente di muovere un arto paralizzat­o: “Ho studiato fisiologia elettrica su testi universita­ri scovati online, le informazio­ni utili non si trovano su blog e social”.

Nel 2016 ha vinto la Maker Faire di Roma, poi è volato in Giappone a ritirare premi. A novembre 2017 è arrivato primo al concorso italiano MakeToCare, finanziato dal gigante delle biotecnolo­gie Sanofi Genzyme. “Per le malattie rare e fortemente invalidant­i il mercato non dà risposte, perciò è importante l’innovazion­e dal basso”, dice Stefano Maffei, professore di Design al Politecnic­o di Milano. Maffei dirige Polifact ory, il maker space del campus Bovisa: 300 mq per chiunque voglia dedicarsi a stampa 3D e fabbricazi­one digitale. Mattia Strocchi ha costruito l’esoschelet­ro grazie ai consigli e agli strumenti ricevuti alla “Maker Station” di Cotignola.

I “FABLAB” sono il rifugio degli innovatori atipici, perché le idee coraggiose trovano il sostegno degli esperti. Nessuno, a scuola, aveva incoraggia­to Mattia. “L’innovazion­e cresce dal basso se fablab e ricerca tradiziona­le (in azienda o università) uniscono le forze, col sostegno della politica”, spiega Maffei. In Italia, il terreno è fertile soprattutt­o in Lombardia ed Emilia Romagna. Da Rimini arrivano 3 ragazzi di 19 anni, con l’idea di una macchina che obbedisce ad espression­i del volto e dello sguardo: “Così chi è paralizzat­o dal collo in giù può compiere azioni quotidiane come accendere una luce o inviare una mail”. Si chiamano Federico Gualdi, Roberto Lucchisani e Nicholas Silvestri.

Al MakeToCare sono arrivati secondi. Come Mattia Strocchi, hanno sudato sui libri e le macchine del Fablab; ora li attende la Silicon Valley. Ma sono mosche bianche.

L’Italia è al 22º nella classifica europea dei paesi innovatori, dietro Malta. Nel nuovo mercato globale, secondo il sociologo Manuel Castells, conoscenza e nuove idee aumentano la produttivi­tà più dell’ energia a basso costo. Nessuno, del G 7, è così indietro. Qualcuno si chiede quanto a lungo resteremo nel club.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy