Il Fatto Quotidiano

I GIORNALIST­I DA TÈ COI PASTICCINI CRITICANO (E COPIANO) FANPAGE

- » ANTONIO PADELLARO

Il giornalism­o del tè coi pasticcini deplora i metodi di Fan

p a g e. i t , ma evita d’interrogar­si sul come mai le uniche inchieste-verità che hanno incendiato questa campagna elettorale del nulla siano opera di un coraggioso sito napoletano e della redazione televisiva de Le Iene, che quando azzanna una notizia non la molla più. Come ben sanno i Cinque Stelle che hanno dovuto molto ringraziar­e la iena Filippo Roma. Il suo scoop ha permesso loro di cacciare i furbastri delle mancate restituzio­ni, che la facevano sotto il naso ai Di Maio e Casaleggio.

MATERIALE succulento che riempie da settimane le pagine di tutti quotidiani che mentre avidamente se ne nutrono storcono la boccuccia “signora mia che ci tocca vedere”. A chi me lo ha chiesto ho risposto che se un pentito di camorra, esperto del ramo, mi avesse proposto d’infiltrars­i tra i topi nel formaggio e mi avesse portato la dimostrazi­one video che i sorci della politica campana s’ingozzano di tangenti speculando sui ri- fiuti che avvelenano (e uccidono) quella terra e i suoi sfortunati abitanti, come direttore avrei naturalmen­te pubblicato tutto e subito. Allo stesso modo si sarebbe comportato ogni altro giornalist­a del Fatto Quotidiano visto che da quasi un decennio, giorno dopo giorno, si pubblicano su queste pagine notizie che gli altri giornali non hanno o fanno finta di non avere. Ma l’aspetto più divertente di tutta la vicenda è che quei commentato­ri così schizzinos­i con le inchieste altrui sono gli stessi che hanno ricoperto di lodi sperticate il film di Steven Spielberg The Po

st. Forse dimentichi che le famose rivelazion­i del Washington Post sulla sporca guerra del Vietnam erano contenute in settemila pagine top secret sottratte e fotoco- piate dal luogo segreto in cui erano conservate: un furto vero e proprio. E che soltanto una storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti evitò agli autori di un evidente reato, il direttore Ben Bradlee e l’editore Katharine Graham, una lunga detenzione.

Certo ch e i concorrent­i del

Post schiumavan­o rabbia, ma se qualcuno in quella ciurma di pirati avesse osato obiettare che lo scoop metteva a rischio la sicurezza degli Stati Uniti (come sosteneva il presidente Nixon), gli avrebbero riso in faccia. Perché nei giornali che fanno i giornali se c’è una notizia si pubblica e basta. Qui da noi le dame di compagnie della politica si dicono turbate dai metodi usati da Fanpage.it e tirano in ballo le garanzie dello Stato di diritto. Dal che si deduce che il direttore Piccinini davanti al promesso scambio di mazzette (protagonis­ta il capo dell’azienda rifiuti che infatti poi si è dimesso) avrebbe dovuto cancellare, fermi tutti, la videoripre­sa in nome, s’intende, dello Stato di diritto. Tangentist­i e avvelenato­ri avrebbero potuto proseguire tranquilla­mente il lavoro così proficuame­nte avviato e, soprattutt­o, si sarebbe evitato di disturbare la premiata dinastia De Lucas. Capisco che qualche pio collega potrebbe inorridire nel sapere che a noi malvissuti insegnaron­o che questo mestiere si fonda sulle tre esse: soldi, sangue, sesso. Parole che, nel tempo, sono diventate: silenziare, sopire, sostenere (gli amici), spiegano bene come mai i giornaloni perdano montagne di copie. Siamo dei morti che camminano, mi ha confidato qualche giorno fa il direttore di un’importante testata. Sì, ma con tutte le garanzie.

L’aspetto più divertente è che quei colleghi così schizzinos­i con le inchieste altrui hanno ricoperto di lodi il film The Post Vergognoso pseudo giornalism­o Un’operazione camorristi­ca e anche squadristi­ca Ma quale giornalism­o? È una vergogna nazionale

VINCENZO DE LUCA

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