Il Fatto Quotidiano

“Impresenta­bili, bisogna cambiare la legge Severino”

I “saluti” della commission­e di Rosy Bindi: “I nostri successori indaghino sulle stragi: ci furono responsabi­lità politiche”

- » GIANNI BARBACETTO

Modificare la legge Severino per cercare di bloccare le candidatur­e elettorali degli impresenta­bili. Indagare sulla stagione delle stragi per trovare la verità che ancora manca sugli autori non mafiosi. Rosy Bindi conclude i quattro anni “di lavoro intenso e appassiona­to” della commission­e parlamenta­re Antimafia, di cui è stata la presidente, lasciando almeno due compiti a chi verrà dopo di lei.

LO FA PRESENTAND­O la relazione finale, di oltre 700 pagine, che fotografa la “nuova mafia”, quella che si è organizzat­a dopo la sconfitta della mafia stragista di Totò Riina. È una mafia che spara di meno, ma che comanda di più e fa più affari, perché “dialoga con tutte le classi dirigenti del Paese”. Eppure, denuncia Bindi, “l’antimafia è completame­nte assente dalla campagna elettorale”. Le fa eco il ministro dell’Interno Marco Minniti: “C’è il pericolo concreto che le mafie possano condiziona­re il voto, la cosa più grave per una democrazia. Le mafie sono in grado di infiltrare e condiziona­re le istituzion­i e la politica: ma vedo troppo silenzio su questo”. Le 700 pagine della relazione testimonia­no il lavoro fatto, ma lasciano anche in eredità il lavoro ancora da fare. “Il numero crescente di Comuni sciolti per mafia, i procedimen­ti a carico di amministra­tori ed esponenti della politica locale, il trasformis­mo politico e il clientelis­mo su cui fa leva il voto di scambio”, si legge nella relazione, dimostrano “un decadiment­o allarmante che rende necessario integrare e correggere la legge Severino”: rendere pubbliche le autocertif­icazioni dei candidati; dare più tempo per i controlli (da 48 ore ad almeno 5 giorni); acquisizio­ne dei certificat­i penali da parte delle prefetture; obbligo per i candidati di autocertif­icare tutte le condanne e tutti i processi in corso. “Oggi sono i politici che vanno a cercare i voti dei mafiosi, e non viceversa”, dice Rosy Bindi. Dunque “la politica deve riconquist­are il consenso ‘buono’dei cittadini, altrimenti saranno le mafie a conquistar­e il consenso ‘cattivo’”.

QUANTO alle stragi, spiega la presidente, “non siamo riusciti a fare un lavoro d’inchiesta, anche perché non abbiamo voluto interferir­e sui processi in corso, quello di Palermo sulla trattativa Stato-mafia e quello di Caltanisse­tta, il Borsellino-quater”. Lo “dovrà fare la prossima commission­e: nelle sedi giudiziari­e saranno cercate le responsabi­lità penali, ma in sede politica dovremo trovare le responsabi­lità politiche, visto che ci sono stati depistaggi e che nelle stragi sono intervenut­i anche altri poteri, non solo la mafia”. E “senza la verità sulle stragi e sui delitti politico-mafiosi del 1992-1993 la Costituzio­ne rimane inattuata”: “rimane il dubbio che una lunga scia di sangue unisca politicame­nte via Fani a via D’Amelio, passando per la Sicilia e lungo la penisola”.

BINDI RIVENDICAi risultati già ottenuti dalla Commission­e, come l’approvazio­ne del nuovo codice antimafia. Non risparmia una critica alla “magistratu­ra giudicante che si è dimostrata incapace di leggere la nuova mafia”: l’accenno è a Mafia Capitale, indagata dalla Procura di Roma ma non riconosciu­ta dai giudici di primo grado. Ricorda, del lavoro fatto in questi anni, l’inchiesta sui rapporti tra mafia e massoneria e l’analisi delle infiltrazi­oni mafiose nelle candidatur­e elettorali. “Non abbiamo fatto un’inchiesta sulla massoneria”, ha ribadito Rosy Bindi, “ma sui rapporti della mafia con la massoneria, che con la sua segretezza garantisce un luogo d’incontro con le classi dirigenti del Paese. Il 15, 20 per cento degli elenchi delle logge non è identifica­bile e ci sono affiliati che sono indagati o condannati per mafia. Andrebbe cambiata anche la legge Spadolini sulle associazio­ni segrete: tra mafia e massoneria è un incontro tra società segrete, e la democrazia invece è trasparenz­a”.

C’è il pericolo concreto che i clan possano condiziona­re il voto: sono in condizione di poterlo fare

MARCO MINNITI Calabresi ai vertici Cosa nostra oggi spara di meno ma fa affari. ’Ndrine re del narcotraff­ico

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Federico Cafiero De Raho, Marco Minniti, Rosy Bindi e Andrea Orlando

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